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Brasile: Prepararsi alla guerra

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Mentre nelle ultime ore la rabbia popolare verso il presidente Bolsonaro e la sua gestione della pandemia, della società e dell’ambiente si saldano alla mobilitazione negli USA e nel mondo contro violenza poliziesca e razzismo istituzionale suscitata dall’assassinio di George Floyd, segnaliamo qui una riflessione di Vladimir Safatle con un commento introduttivo di Daniele Benzi – entrambi tratti dal portale lamericalatina.net

 

Walter Benjamin ha scritto, in una epoca tragica come la nostra, che ogni ascesa del fascismo reca la testimonianza di una rivoluzione fallita. Naturalmente è impossibile pensare il timido riformismo dei governi di Lula da Silva e Dilma Rousseff come una rivoluzione fallita. Plausibile, però, è che sia stato sufficiente, insieme allo spettro della rivolta apparso nelle giornate di giugno del 2013, a risvegliare le pulsioni tenebrose di una società edificata sulla violenza genocida del razzismo e dell’esclusione sociale. Se fosse vero che la storia si presenta sempre due volte, dapprima come tragedia e poi come farsa, il Brasile di oggi sarebbe certamente un candidato privilegiato per scommettere di nuovo sull’attendibilità della celebre proposizione di Marx. Il problema è che le farse, spesso, non sono meno tragiche delle tragedie e, soprattutto, non sono immuni dal potersi trasformare in drammi ancora peggiori di quelli originali.

Il Brasile civile e democratico in questo momento ha paura. Non solo di una pandemia che in pochissimo tempo ha scalato il ranking mondiale che i media mainstream ci propinano da più di due mesi, in maniera ossessiva ed oscena, sulle vittime e i contagi del Covid-19. Il Brasile civile e democratico in questo momento ha paura della bestia che avanza sulle ceneri di un riformismo fallito e di un colpo di stato parlamentare travestito da impeachment. Una bestia che esibisce spudoratamente la sua atroce indifferenza e l’incapacità di governare in modo minimamente civile e democratico nel momento del pericolo. Una bestia che è necessario fermare, prima che sia troppo tardi, ma che nessuna forza civile e democratica, paralizzata dalla pandemia e dall’ombra sempre più ingombrante del ricordo di vent’anni di governo militare, finora ha dimostrato di sapere bene in che modo.

Vladimir Pinheiro Safatle interpreta questo sentimento di paura alla luce del suo interesse per la psicoanalisi, la teoria critica e la filosofia politica. Si tratta di un brillante e polemico scrittore, filosofo e musicista molto noto in Brasile come editorialista e opinionista politico. È nato a Santiago del Cile, pochi mesi prima della caduta del governo dell’Unidad Popular di Salvador Allende, da genitori che si erano rifugiati nel paese andino dopo avere imbracciato le armi contro la dittatura brasiliana. Ha studiato Comunicazione sociale e Filosofia all’Università di San Paolo con Bento Prado Júnior, un altro importante filosofo brasiliano, e all’Università VIII di Parigi con Alain Badiou. Oggi è professore del Dipartimento di Filosofia dell’Università di San Paolo. L’articolo “Preparar-se para a guerra” è stato pubblicato lo scorso 4 aprile nell’edizione brasiliana del quotidiano spagnolo El País. Da allora, purtroppo, nonostante sia stata presentata al parlamento una proposta di impeachment contro il presidente Jair Bolsonaro da quattro partiti dell’opposizione e da quasi quattrocento organizzazioni e movimenti della società civile, il Brasile continua a scivolare tragicamente verso l’abisso. [Daniele Benzi]

Prepararsi alla guerra

Gli ultimi giorni hanno dimostrato con precisione la tesi di Freud secondo cui il potere modella i soggetti, rendendoli a sua immagine e somiglianza. O qualcuno era preparato a vedere, nel bel mezzo della pandemia, persone manifestare a suon di il clacson di fronte all’ospedale?

di Vladimir Safatle da El País

traduzione di Alice Fanti e Manuela Loi

Nel 1939, poco prima che Hitler attaccasse la Polonia e iniziasse la Seconda guerra mondiale, Freud pubblica il suo ultimo libro, L’uomo Mosè e la religione monoteistica. In quest’opera, che esamina la costituzione delle identità collettive attraverso l’identificazione con le leadership, l’autore ha un’idea sorprendente, sintetizzata nella frase: “Mosè ha creato il popolo ebraico”. In altre parole, non si tratta di affermare che la leadership è l’espressione delle caratteristiche del suo popolo; al contrario, l’immagine è capovolta. Colui che occupa una posizione di potere e promette una grande trasformazione, finisce per creare il popolo, per definire i tratti prevalenti della sua identità collettiva. In altri termini, esiste una forza produttiva del potere, non soltanto la sua forza coercitiva. Dalla rappresentazione del potere nasce una forza di identificazione che gradualmente modella i soggetti ad essa sottoposti, che li trasforma nei loro affetti, nella loro struttura psichica e nelle loro azioni. Il potere modella coloro che vi si assoggettano.

Freud non ha mai conosciuto il Brasile né ha mai sentito parlare di Jair Bolsonaro. Ma è evidente come i fatti degli ultimi giorni abbiano dimostrato con precisione la sua tesi secondo cui il potere modella i soggetti, rendendoli a sua immagine e somiglianza. Tutti stanno percependo questo cambiamento in quelle manifestazioni di disprezzo, indifferenza e violenza che un tempo era inimmaginabile assumere in pubblico e che diventano oggi espressioni quotidiane, in una spirale verso l’abisso che sembra non avere fine. Oppure qualcuno era davvero preparato a vedere, nel bel mezzo di una pandemia, persone che manifestano in Avenida Paulista, ballando con una cassa da morto, suonando il clacson di fronte all’ospedale, deridendo apertamente il dolore e la disperazione di migliaia di persone contagiate e in lotta per la vita in situazioni sanitarie precarie? Come se fosse il caso di esprimere, nella maniera più spudorata e brutale, l’indifferenza per le 2.500 morti verificatesi, se crediamo ai dati sottostimati, fino ad ora. [1] Come se fosse il caso di imitare gli “scivoloni”, le “sbandate” o, meglio, i tratti caratteriali di chi sta al potere.

Qualcuno potrebbe dire che questa cosa è sempre esistita, nell’indifferenza delle classi più abbienti per il destino e i massacri perpetrati verso i più deboli. Ma l’errore peggiore è avere gli occhi foderati dalla logica ripetitiva del “è sempre stato così” e non notare le placche tettoniche che si stanno muovendo. No, sta accadendo qualcosa di nuovo. Non si tratta solo della nota macchina necropolitica[2] dello stato brasiliano. Si tratta dell’esplosione di rituali pubblici di auto-sacrificio e di violenza. Si tratta di una dinamica “suicida”. Sbaglia chi afferma che quelle orde avvolte nella bandiera nazionale “non sanno il pericolo che corrono”, sono “stupide”, come se bastasse spiegare con chiarezza che si tratta di una pandemia affinché tutti se ne tornino a casa.

Parlando del fascismo, Adorno e Horkheimer dissero, una volta, che non c’è niente di più stupido che tentare di essere intelligenti. La nostra presunta superiorità intellettuale ci ucciderà ancora. Ci nasconde il fatto che, di fondo, c’è una parte della popolazione brasiliana che vuole tutto ciò e che è disposta a giocare alla roulette russa con tutti e con sé stessa. È questo desiderio che va compreso. Poiché questo sarà il modo con cui si sacrificherà per un ideale, anche se questo ideale non promette nient’altro che il proprio sacrificio, niente di più di un moto costante verso la catastrofe.

In questo senso, stiamo assistendo a un cambiamento impressionante. Nonostante sia il peggior governo del mondo nell’affrontare la pandemia (paragonabile solo alla Bielorussia, al Turkmenistan e a quel reietto che governa in Nicaragua), il gradimento per Bolsonaro non è sceso. Cambia gradualmente. I settori delle classi più elevate lo stanno abbandonando, ma ciò viene compensato dal supporto delle classi popolari, ridando vita a un fenomeno a cui abbiamo già assistito nelle prime fasi del lulismo[3]. È improbabile che il suo indice di gradimento cambi. Non si alzerà né crollerà. Ma le caratteristiche di questo supporto cambieranno. Passerà dall’essere un semplice sostegno a un’identificazione profonda e solida. Alla fine, avremo un paese con il 30% di camicie nere pronte a tutto, poiché credono di essere parte di un processo rivoluzionario di rinascita nazionale. E questo processo è senza ritorno.

Non sarebbe la prima volta nella storia in cui prende forma una dinamica di relazioni e credenze di questo tipo. Questa esplicita implosione di ogni principio elementare di solidarietà, questo disprezzo per coloro che muoiono, questo culto del suicidio di sé stessi come prova di “coraggio”, questa violenza sempre più autorizzata, fino ad arrivare alla formazione di vere e proprie milizie popolari, questa fiducia in una rivoluzione nazionale redentrice, tutto questo ha un nome. Di solito lo si appella, semplicemente, con “fascismo”.

Movimenti di questa natura si approfittano sempre della debolezza dei propri avversari. Mentre Bolsonaro stava modellando una parte di società a sua immagine e somiglianza, c’erano sempre gli specialisti in questioni di palazzo sicuri di saper identificare gli intrighi che lo avrebbero “paralizzato”, gli errori che avrebbero portato al suo “game over”. Fino a poco tempo fa, Bolsonaro era descritto come una “regina d’Inghilterra”. Questo fino a quando ha cacciato il suo Ministro della Salute senza che ci fosse nessun cataclisma in corso. No, niente lo fermerà, non si verificherà nessuna battuta d’arresto. Un progetto di questo tipo si può fermare solo in maniera brutale. Ma questa brutalità necessaria non fa parte del pensiero degli attuali attori politici.

Già da un mese avremmo potuto iniziare mobilitazioni permanenti per chiedere l’impeachment. Ma, ancora una volta, i fini analisti hanno affermato che non era il momento, che questo avrebbe rafforzato il discorso persecutorio del Governo. Come se il Governo avesse bisogno di noi per alimentare il proprio discorso persecutorio e mobilitare i suoi sostenitori. No, adesso i suoi difensori affermano ci sia un “piano” per rovesciare Bolsonaro, mentre l’opposizione non è nemmeno riuscita a mettere in moto una richiesta di impeachment, né ha permesso alla maggioranza di chiederlo con forza. Il massimo che i leader di opposizione hanno fatto è avanzare una richiesta di “dimissioni”. Manca solo di chiedere “per favore” a Bolsonaro affinché torni in sé e decida di andarsene di sua volontà. Come diceva Machiavelli, la fortuna aiuta gli audaci. Ma l’unico attore a dimostrare audacia in questa situazione è proprio il Governo. A breve ci sarà un tentativo di golpe venduto come “contro-golpe preventivo”, senza che l’opposizione abbia saputo fare altro che dichiarazioni, petizioni e lettere pubbliche. Gli ultimi a credere in una democrazia parlamentare che semplicemente non esiste più.

A questo quadro si aggiunge il macabro calcolo che il Governo è riuscito a imporre ad alcuni settori della popolazione. Per loro, si tratta di scegliere tra la borsa e la vita, tra la certezza di una morte economica o la probabilità di una morte fisica. In questo calcolo, la cosa certa finisce per vincere sulla cosa probabile, e ciò ancora di più per settori della popolazione soggetti allo sterminio, alle sparizioni, al macello. Questo è il grado di razionalità della situazione rappresentata da Bolsonaro, che resta in piedi solo perché la terza via non esiste: non la borsa, non la vita, ma entrambe.

Davanti a tutto ciò, che la società constituisca reti di autodifesa contro il peggio che verrà! Due settimane fa, alcune persone che protestavano contro il Governo sbattendo le pentole dalle loro case sono state colpite da fucili a pompa. Durante le manifestazioni a favore del Governo, i cittadini e le cittadine di opposizione sono stati violentemente aggrediti. Quante settimane mancano prima che inizino i linciaggi e gli spari veri e propri?

[1] Il Ministero della Sanità stima che, al 31 maggio 2020, le morti per Covid-19 siano state 28.834.

[2] Il termine necropolitica, utilizzato per la prima volta dall’accademico camerunense Achille Mbembe, fa riferimento all’uso del potere sociale e politico per decidere come alcune persone possano vivere e come altre debbano morire.

[3] L’autore fa riferimento ai due governi dell’ex Presidente Lula da Silva.

 

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