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#19A: come strutturare dal basso l’ingovernabilità

Cortei, varie occupazioni, presidi e altre iniziative; ma anche dimissioni eccellenti, confusioni, crisi e scissioni. Tutto in un semplice 19 aprile.

Neanche lui riuscirà però a salvare la nave democatica che affonda sotto i colpi dei suoi “traditori”. Ma se questa “tragicomica” fine si consuma in uno spazio e nel tempo dell’ingovernabilità è forse anche perchè, cecchini interni a parte, negli anni della crisi non sono mancate quelle spinte dal basso capaci di incancrenire contraddizioni e disarticolare austeri programmi. Autocelebrazione? Assoltamente no. Dobbiamo essere in grado di fare di più. Dobbiamo e possiamo essere noi a dare forma a questo riconoscibile spazio: perchè l’ingovernabilità è sì un’occasione, ma come ogni occasione va colta nel modo e coi tempi giusti. Altrimenti non potremo neanche esultare per la fine del Partito democratico: sarà già nuova governance, nuovo assetto e, per quanto strutturalmente precari, nuovi equilibri.

Oggi più che mai serve costruire risposte sociali a questa miseria. E se gli anticorpi di sistema vengono meno è forse il momento di rilanciare il potenziale virale delle lotte. È quindi urgente ipotizzare campi d’intervento, rintracciare processualità. Costruire antagonismi. Ieri si è fatto in diverse piazze del paese.

Il #19A di ieri come rilancio, come traccia, come prospettiva.

Ieri sono state tante le iniziative che nei vari contesti territoriali hanno posto la questione-reddito come tematica urgente su cui si può rilanciare la lotta. Sono stati occupati diversi edifici a scopo abitativo (studenti e non solo); occupate biblioteche e piazze. Hanno manifestato precari, migranti, disoccupati, cassaintegrati, rifugiati, studenti, universitari. Basta quindi guardare la compisizione delle varie iniziative per riconoscere il potenziale ricompositivo di un simile piano d’intervento politico.

L’attacco e l’esproprio che stiamo subendo è senza precedenti; ma (serve sempre ricordare) nonostante questo il piano del “reddito” è spurio, non è liscio.
Il #19A della riconquista di reddito ha significato tante cose. Come abbiamo sempre sostenuto infatti, la caratterizzazione multilivello di una politica antagonista sul reddito è necessaria: perchè c’è reddito e reddito.

C’è una prospettiva esclusivista, una assistenzialista; ci sono quelle stataliste e lavoriste. C’è un modo di intendere il tema “reddito garantito” che ripropone nuovo rilancio di forme di workfare e, in sostanza, compatibilità. C’è invece il reddito strappato, riappropriato; è il reddito che proprio non possono permettersi di farsi togliere e che, a maggior ragione, lottiamo per conquistare. “Spazi, reddito e felicità” recitava lo striscione della manifestazione napoletana a indicarne appunto il legame irreversibile su cui strutturare una giornata come quella di ieri. Una politica antagonista sul e per il reddito garantito è solo quella che si articola dinamicamente tra reddito diretto e indiretto, ma soprattutto che produca nuove favorevoli determinazioni nei rapporti di forza sociali contro il capitale. Di più, che garantisca fuori dal lavoro. È un processo insomma: un processo lungo il quale creare accumulo di forza e rottura politica, conflitto e antagonismo. Un processo orientato alla lotta dentro e contro l’economia del debito per offrire
“felici” alternative a chi alternativa di solito non vede.

Lottare per il reddito garantito è un’occasione per rilanciare il conflitto sociale nel paese; un elemento in più attraverso cui dare forma al quadro politico dell’ingovernabilità. Ecco perchè il percorso intrapreso ieri è solo all’inizio. Sarà lungo da percorrere, lo sappiamo: ma quanto ci fa felici riprenderci tutto?!

 

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