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L’ottavo fronte: la Cupola di Ferro Digitale di Israele e la battaglia narrativa

Mentre i suoi militari bombardano Gaza, nonostante l’accordo per un cessate il fuoco, Tel Aviv lancia un’offensiva parallela su internet volta a mettere a tacere le narrazioni della Resistenza, manipolare le percezioni globali e riprogettare la memoria digitale dei suoi Crimini di Guerra.

Fonte. English version

Di Mohamad Hasan Sweidan – 10 ottobre 2025

Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha descritto l’”Ottavo Fronte” della sua guerra come la battaglia per la verità. “Sette fronti contro l’Iran e i suoi alleati. L’ottavo: la battaglia per la verità”, ha dichiarato durante una cerimonia ospitata dall’emittente statunitense Newsmax presso l’Hotel Waldorf Astoria di Gerusalemme.

Il suo obiettivo è confutare le accuse di Genocidio e Carestia deliberata legate alla guerra biennale di Israele nella Striscia, con i social media e i programmi di Intelligenza Artificiale che fungono da campi di battaglia più importanti su questo fronte.

Cupola di Ferro Digitale

In seguito all’Operazione Onda di Al-Aqsa del 7 Ottobre 2023, la cosiddetta “Cupola di Ferro Digitale” di Israele è stata attivata per intercettare contenuti digitali, proprio come la sua Cupola di Ferro militare intercetta i missili. Ma invece dei missili, gli obiettivi sono idee, post, immagini, video, che denunciano le atrocità commesse da Israele nell’enclave assediata.

Questa Cupola Digitale opera su due livelli principali. Il primo è il sistema di segnalazione gestito da volontari: una campagna nazionale in cui gli utenti inondano le piattaforme dei social media con denunce di massa contro contenuti ritenuti sfavorevoli a Israele. Un ibrido di Intelligenza Artificiale e revisori umani classifica rapidamente i post segnalati, quindi inoltra le richieste di rimozione a piattaforme come Meta, TikTok e X. L’obiettivo è la velocità: eliminare la narrazione prima che si diffonda.

Solo TikTok ha cancellato 3,1 milioni di video e interrotto 140.000 dirette nei primi sei mesi del Genocidio israeliano a Gaza. L’Unità Informatica del Procuratore Generale israeliano ha presentato quasi 9.500 richieste di rimozione nello stesso periodo, con Meta che avrebbe soddisfatto il 94% delle richieste.

Il secondo livello è la guerra algoritmica: i sistemi di Intelligenza Artificiale analizzano oltre 200.000 siti Web per identificare narrazioni dissidenti, quindi bombardano gli utenti esposti con contenuti pro-Israele a pagamento in tempo reale. Utilizzando campagne pubblicitarie che imitano l’aspetto e la tempistica dei post organici, Israele inonda la cronologia con una contro-narrativa artificiale.

Questa duplice strategia mira a sopraffare e cancellare. La prima sopprime la diffusione delle voci di Resistenza. La seconda le sostituisce con invenzioni approvate dallo Stato.

Usare i social media come arma

“Siamo tutti i bersagli di queste guerre. Siamo noi i cui clic decidono quale parte vincerà”. – Peter Singer, coautore di LikeWar: La Militarizzazione dei Social Media

Il 26 settembre 2025, Netanyahu ha incontrato 18 influencer dei social media residenti negli Stati Uniti. L’ordine era di inondare TikTok, X, YouTube e programmi radio Web con messaggi pro-Israele. Una settimana dopo, Tel Aviv ha stanziato 145 milioni di dollari (125 milioni di euro) per la sua più grande campagna di propaganda digitale di sempre, denominata “Progetto 545”. La campagna si rivolge all’opinione pubblica statunitense, in particolare alla Generazione Z (i nati tra il 1997 e il 2012), con contenuti assistiti dall’Intelligenza Artificiale su misura per TikTok e Instagram.

I documenti della Legge sulla Registrazione degli Agenti Stranieri statunitense rivelano che il Ministero degli Esteri israeliano ha stipulato un contratto con Clock Tower, un’azienda guidata dall’ex responsabile della campagna elettorale del Presidente statunitense Donald Trump, Brad Parscale. L’obiettivo è influenzare sia il dibattito pubblico sia le risposte generate da piattaforme di Intelligenza Artificiale come ChatGPT, Grok e Gemini.

Parallelamente, è stato lanciato il “Progetto Esther” per finanziare gli influencer statunitensi con contratti che, secondo quanto riferito, raggiungerebbero i 900.000 dollari (775.000 euro) a persona. Si prevede che questi influencer pubblicheranno 25-30 post al mese, creando un flusso costante di contenuti pro-Israele. Tra giugno e novembre 2024, almeno 900.000 dollari in pagamenti per la campagna sono stati distribuiti a 14-18 influencer, con una media di 6.100-7.300 dollari (5.250-6.300 euro) per post.

Bridge Partners, una società con contratto con il Ministero degli Affari Esteri israeliano, ha inviato una serie di fatture per i costi della campagna degli “influencer” pro-Israele al gruppo mediatico internazionale “Havas Media Group” in Germania, che lavora per Israele.

Show Faith by Works (Mostra la Fede Attraverso le Opere), una nuova società fondata nel luglio 2025, ha ricevuto 325.000 dollari (280.000 euro) in soli due mesi per promuovere la propaganda israeliana tra le comunità cristiane negli Stati Uniti e in Occidente. Con un bilancio previsto di 4,1 milioni di dollari (3,5 milioni di euro) per la campagna, è stata definita la “più grande campagna di geocircoscrizione di una chiesa cristiana nella storia degli Stati Uniti”. Nel frattempo, il Ministero degli Esteri israeliano ha investito altri 137 milioni di dollari (118 milioni di euro) in campagne globali per plasmare la percezione del Paese, oltre ai consueti programmi di promozione dell’immagine.

Queste iniziative fanno parte di una strategia più ampia, spesso definita “Hasbara”, termine ebraico che indica la diplomazia pubblica e gli sforzi di propaganda di Israele. Nell’era digitale, l’Hasbara si è evoluta da narrazioni mediatiche convenzionali a sofisticate operazioni di influenza assistite dall’Intelligenza Artificiale, progettate per dominare e distorcere il dibattito sui social media.

Un rapporto dell’emittente pubblica spagnola RTVE, citando un’indagine di Eurovision News Spotlight, ha rivelato che il governo israeliano ha stanziato circa 50 milioni di dollari (43 milioni di euro) in pubblicità su Google, X e sulle reti pubblicitarie franco-israeliane Outbrain e Teads.

L’obiettivo, secondo l’indagine, era quello di contrastare l’informazione globale sulla Carestia a Gaza, presentando una facciata di normalità. Da gennaio a inizio settembre 2025, Tel Aviv ha pubblicato oltre 4.000 annunci digitali, metà dei quali rivolti a un pubblico internazionale. Questi annunci presentavano una Gaza ripulita, libera da macerie e fame.

Riciclaggio digitale di Crimini di Guerra

La guerra in internet non si ferma alle piattaforme pubbliche. Nel maggio 2024, OpenAI ha rivelato di aver smantellato cinque “operazioni di influenza” segrete che sfruttavano i suoi strumenti, una delle quali era gestita dalla società israeliana STOIC. L’azienda ha utilizzato modelli linguistici di grandi dimensioni per generare contenuti pro-Israele e messaggi anti-Hamas pensati appositamente per il pubblico statunitense, per poi distribuirli tramite profili falsi su Facebook, Twitter e Instagram.

Il New York Times ha riportato un’operazione parallela del governo israeliano che ha utilizzato quasi 600 profili falsi per inondare i flussi di notizie di 128 parlamentari statunitensi con oltre 2.000 commenti selezionati a settimana. Questi messaggi difendevano le azioni israeliane e diffamavano le istituzioni palestinesi e il principale fornitore di aiuti umanitari a Gaza, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Impiego dei Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA).

L’anno scorso, la portavoce dell’UNRWA, Juliette Touma, ha dichiarato:

“Queste pubblicità sono distruttive per le persone. Dovrebbero cessare e i responsabili di questo sabotaggio dovrebbero essere ritenuti responsabili. Bisognerebbe fare molti controlli con aziende come Google una volta finita la guerra. C’è molto a cui rispondere”.

Attraverso questi metodi, Tel Aviv cerca di anticipare e sovrascrivere le narrazioni dell’opposizione nel momento stesso in cui compaiono. Il risultato è uno spazio digitale saturo di Propaganda di Stato, una cronologia progettata per dimenticare.

Esportare la repressione

Il pericolo globale risiede nel modello stabilito da questo precedente. Quando una Potenza Militare Coloniale, di fronte a credibili accuse di Genocidio, può utilizzare strumenti digitali per riscrivere la cronaca in tempo reale, invia un chiaro segnale che chiunque abbia i soldi e la tecnologia può fare lo stesso.

Il sistema israeliano è semplice ma devastantemente efficace: informazione di massa per mettere a tacere il dissenso, pubblicità mirate per manipolare la percezione, contratti con influencer per fabbricare il consenso e strumenti di Intelligenza Artificiale per distorcere la verità.

Se questo modello si diffonde, le voci della Resistenza in tutto il mondo, dagli studenti ai giornalisti ai movimenti indigeni, troveranno le loro verità sepolte sotto una valanga di Propaganda di Stato a pagamento.

Tel Aviv potrebbe essere stata pioniera di questa Occupazione Digitale della verità. Ma non sarà l’ultima a usarla contro coloro che lottano per la Giustizia.

Mohamad Sweidan è un ricercatore di studi strategici, scrittore per diverse piattaforme mediatiche e autore di diversi studi nel campo delle relazioni internazionali. I suoi interessi principali sono gli affari russi, la politica turca e il rapporto tra sicurezza energetica e geopolitica.

Traduzione a cura di Beniamino Rocchetto, da Invictapalestina.org

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