InfoAut
Immagine di copertina per il post

Le “collaborazioni” delle Università: ma la scienza è neutrale?

Se la scienza possa o non possa essere neutrale rispetto al suo utilizzo per finalità diverse è un tema che merita qualche riflessione non troppo superficiale.

di Angelo Tartaglia, da Volere la Luna

Cominciamo con ricordare che dall’antichità fino a oltre la fine del medioevo, la scienza non è stata un dominio autonomo della conoscenza ma una branca della filosofia: la filosofia naturale. È più o meno da Galileo in poi che la filosofia naturale diviene autonoma e si trasforma ne “la scienza”, sottinteso “della natura”. Un’altra osservazione è che parallelamente all’evolvere della conoscenza del mondo materiale si sviluppano e si sono sempre sviluppate le tecnologie, cioè le applicazioni della conoscenza alle attività correnti dell’umanità (soprattutto produttive ma anche belliche). Per lungo tempo la tecnica si è basata sulla conoscenza empirica più che su quella che oggi chiamiamo scientifica, ma soprattutto dal XVII secolo in poi, in quello che chiamiamo l’Occidente, i progressi delle scienze naturali e quelli tecnologici sono andati mano nella mano. Diciamo che è da lì che ha cominciato a porsi in maniera più evidente un problema riguardo alla “neutralità” o meno della scienza e soprattutto degli scienziati rispetto all’uso che sarebbe stato fatto dei progressi conoscitivi e tecnologici. Conviene anche fare una distinzione tra conoscenza scientifica e metodo scientifico. La prima si acquisisce con l’applicazione del metodo scientifico all’osservazione del reale, basandosi sull’esperimento e sul ragionamento logico. Le conoscenze progrediscono con la ricerca ma ogni nuova acquisizione è sempre valida fino a prova contraria; il metodo è sempre lo stesso, ma la sua applicazione può essere ad ampio spettro oppure limitata ad ambiti più o meno ristretti.

E veniamo alla neutralità o meno. Esistono nel mondo laboratori in cui dichiaratamente si lavora per applicare le conoscenze scientifiche alla produzione di armi o comunque di sistemi da utilizzare in ambito militare. In questo caso, ovviamente, non vi è nessuna neutralità: chi lavora lì sa per quale finalità lo fa. Può essere dell’idea che sia giusto così perché non sta a lei o lui decidere circa l’impiego delle armi, ma a chi detiene il potere, sia in forma democratica che dittatoriale. Oppure più semplicemente può ritenere che lo o la pagano bene, il resto non interessa. In entrambi i casi quella che è coinvolta non è la dimensione razionale/scientifica, ma quella etica. È poi vero che anche dalla ricerca in ambito militare si possono avere ricadute sul civile. L’osservazione però è che tali “ricadute” potrebbero e possono ottenersi direttamente da ricerche in ambito civile. Esempio: il Lawrence Livermore National Laboratory negli Stati Uniti è un centro di ricerca militare che lavora sulle bombe termonucleari; nel dicembre 2022 vi è stato ottenuto un primo risultato utile per la fusione nucleare civile. Con una tecnologia diversa ma nella stessa direzione si colloca il risultato ottenuto per la prima volta nello stesso 2022 e migliorato nell’ottobre del 2023 dal Joint European Torus (JET) che nulla ha a che fare col militare. È vero naturalmente anche il contrario: che risultati ottenuti per finalità civili possono poi anche essere volti a scopi militari.

Ma veniamo al mondo accademico. Qui c’è una narrazione e in parte una tradizione che mira ad evidenziare l’autonomia della ricerca rispetto allo Stato e all’economia, salvo ad avere il problema di reperire le risorse per sostenere la ricerca stessa. Il singolo ricercatore ora può avere l’alibi di dire «non sta a me decidere sulle applicazioni della mia ricerca: per questo ci sono le istituzioni sopra di me e dunque se mi finanziano, per me va bene». Nuovamente si esce dall’ambito razional/scientifico e si entra in quello etico/politico: per qualche accademico può semplicemente essere giusto (non nel senso scientifico) lavorare per specifiche finalità anche militari in un determinato quadro ideologico; per molti vale, più semplicemente, «o Franza o Spagna, pur che se magna».

Questo sul piano personale, ma passiamo a quello istituzionale-accademico. Le università siglano accordi di collaborazione fra loro e con altre istituzioni o con imprese, mediante i quali possono scambiare risorse umane o acquisire finanziamenti a sostegno di specifici filoni di ricerca. In che senso qui si afferma o si compromette la “neutralità”? È piuttosto evidente che convenzioni e contratti con imprese che producono armi, neutrali non lo sono per definizione: le armi servono per uccidere e distruggere e se si punta a fare profitti producendole vuol dire che si auspica che vengano usate per poterne vendere sempre di più. Come esempio, da noi, si può citare Leonardo, che tra l’altro è un’azienda a partecipazione pubblica che ha già fornito due ministri a governi del paese di diverso segno. Il primo dei due, Cingolani, proveniva in origine dal mondo accademico per approdare finalmente, dopo una tappa istituzional-politica, al ruolo di amministratore delegato di Leonardo. Qui si individua un altro dei fattori che nell’accademia possono travalicare la “neutralità”: la “carriera”. Se la mia ambizione è essenzialmente quella di scalare una piramide di potere, la via scientifica e la capacità di acquisire competenze possono essere una scala, non percorribile da chiunque, ma certo non finalizzata a meglio risolvere i problemi dell’universo, bensì strumentale per la promozione personale. Qui siamo di nuovo fuori dalla dimensione astrattamente scientifica e ci troviamo immersi nella giungla della natura umana con le sue contraddizioni. Di certo le scelte sono tutt’altro che neutrali.

Tornando alla dimensione istituzionale della ricerca, un esempio di commistione tra obiettivi scientifici e applicazioni militari lo troviamo, di nuovo con Leonardo, nel settore dell’aerospazio dove l’interesse militare è ben presente. È un ambito in cui il confine tra la finalità e l’applicazione scientifica e quella militare sta marginalmente nelle tecnologie e sostanzialmente negli obiettivi perseguiti col loro utilizzo: guardare la terra dall’alto può servire a studiarne l’evoluzione climatica come invece per controllare gli spostamenti di questo o quello o per fornire informazioni utili alla guida dei missili; determinare con precisione l’evoluzione delle orbite dei satelliti può servire a verificare la relatività generale e studiarne le eventuali deviazioni, ma anche a individuare con la massima precisione dei bersagli collocati a terra, nello spazio o, ancora, in volo nell’atmosfera. Questa doppiezza la si ritrova in un controverso accordo tra Politecnico di Torino e Leonardo per gli sviluppi della cittadella dell’aerospazio; l’aspetto che viene evidenziato nella presentazione mediatica al grande pubblico è quello, per l’appunto, spaziale, ma il contratto include esplicitamente anche la dimensione militare i cui dettagli sono ovviamente riservati. La seconda è stata ed è contestata. È opportuno, anzi è giusto che una istituzione accademica si metta a disposizione (a pagamento) per ricerche che concorrano a sviluppare applicazioni militari nello spazio?

Un tema oggi particolarmente caldo è quello degli accordi di collaborazione tra atenei italiani e israeliani. Si può ignorare l’esistenza di una guerra in corso e la politica perseguita dallo Stato di Israele? Certo, la ricerca scientifica è e deve essere per sua natura sovranazionale. A me è capitato di incontrare, e di collaborare con, colleghi russi, prima e dopo la perestroika, cinesi della grande Cina e di Taiwan, arabi di vari paesi, turchi e iraniani, e naturalmente anche israeliani. Quello che contava non era come vestissero o cosa mangiassero, o quale fosse la loro fede religiosa, ma solo il merito delle loro ricerche. Ora però stiamo parlando di accordi interuniversitari; la dimensione istituzionale non può prescindere dalle politiche perseguite da ciascun ente e dalle finalità, anche temporanee, che ciascuno si pone. Nel caso di Israele e delle sue istituzioni, università comprese, non si può ignorare il sostrato, diciamo così ideologico, che orienta le loro scelte, soprattutto nei momenti di tensione. Dopo secoli di discriminazioni e di persecuzioni, perpetrate soprattutto in Europa, sul finire del XIX secolo prese corpo, negli ambienti giudaici, il movimento sionista, il cui assunto sostanziale era che l’unico modo per liberarsi in futuro da rischi di persecuzioni e discriminazioni era quello di costituire un proprio Stato dotato di una forza sufficiente a difendersi dalle minacce altrui. Il corrispondente territorio sarebbe stato quello ancestrale della Palestina in cui l’ultimo Stato formalmente ebraico era stato dissolto dall’esercito imperiale romano una ventina di secoli fa. Poco importava che in venti secoli fosse successo di tutto lì, come nel resto del mondo; civiltà e stati erano scomparsi, tutto si era rimescolato e, in particolare, in Palestina, accanto a pochi ebrei, vivevano molti altri portatori di una diversa cultura e di diverse fedi religiose. Il sionismo è stato poi rafforzato dalle vicende più mostruose culminate nella “soluzione finale” hitleriana nei campi di sterminio.

Con tutto questo sullo sfondo la nascita dello Stato di Israele nel 1948 porta con sé le guerre che ne hanno sancito e accompagnato l’esistenza ed è connaturata con l’idea che coloro che vivono in Palestina e appartengono a un’altra cultura religiosa semplicemente se ne devono andare, o con le buone o con le cattive. La componente religiosa di questa ideologia aggiunge l’argomento che quella terra è stata assegnata al popolo ebraico direttamente da Dio e chi non appartiene a quel popolo è come minimo un usurpatore. Eventi direttamente bellici a parte, questa impostazione ideologica ha alimentato istituzionalmente l’espulsione dei non ebrei dalle loro terre; in maniera progressiva e continua si sono visti e si continuano a vedere i “coloni” impossessarsi con la forza, spesso direttamente armata, e con la copertura da parte dell’esercito dello Stato di Israele, delle terre altrui, distruggendo villaggi preesistenti e costruendo nuovi insediamenti fortificati. Sulla base di quale mai diritto? Con l’idea che le tutele che nei secoli non erano state ottenute grazie alle istituzioni “altrui” potessero solo essere assicurate dalla forza, la politica statuale ha fatto sì che si elaborasse la dottrina del colpire i nemici comunque e dovunque, senza badare ai confini degli stati e nemmeno agli effetti collaterali. E che la forza dovesse essere concretamente assicurata ai massimi livelli: illegalmente rispetto ai trattati internazionali (ma con la tacita connivenza quanto meno degli Stati Uniti) Israele si è dotato di armi nucleari (verosimilmente in maniera quantitativamente limitata). Sviluppo questo che ha necessariamente coinvolto il mondo della ricerca, compresa quella accademica.

Oggi le istituzioni di ricerca israeliane sono, in alcune loro articolazioni, sistematicamente coinvolte in progetti militari finalizzati a garantire alle forze armate la capacità di colpire efficacemente i nemici, come ho già scritto, comunque e dovunque e a prevenire e neutralizzare attacchi da parte di altri. I nostri atenei possono fingere di ignorare tutto ciò all’atto di stabilire accordi di collaborazione con quelle istituzioni, accademiche o meno?

Le osservazioni che sto facendo si basano su fatti; oserei dire, quindi, che scaturiscono dall’applicazione di un metodo scientifico ed è effettivamente fastidioso vederle tacciare, senza entrare nel merito, di “antisemitismo”. Sul piano razionale non è difficile rilevare che l’impostazione secondo cui dalla Palestina gli “estranei” che sono lì da generazioni e generazioni se ne devono andare, o con le buone o con le cattive, alimenta fra questi “estranei” il ricorso ad atti che sono quelli che possiamo definire terroristici: per gruppi nati in quel contesto è Israele che dovrebbe scomparire e in assenza di un proprio esercito strutturato si colpisce alla cieca tutto e tutti. La componente ideologico/religiosa anche qui si inserisce estremizzando ulteriormente tutto quanto. Si arriva così, oltre ad eventi del passato, alla mostruosità dell’attacco del 7 ottobre 2023 coi suoi 1300 morti, gli ostaggi e tutto il resto. L’idea di venirne a capo con la “logica” della vendetta e della rappresaglia, anzi con l’idea di risolvere eliminando Hamas, cioè uccidendo uno per uno tutti i suoi miliziani comunque e dovunque in una sorta di “soluzione finale” (tragica analogia) anche a prescindere dagli “effetti collaterali”, cioè, fino ad oggi, più di 30.000 morti di cui quasi due terzi bambini, farà, comunque vada, nascere e moltiplicare l’odio e le pulsioni “terroristiche” nei confronti di Israele in quanto tale. Tanto più che con tutta evidenza permane non solo fra i gruppi sionisti ma da parte dello Stato di Israele la negazione del diritto a vivere sulla propria terra per chi in quella terra è nato, la colonizzazione forzata della Cisgiordania (per non parlare di quanti a suo tempo già furono espulsi dal resto dello Stato di Israele e in pare ancora vivono in grandi campi profughi) e ora l’obiettivo di spianare la striscia di Gaza espellendone tutti gli abitanti, che, secondo l’impostazione presente da prima del 1948, dovrebbero semplicemente riversarsi in Egitto per non tornare più.

Insomma, nello stabilire rapporti istituzionali si può far finta di ignorare tutto ciò? Si sarebbe forse “neutrali” avallando e indirettamente sostenendo politiche come quelle che lo Stato di Israele continua a perseguire? Possiamo da un lato compiangere le sofferenze delle vittime nella striscia di Gaza e dall’altro continuare a fornire (come stanno facendo gli Stati Uniti) sofisticati armamenti allo stato di Israele? Possiamo direttamente o indirettamente concorrere, con la ricerca, a sviluppare nuovi armamenti per quello Stato (o per chiunque altro)? Io penso di no.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

ASSEDIO DI GAZAbdsmilitareRIARMOsionismoTECNOSCIENZAuniversità

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

TRUMP II: La guerra commerciale si fa globale. 

Riprendiamo e traduciamo il contribuito che i compagni di Chuang hanno dato al neonato progetto editoriale “Heatwave”.  Buona lettura. In questo primo contributo al nuovo progetto Heatwave, rispondiamo alle domande di questo collettivo sull’impatto globale delle ultime ondate di dazi americani. La panoramica completa di questa inchiesta può essere letta sul loro sito web, insieme […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

“I padroni del mondo:come i fondi finanziari stanno distruggendo il mercato e la democrazia”

Venerdì 6 giugno presso il CSOA Askatasuna alle ore 19.30 si terrà insieme all’autore Alessandro Volpi la presentazione del libro “I padroni del mondo: come i fondi finanziari stanno distruggendo il mercato e la democrazia” (Laterza, 2024).  D’accordo con l’autore pubblichiamo l’introduzione del libro. Mappe. Esiste un legame evidente fra l’idea che serva una continua […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il posto di Hamas (e di chi chi seguirà o precede) in Palestina

Qualche precisazione sul ruolo del movimento, all’interno di una più ampia cornice di lotta anticoloniale di Lorenzo Forlani, da lorenzoforlani.substack.com Mi sembra sia arrivato il momento, o forse non ha mai smesso di esserlo. Vogliamo parlare di Hamas? E parliamo di Hamas, una volta per tutte, tentando di scrollarci di dosso paranoie, tensioni mai sopite, […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Note preliminari sul «sistema degli Stati»

È generalmente noto che Karl Marx, nel piano del Capitale, prevedesse una sezione dedicata allo Stato – sezione di cui non scrisse nemmeno una bozza.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’uso dei reati associativi per contrastare il conflitto sociale: il processo contro il CSOA Askatasuna (1° parte)

Il processo contro 28 militanti del centro sociale Askatasuna e del movimento No Tav, conclusosi il 31 marzo scorso, costituisce il tassello principale di un’articolata strategia volta a contrastare il conflitto sociale a Torino e in Val di Susa

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Russia: i segreti della resilienza economica

Abbiamo tradotto il testo di Mylène Gaulard, docente di economia presso Università Pierre Mendes France – Grenoble 2, apparso originariamente su Hors-serie in quanto intende mettere a nudo l’enorme distanza tra la narrazione dominante occidentale (e principalmente europea) sul conflitto in Ucraina e la realtà materiale dei rapporti di forza economici e geopolitici che si stanno ridefinendo su scala globale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Trump 2.0: una svolta epocale?

Un confronto sulla percezione che sulle due sponde dell’Atlantico si ha della crisi in corso è importante, ma deve scontare uno choc cognitivo dovuto alla difficoltà di mettere a fuoco una svolta forse epocale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Blackout: è il liberismo bellezza!

Riprendiamo dal sito SinistrainRete questo contributo che ci sembra interessante per arricchire il dibattito a riguardo del recente blackout iberico. I nodi sollevati dall’articolo ci interessano e rimandando a ragionamenti complessivi sulla fase e la crisi energetica, che animano il nostro sito in questi ultimi tempi. Sembra interessante e da approfondire, il ruolo dei mercati finanziari nella gestione delle reti energetiche nazionali e come questo si intersechi con l’utilizzo di fonti rinnovabili, fossili e nucleari.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

György Lukács, Emilio Quadrelli e Lenin: tre eretici dell’ortodossia marxista

György Lukács, Lenin, con un saggio introduttivo di Emilio Quadrelli e una lezione di Mario Tronti, DeriveApprodi, Bologna 2025 di Sandro Moiso, da Carmilla La recente ripubblicazione da parte di DeriveApprodi del testo su Lenin di György Lukács (1885-1971), accompagnato da una corposa introduzione di Emilio Quadrelli (1956-2024) oltre che da un’appendice contenente una lezione di […]

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Torino cambia lavoro – Tra deindustrializzazione e riconversione

Gli operai prendono parola: il lavoro cambia, la città si interroga

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Genova: i portuali pronti a rifiutare di caricare il cargo di armi per Israele

I portuali in Francia si rifiutano di caricare il cargo di armi per Israele: pronti al blocco anche a Genova.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Catania: salpata la nave umanitaria della Freedom Flotilla “per rompere l’assedio di Gaza”

In circa una settimana di navigazione, l’imbarcazione umanitaria Madleen della Freedom Flotilla dovrebbe raggiungere le acque basse della Striscia di Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

“Non lasceremo loro nulla”. La distruzione del settore agricolo e dei sistemi alimentari di Gaza /2

Questo rapporto “Non lasceremo loro nulla” (*) affronta la distruzione del settore agricolo e delle strutture legate alla produzione alimentare durante l’assalto militare israeliano in corso sulla Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023. di Palestinian Centre for Human Rights, da ECOR Network Qui la prima parte. II. La distruzione israeliana del settore agricolo e dei sistemi […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Brescia: contestato il Ministro Tajani “Contro il genocidio in Palestina e le complicità anche italiane. Palestina Libera!”

A Brescia forte contestazione di almeno 150 tra studenti e attivisti contro la presenza alla facoltà di Giurisprudenza del ministro degli esteri e vicepremier Tajani, invitato dall’Ateneo per inaugurare un corso di laurea.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Manifestazione nazionale contro il riarmo, la guerra e il genocidio in Palestina: 21 giugno a Roma

La data per la manifestazione nazionale a Roma contro il riarmo e la guerra è stata individuata nel 21 giugno, poco prima che si tenga il summit NATO all’Aja dal 25 al 25 giugno sulla Difesa e la spesa militare.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Atene: migliaia di greci in piazza in solidarietà con il popolo palestinese

Migliaia di greci hanno manifestato nella serata di giovedi 22 maggio nel centro di Atene verso l’ambasciata israeliana chiedendo la fine immediata degli attacchi genocidi israeliani contro Gaza

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Israele, oltre Israele

Ovvero di come dentro la democrazia borghese risieda il seme della barbarie.