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Bologna – Di clicktivism, fake news e maggioranze silenziose inesistenti

Giornalisti, procuratori, rettori, prorettori, troll..l’obiettivo cardine è stato quello rispetto di svilire e sminuire il consenso nei confronti di questa battaglia all’interno di una fantomatica opinione pubblica.

Con l’obiettivo di creare il deserto e procedere – tra squilli di trombe e fanfare – a far accettare provvedimenti repressivi deliranti come l’accusa di associazione a delinquere per chi lotta per abbassare i prezzi della mensa o per assicurare l’accesso alle biblioteche.

L’idea che viene fatta passare è quella di una condanna generale della comunità studentesca nei confronti dell’operato dei collettivi. Il problema è che questa maggioranza silenziosa non esiste se non in Rete. Ed è in realtà costituita da professionisti del click che si vuole far passare come rappresentanti della totalità o quasi del corpo studentesco se non addirittura della società.

Questa “maggioranza silenziosa” si esprime soprattutto nei commenti alle pagine Facebook dei collettivi, rappresentandosi come studenti o come abitanti esasperati di Bologna. Ma quella che si affanna a trollare un post dietro l’altro, postando meme fascisti, invocando manette o blaterando slogan inneggianti all’intervento della celere è nella quasi totalità gente di mezza età residente in altri contesti geografici; o, in alternativa, militante in partiti con chiare conseguenti strategie politiche.

Basti ad esempio pensare ad esempio Emilia Garuti, la studentessa che parlava per una “comunità” ma che in realtà si è scoperta essere responsabile Legalità del PD Emilia-Romagna.

In ogni caso, ci troviamo di fronte o gente non rappresentativa di alcunchè, e che per questo non costituisce un problema reale da affrontare, oppure gente politicamente orientata la quale va semplicemente rivelata per quella che è.

E’ curioso che per costruire l’estraneità studentesca all’operato dei collettivi si faccia riferimento a queste figure, che niente hanno a che vedere con la comunità studentesca la quale, stando ai dati reali, è scesa a migliaia nelle piazze nei giorni seguenti all’intervento poliziesco in università.

Il giochino mediatico è semplice: se parla uno studente contro i tornelli, è dei collettivi violenti. Se parla uno studente a favore, è il vero studente che rappresenta la maggioranza della sua comunità. Un po’ troppo facile..

Per non parlare poi delle petizioni su siti dalla credibilità quantomeno discutibili come change.org. Su questo basti una breve considerazione. Esistono decine di portali che permettono di attivare mail temporanee. Ci si registra, poi si mette il click alla petizione con la mail fittizia, e il gioco è fatto. L’attendibilità di un sito del genere è pari a zero.

Qualunque esponente del Pd nazionale, di Comunione e Liberazione, di gruppetti fascistoidi o leghisti può contribuire a far crescere la rabbia dei giovani a mezzo petizione, votando venti-trenta volte. Ma di fatto poi, nelle strade di Bologna, si sono visti soltanto cortei a ripetizione da migliaia di persone.

La questione dimostra la sua inconsistenza se vista alla luce dei cosiddetti retakers, i fantomatici studenti che avrebbero dovuto “ripulire” la biblioteca del 36 dopo le violenze degli scorsi giorni. Che poi perchè poi mai loro dovrebbero occuparsi del recupero degli effetti personali degli studenti manganellati all’interno della biblioteca?

Ad ogni modo questi studenti mai visti prima al 36, costruiti in quanto soggetto da un bell’articoletto di Repubblica, alla prova dei fatti si sono presentati in un numero alquanto esiguo..forse perchè contemporaneamente gli studenti del 36 che hanno le loro cose all’interno hanno chiamato una mobilitazione parallela? Che immaginario avrebbe prodotto il fatto che di fronte al centinaio largo di studenti che hanno subito le cariche poliziesche dentro la biblioteca, gli studenti “bravi” erano solo un decimo o un ventesimo a livello numerico?

Ciò che resta è l’incredibile livello di fake news prodotte dai giornali, che hanno definitivamente fatto crollare la pretestuosità delle polemiche innescate sulla post-verità, sulla creduloneria popolare, spargendo menzogne a palate nella copertura della vicenda.

Giornali che poi si lanciano in ardite analisi sul perchè ci sia tanta disinformazione e si arrivi ad eleggere persone come Trump..titoli come quelli del Corriere di qualche giorno fa (“Autonomi assaltano una Biblioteca”) rendono conto della miseria del giornalismo italiano e la clamorosa sua mancanza di credibilità.

Ricostruzioni fantasiose di studenti che avrebbero occupato la biblioteca per devastarla (ma che senso avrebbe?) si aggiungono a cronache inesistenti rispetto a questioni come l’avvallo studentesco della molestia sessuale avvenuta in biblioteca o la questione dello spaccio/consumo di droga dove emergono relazioni tra studenti antagonisti, punkabbestia e spacciatori..guardacaso, anche rispetto a questo tema gli unici a non essere interpellati, a parte alcuni casi, sono proprio gli studenti del 36 che non sono iscritti ad un partito politico o che non hanno altri interessi dal mantenere libero l’accesso alla Biblioteca.

Avere paura di una realtà sociale a noi avversa che nei fatti non esiste è quindi un primo punto da tenere in mente per evitare di essere sopraffatti da paure laceranti rispetto al non-consenso, crollando nel giochino teso dai giornali. Partire dalla presenza fisica nei luoghi del conflitto, stringere relazioni solide, costruire comunità: nessun commento facebook potrà mai avere lo stesso peso..

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