#MillionMaskMarch riempie le piazze in tutto il mondo
, con il suo impatto mediatico transnazionale, ha senza dubbio fornito carburante ulteriore ad una giornata di lotta davvero notevole che ha saputo però intrecciarsi con le diverse realtà politiche presenti in ogni paese.
Da Istanbul a Milano, dalle Filippine agli Stati Uniti, migliaia e migliaia di persone con la maschera di V, icona transnazionale di rifiuto dell’ordine costituito neoliberista, hanno attraversato tante strade del globo. 477 concentramenti in tutto il mondo, a detta del sito millionmaskmarch.org, hanno reso di carne il famoso detto Anonymous “We are legion!”
Ciò che risalta è soprattutto l’ennesima conferma del capitale mobilitativo di Anonymous, che ha la forza ormai conclamata di poter rendere il 5 novembre una giornata di mobilitazione globale capace di parlare decine e decine di linguaggi diversi dovuti alle differenti fasi politiche e formazioni sociali. Conservando però il claim comune del rifiuto delle forme di controllo e sfruttamente di una elite sempre più corrotta.
Veniamo alla cronaca. Se in Italia la protesta “in tema” più importante è stata quella di Milano, in Europa le due principali metropoli ad aver accolto l’appello di Anonymous sono Londra e Istanbul.
A Londra le circa mille persone scese in piazza hanno fortemente contestato l’operato del governo Cameron e i suoi continui tagli al welfare, in particolare al sistema sanitario nazionale; il corteo si è anche diretto a contestare simbolicamente la sede reale di Buckingham Palace, nelle cui vicinanze ci sono stati scontri con la polizia che hanno portato all’arresto di 15 persone. A favore della protesta si sono esposti anche personaggi del mondo dello spettacolo come il comico Russell Brand.
A Istanbul è stata sicuramente decisiva la qualità organizzativa del collettivo RedHack, da sempre attivo nel mondo dell’hacktivism ed esploso alla ribalta nella sua partecipazione alle giornate di lotta durissime di Gezi Park. In uno scenario fortemente militarizzato, si è tornati ad attaccare le politiche del governo Erdogan attraversando via Istiqlal e piazza Taksim simboli delle proteste di maggio.
Particolarmente interessante quanto accaduto nel sud-est asiatico. Nelle Filippine un corteo determinato ha cercato di raggiungere i palazzi del potere (Camera dei Rappresentanti), dopo aver nei giorni precedenti hackerato 39 siti governativi per lanciare in maniera forte il concentramento di piazza che ha avuto più di mille partecipanti e che ha visto diverse strutture di movimento del paese sciogliersi all’interno di una costruzione comune dell’evento teso a denunciare lo sperpero e il ladrocinio di risorse pubbliche ad opera della classe politica.
Ma cortei ed azioni comunicative si sono tenute anche in Indonesia, in Nuova Zelanda, in Giappone (dove hanno avuto taglio più sulla questione della devastazione ambientale) e in diverse città australiane tra cui Melbourne, Sidney e Brisbane.
Diversi momenti di lotta anche negli Stati Uniti. Ci sono stati arresti a Denver, dove circa 200 persone sono state pesantamente attaccate dalle forze dell’ordine, mentre marce si sono tenute anche a Los Angeles, New York, Washington DC, Chicago, Tampa. Particolarmente importante il corteo a Washington, dove si sono toccati i palazzi del potere, dalla Casa Bianca al Dipartimento Federale di Giustizia. In SudAmerica particolarmente riuscita la manifestazione a San Paolo, in Brasile, anche sull’onda delle manifestazioni che dalla scorsa primavera attaccano il governo di Dilma Rousseff.
Manifestazioni importanti nel resto del mondo si sono tenute in Irlanda, Francia, Spagna, Svezia, Repubblica Ceca, Israele, Sudafrica, Malesia, Canada, Thailandia, Armenia..per una giornata davvero storica, quanto meno a livello simbolico, per quanto riguarda la possibilità di costruzione di discorso comune all’interno del nostro mondo in tensione.
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