Guerra in Libia, pronta operazione italiana via terra
Tramonta quindi l’idea del Governo Renzi di partecipare alle operazioni solo con l’appoggio di basi militari sul suolo italiano, mentre sorge la solita sudditanza a Washington.
Sempre più incalzato dall’alleato americano e con la voglia di non essere messo all’angolo come nell’intervento militare anglo-francese di qualche anno fa, il “povero” Renzi sarà costretto stretto giro ad accettare.
Ad oggi la posizione assunta dal Governo era una partecipazione di terra solo se questa fosse stata richiesta da parte di un governo libico legittimamente riconosciuto a livello internazionale. Foglia di fico che cadrà ben presto vista la condizione di continua instabilità nelle istituzioni proprio del paese in questione.
Del resto come i principali quotidiani annunciano, il cosi detto piano B è nei fatti pronto a partire. Con l’Onu impantanato nell’ indecisione del parlamento di Tobruk, scaricare l’armata del generale Haftar sarebbe la prima cosa da fare. In questo modo l’impegno della coalizione occidentale si rivolgerebbe verso Tripoli.
L’intervento da parte dell’Italia dovrebbe prevedere l’invio fino a 5000 uomini, i quali sarebbero inizialmente destinati al controllo di siti d’ interesse strategico come: aeroporti, porti, oleodotti, terminal petroliferi. L’impegno dei militari si dislocherebbe nei pressi di Tripoli e nella sua provincia, in una parola la cosiddetta Tripolitania area di circa 350,000 km quadrati. Obiettivi che se dovessero cadere in mano al Califfato, lascerebbero inevitabilmente a bocca asciutta la coalizione targata Stati Uniti-Europa su quello che sono fonti di inevitabile interesse e appetito. Per quando riguarda invece gli inglesi e francesi, ai primi andrebbe la zona denominata Cirenaica mentre per i secondi il Fezzan.
Se fino ad oggi i droni partiti dalla base di Sigonella in Sicilia non erano armati ma solo con la missione di ricognizioni, con l’operazione congiunta tra Roma e Washington, saranno 11 i voli degli Hellfire autorizzati dalla prossima settimana, droni armati di tutto punto.
Hanno voglia il Ministro Gentiloni e il Premier Renzi a continuare a sostenere che: “Le autorizzazioni sono caso per caso – se si tratta di fare iniziative contro dei terroristi c’è uno stretto rapporto tra noi, gli americani e gli altri alleati. E di conseguenza siamo in piena sintonia con i nostri partner internazionali. La priorità è sempre e comunque quella di una risposta diplomatica. Poi se ci sono delle evidenze che ci sono dei potenziali attentatori che si stanno preparando, l’Italia fa la sua parte con tutti gli altri”.
Ora la scelta è solo quella del quando e del come sbarcare in Libia, con un Califfato sempre più determinato a conquistare Tripoli, l’Italia si troverà a far parte di una guerra bella e buona. Del resto Francia e Gran Bretagna si danno da fare già da qualche tempo e Renzi non vorrà certo stare a guardare, in quella che come al solito si delinea come una partita più alla conquista di un certo potere economico e geopolitico all’interno del situazione libica piuttosto che lotta vera e propria all’Isis.
Pare che aver atteso il precipitare della situazione con l’avanzata del Califfato sia stata una scelta piuttosto ragionata e difficilmente casuale, una sorta di attesa per avere un buon motivo per intervenire. Un piano tutt’altro che roseo per chi ne pagherà le spese maggiori, ossia il popolo libico.
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