E così anche nella provinciale Cremona il mare inizia a farsi meno calmo, le contraddizioni sociali emergono con tutta la loro forza e la maschera di “ricca cittadina benestante” si è frantumata sotto i colpi d’accetta di un conflitto sociale troppo a lungo rimasto latente e che ora sta finalmente emergendo.
Il fantasma si aggira per Cremona, ma per evitare che vi prenda residenza, soprattutto in periodo pre-elettorale in vista delle elezioni comunali, le controparti locali stanno cercando di fare tutto il possibile per rimandare l’acuirsi e l’esplosione del conflitto sociale in tutta la sua potenza.
E’ con questa lente analitica, senza trascurare gli effettivi e materiali rapporti di forza che il Comitato Antisfratto cittadino ha saputo costruire, che bisogna leggere i rinvii di sfratto che arrivano fino ad un massimo di 5 mesi; sicuramente non dovuti alla benevolenza ed alla magnanimità delle istituzioni competenti che più volte si sono dimostrate sorde dinnanzi alle rivendicazioni delle famiglie morose e sotto sfratto.
Per questa ragione e sotto l’incalzante pressione che un’ agenda di lotta sia nazionale che locale ha saputo esprimere, il comune ha istituito grazie ad un erogazione di soldi della Regione Lombardia un fondo per cercare di trovare soluzioni tampone per le innumerevoli famiglie in difficoltà.
Oltre ad una assoluta mancanza di trasparenza nella gestione di questi soldi, abbiamo potuto constatare che questi sono stati più volte utilizzati per fornire un contributo economico, volto a coprire gli affitti che non sarebbero stati incassati, a grandi proprietari di case che non sono riusciti a sbattere in mezzo ad una strada famiglie incolpevolmente morose a causa dei picchetti antisfratto fuori dalle abitazioni.
Ecco quindi come vengono utilizzati i soldi pubblici destinati ad affrontare (sempre in maniera provvisoria e per niente risolutiva) l’emergenza abitativa in città: si regalano ai palazzinari riempiendo le tasche già traboccanti, come nel caso più eclatante che è stato constatato, di chi possiede oltre quattrocento case!
Centrale diviene perciò la nostra capacità di saper rompere ogni tentativo di mediazione e compatibilità, non accontentandosi di ottenere rinvii così lunghi e ponendo al centro della nostra riflessione militante la questione del potere: chi decide delle nostre vite? Chi decide dove investire e come utilizzare le risorse e i soldi pubblici?
E partendo da queste domande, dobbiamo interrogarci, sviluppare una ragionamento collettivo e trovare risposte concrete e praticabili per erodere campo decisionale alla controparte, costruendo contropotere diffuso nei territori e nelle città in cui viviamo.