Per ogni Robin Hood, c’é uno sceriffo di Nottingham
Riportiamo un comunicato del Comitato Abitanti Giambellino Lorenteggio in seguito all’accusa di associazione a delinquere attribuita assurdamente ad alcuni membri del comitato dalle forze dell’ordine.
Triste e breve storia di una storica pagliacciata giornalistica.
I Giornalisti stanno pronti a filmare l’uscita delle pattuglie dei carabinieri in fila indiana che si dirigono al quartiere Giambellino con i valorosi 180 uomini che smantelleranno il pericoloso Comitato Abitanti Giambellino Lorenteggio, colpevole di aver creato una struttura solidale per impedire gli abusi che da anni si perpetuano in quartiere da parte della polizia e delle istituzioni. Un’intercettazione in cui una ragazza parla con un’abitante del quartiere, che chiama per chiedere aiuto perché “la `polizia gli è entrata in casa”. L’accusa infame di racket delle occupazioni. Così è cominciata la giornata di giovedì. Dopo quasi 4 anni di intercettazioni e pedinamenti la procura di Milano e i Ros presentano la loro “inchiesta-capolavoro”: una pagliacciata mai vista prima.
“Occupavano case per creare consensi”
La polizia organizza un circo, facendosi filmare mentre escono dalla caserma Montello. Fanno una conferenza stampa per presentare l’operazione, difendono la decennale cattiva gestione d’Aler e dello Stato nel quartiere e poi accusano il Comitato di quartiere di realizzare azioni politiche per cercare consenso sociale.
La creazione di consenso è uno degli obiettivi alla base di qualsiasi organizzazione politica. Un esempio sono i politici che fanno campagna elettorale: o ci siamo forse dimenticati di Salvini e di Sala, ai tempi in cui cercavano consensi in Giambellino sputando menzogne dalle loro bocche per racimolare qualche voto?
Ogni azione del comitato di lotta è diretta verso la costruzione di organizzazione popolare dal basso; è quest’organizzazione che ha permesso di creare strutture solidali insieme agli abitanti del quartiere. Dietro questo organizzarsi non esistono interessi privati, ma la volontà collettiva di migliorare la nostra vita e quella dei nostri vicini. Il comitato vuole ricostruire un tessuto sociale distrutto, costruire soluzioni all’apatia, all’abbandono e alla solitudine: tre caratteristiche dei quartieri popolari provocate dallo stesso Stato che oggi ci attacca. Insomma, creare consenso sociale non costituisce nessun reato.
“Sostituendosi di fatto alle istituzioni incaricate per legge di assegnare le case popolari, hanno mietuto consensi da parte di quella fetta di popolazione indigente che, alle prese con una irrisolta crescente richiesta abitativa, ha ritenuto più conveniente rinunciare alle vie lecite e agire illegalmente per il tramite appunto del «Comitato», che a titolo di riconoscenza pretendeva partecipazione alle proprie assemblee e una quota mensile di 10 euro”
Partiamo da una premessa. ci sono più di 10000 case vuote a Milano e più di 20000 famiglie che aspettano da anni di avere un tetto sopra la testa. Il comitato del Giambelllino non lavora per Aler ne per Metropolitane Milanesi, il suo compito non è quello di assegnare le case, il compito spetta a queste due aziende che preferiscono lasciare vuote le case per specularci su. Sono loro i responsabili delle assegnazioni e i colpevoli dell’emergenza abitativa.
Il comitato, con la lotta e la solidarietà, ha riempito/occupato quegli spazi che Aler, Comune e la (non) politica abitativa di Milano hanno lasciato vuoti. Spazi che siccome abbandonati si riempiono di persone che non hanno casa. Non dobbiamo dimenticare che il destino dell’edilizia pubblica è la privatizzazione e quindi lasciare una casa vuota per anni ha come fine l’aumento del suo prezzo nel mercato immobiliare. La Regione ha anche promulgato una legge per normalizzare questo crimine: perché privatizzare l’edilizia pubblica è un crimine.
L’organizzazione dal basso a Milano e in tutta Italia ha dato una soluzione abitativa a migliaia di famiglie, ha dato tranquillità e felicità a tantissimi bambini e bambine che possono così vivere con dignità invece di finire ad aspettare una casa che non arriverà mai, perché lo Stato, insieme a chi gestisce le case popolari, ha deciso di non assegnare queste case, ma di speculare sul bisogno primario all’abitare.
Se una famiglia occupa una casa vuota, mentre né Aler né MM si prendono la briga di assegnarla, chi sta commettendo un crimine? Chi trova delle soluzioni attraverso l’autorganizzazione, o chi non fa il suo lavoro?
Chi decide di non rispettare le graduatorie? Chi non rispetta il diritto di avere una casa delle famiglie che da anni sono inserite in graduatoria?
Insomma, viene da chiedersi: chi sono i veri criminali?
Le principali testate giornalistiche d’Italia hanno parlato di racket delle occupazioni. Hanno mentito sapendo di mentire. Lo stesso procuratore Alberto Nobile l’ha sottolineato nella conferenza stampa; ma più che perseguire dei reati, il loro obiettivo è quello di infamare la lotta degli abitanti del Giambellino. Se questi ultimi non traggono profitto nell’occupare delle case, allora perché lo fanno? I borghesi, lo Stato e le Istituzioni non riescono proprio a concepire il fatto che delle persone si aiutino a vicenda senza la mediazione dei soldi.
E allora, a cosa servivano questi 10 euro?
Il Comitato Abitanti Giambellino Lorenteggio non solo sosteneva le occupazioni di chi non aveva un tetto sopra la testa, ma faceva un lavoro sociale molto importante nel territorio. Un dopo scuola per i bambini, una squadra di calcio, uno sportello di ascolto per gli/le abitant* in difficoltà, una mensa popolare dove si poteva mangiare con pochi soldi. In passato esistevano anche un ambulatorio medico e una palestra popolare già soggetti a sgombero da parte delle “forze dell’ordine” . Tutte attività che si autofinanziavano con il contributo degli abitanti del quartiere, con pranzi, cene e feste. L’obiettivo del Comitato è quello di ricostruire il tessuto sociale del quartiere, creare reti di solidarietà che permettano agli abitanti e alle abitanti di vivere bene, come ogni essere umano merita di vivere. Per realizzare tutte queste attività, gli abitanti del quartiere si riunivano in assemblea prendendo delle decisioni in modo orizzontale.
Ci dispiace, ma non siamo pagati come lo sono il Pm Piero Basilone e il procuratore Alberto Nobile per fare crociate contro chi denuncia e si organizza per dare dignità a un quartiere abbandonato; o come Andrea Galli, che il giorno dopo gli arresti ha infamato i 9 arrestati pur di appoggiare l’assurdo castello accusatorio costruito dai carabinieri. Non dimentichiamo che questi personaggi sono gli stessi che hanno coperto le porcherie che hanno accompagnato l’organizzazione di EXPO 2015.
Lottare a fianco dei meno fortunati per noi è sempre stato un dovere politico, etico e morale.
“Non ci sono stati movimento di denaro, nessuno ha guadagnato soldi, ma non ci si può sostituire allo Stato”
E’ ridicolo: davanti al disastro della gestione immobiliare d’Aler non abbiamo mai visto un’operazione mediatica preparata per 4 anni in cui arrestavano e denunciavano pubblicamente i dirigenti colpevoli d’Aler. Non l’abbiamo vista e non la vedremo mai.
Mentre giovedì si vantavano d’aver sgomberato otto case, hanno preferito metterle sotto sequestro preventivo piuttosto che assegnarle; evidentemente il loro interesse non era di ripristinare la legalità e dare le case a chi è in graduatoria, come hanno affermato.
Non importa se non hai un lavoro, se non hai niente da mangiare, se dormi sotto un ponte. L’unico che può prendere decisioni sulla tua vita è lo Stato e le sue strutture, con i loro tempi eterni che devono essere per forza rispettati. Che a nessuno li venga in mente di organizzarsi per trovare soluzioni collettive! Allora si che lo Stato si fa vedere.
La verità di fondo e la principale motivazione politica di quest’operazione, è che hanno paura che la popolazione si organizzi. Devono difendere i propri privilegi e non possono permettere che qualcuno si organizzi per denunciare l’assenza dello Stato, per trovare delle soluzioni che loro hanno deciso di non trovare. Perché per lo Stato, se sei povero, meriti di stare in mezzo a una strada.
Come abbiamo sempre detto, lo Stato nei quartieri popolari esiste solo durante la campagna elettorale sotto forma dei vari aspiranti sindaci che vi fanno passerella o sotto forma del poliziotto durante gli sgomberi. Non si può sostituire qualcosa che non c’è, ma si possono sperimentare forme collettive di resistenza all’abbandono e alla violenza dello Stato.
“Centro sociale Base di Solidarietà Popolare”
Non esiste una divisione tra i/le militanti del Comitato Abitanti Giambellino Lorenteggio e il quartiere, ma delle forme di vita che vivono su uno stesso territorio e che interagiscono per migliorare la vita di tutti e tutte. Abbiamo sperimentato in prima persona le difficoltà che si incontrano sempre quando si tratta di compiere un lavoro politico e sociale nelle periferie milanesi. Abbiamo visto l’odio dei deboli contro chi è ancora più debole, abbiamo visto stranieri candidarsi con CasaPound: abbiamo comunque deciso di vivere in mezzo a queste contraddizioni perché fanno parte del mondo che abitiamo e che vogliamo cambiare.
Per questo motivo nel Giambellino non è mai esistito un centro sociale, bensì una Base di Solidarietà Popolare. Nonostante lo spazio sia stato sgomberato, il nome sarà ricordato dalla gente del quartiere. Era una Base di Solidarietà dove la gente si riuniva per parlare di come migliorare la vita nel quartiere: li dentro, ogni venerdì, si teneva il doposcuola per i bimbi e le bimbe del quartiere; e ancora il corso d’italiano per stranieri, la mensa popolare, e ci si organizzavano cene e pranzi per finanziare la lotta collettiva o per sostenere le famiglie in difficoltà. Era uno strumento, un’infrasttuttura collettiva inserita nella riproduzione della vita del quartiere.
Non abbiamo niente contro i centri sociali. Sono luoghi che resistono, creano socialità, dibattito e forniscono mezzi materiali alle lotte che attraversano la penisola: semplicemente, crediamo che la Base fosse qualcosa d’altro.
Lo “studente di filosofia”
Per lo Stato è inconcepibile che uno studente modello, come lo hanno chiamato i giornali, viva in una casa occupata e sia membro di un comitato di lotta popolare. Perché questo strano soggetto, invece di occupare case, non partecipa a qualche “Career Day” universitario a lasciare il curriculum per multinazionali come la Nestlè o la Monsanto?
Questo governo dovrebbe ricordare che negli ultimi mesi migliaia di studenti sono scesi in piazza contro le politiche razziste e criminali de esso promulgate. I giovani sono e saranno sempre il maggior pericolo per coloro che “stanno in alto”. Ebbene si, cari signori, sempre esisteranno soggettività non conformi che si schiereranno contro i vostri crimini e che decideranno di stare con i più deboli.
Andrea Galli, giornalista del Corriere della Sera, è andato molto oltre, tentando goffamente di “romanticizzare” con il suo linguaggio povero e subdolo l’arresto di Nic, parlando dei libri che c’erano a casa sua. Ci sarà forse rimasto male a causa del fatto che, tra i libri del “filosofo laureato col massimo dei voti”, non ci fosse il suo libro, dal loquace titolo “Carabinieri per la libertà”?. Parla inoltre di pericolose derive: quello che è chiaro, è che chi ha preso una pericolosa deriva di leccapiedi dei poteri forti e di infame è unicamente lui, il buon Galli. Giornalismo becero da quattro soldi, riflesso di un paese sull’orlo del baratro.
L’ “Associazione a delinquere”
Che a Milano ci sia un problema nella gestione dell’edilizia popolare, e che Aler sia un’azienda per la quale la trasparenza mai ha costituito una priorità, lo sanno tutti. Non a caso ogni campagna elettorale è sempre caratterizzata da promesse riguardo una nuova e più oculata gestione delle case popolari, garantendo la fine dell’ondata di polemiche su questo delicato argomento.
Nel 2014, Giuliano Pisapia insieme ai vertici d’Aler e della questura dichiararono guerra alle occupazioni. Cercarono di presentare gli occupanti come il problema, quando migliaia di case continuavano ad essere vuote e migliaia di famiglie rimanevano in lista d’attesa. L’operazione falli perché i quartieri popolari di Milano si organizzarono, misero pressione, tanto che riuscirono a fare cambiare idea all’amministrazione. La lotta e l’organizzazione dal basso hanno sempre pagato.
Nel 2015, Expo: alla vigilia del grande evento del “magna magna” una decina di case furono sgomberate nel quartiere Giambellino, compresa la Base di Solidarietà Popolare. Il Comitato fu preso di mira e attaccato mediaticamente. L’intento del Comune falli’ anche in questo caso grazie al lavoro sul territorio compiuto in precedenza dal Comitato.
Dopo il fallimento, il Comune decise di recuperare il terreno perduto dando il via ai lavori per la metropolitana, provocando non pochi problemi agli abitanti del quartiere. Si inizio’, al contempo, a parlare del piano di riqualificazione per il Giambellino, adescando perfino il famoso architetto Renzo Piano, il quale si limitò a presentare un “kit fai-da-te” per “rammendare” i problemi del quartiere, per racimolare i fondi dell’Unione Europea che avrebbero messo la parola fine all’emergenza abitativa e sociale.
Poco dopo ci furono nuove elezioni, e il protagonista indiscusso fu senza dubbio Giuseppe Sala, Mr. Expo. Quando si presento’ in quartiere fu subito contestato perché il quartiere non dimenticava gli appalti truccati e i casi di corruzione che ci furono nell’organizzazione di Expo 2015. Anche lui, usando come sponda le associazioni di quartiere, dichiarò che le periferie sarebbero state la sua ossessione.
Bene, sono passati due anni da quando Sala vinse le elezioni e ancora le case continuano ad essere vuote. Di conseguenza, le famiglie in difficoltà continuano ad occupare.
Lo scandalo maggiore riguarda però il ritardo della riqualificazione del quartiere. Un intero caseggiato fu abbattuto e tanti appartamenti di via Giambellino 181, svuotati, un civico fatiscente che nell’ultima settimana tra l’altro ha affrontato tre incendi . Ora i lavori di riqualificazione sono a rischio: esiste infatti un concreto rischio di carattere ambientale. Caso vuole, infatti, che ad Aler e alle istituzioni preposte non venne in mente di effettuare i dovuti controlli prima di cominciare i lavori di riqualificazione. Un ritardo che mette a rischio il progetto, in un quartiere che ormai è diventato un cantiere a cielo aperto. Inoltre, mai fu chiarito chi sarebbe andato a vivere nelle nuove case, e se questo piano di riqualificazione avrebbe contribuito a migliorare la vita degli abitanti del quartiere o a cambiare la composizione sociale di questo costringendo i poveri a spostarsi ancora più in periferia.
Altre volte Aler è finito nel mirino giudiziario a causa delle sue relazioni con l’ex presidente della Regione Formigoni e la ciellina Compagnia delle Opere. Gare d’appalti truccate per milioni d’euro, investimenti di soldi pubblici in Libia e sopratutto il decennale disastro nella gestione dell’edilizia pubblica che provoco’ un buco nel bilancio dell’azienda di mezzo miliardo di euro.
Davanti a una gestione corrotta portata avanti sulla pelle e la sofferenza di migliaia di famiglie, lo Stato trova l’unica soluzione nel reprimere chi denuncia i problemi e, in mezzo al vuoto politico, cerca di costruire delle risposte per ridare dignità a un quartiere usato per fini politici ed economici dalla destra, dalla sinistra e dai grandi speculatori.
Nel Comitato Abitanti Giambellino Lorenteggio non ci sono responsabili, promotori e partecipanti, ma una forza collettiva che si organizza e prende decisioni orizzontalmente.
L’unica associazione a delinquere è quella tra Aler, i suoi dirigenti corrotti, i rappresentati delle istituzioni che hanno lucrato per decenni sull’emergenza abitativa e gli imprenditori senza scrupoli che speculano sulla miseria. Di promesse mai mantenute ne abbiamo viste tante: le conseguenze di questo disastro organizzato e premeditato non le subiscono certo i magistrati che oggi ordinano l’arresto di 9 persone coraggiose che hanno deciso di lottare per la giustizia sociale, né tanto meno le istituzioni che in Giambellino, lo ripetiamo ancora, non esistono.
A questo punto, viene spontaneo chiedersi: chi sono gli ipocriti?
Non solo occupazioni
Legalità e giustizia non sono la stessa cosa. Nella storia dell’umanità, si sono commesse le peggiori atrocità in nome della legge, proposta e legittimata dagli stessi criminali. La legge non è altro che la cristallizzazione dei rapporti di forza esistenti. Quando le leggi non garantiscono la felicità delle persone e non vanno verso un senso di giustizia sociale è giusto infrangere queste leggi, per ristabilire la giustizia che ci viene negata. Abbiamo visto come hanno trattato il sindaco di Riace, il quale ha fatto il bene salvando delle vite e integrando centinaia di migranti nella comunità, anche se per farlo ha dovuto andare contro le leggi di uno Stato meschino e razzista.
Ma in Giambellino non ci sono solo occupazioni. Durante gli anni sono nati progetti collettivi portati avanti da persone del quartiere e solidali. Progetti che hanno dato vivacità al quartiere.
Siamo ciò che facciamo e non ci vergogniamo di niente, al contrario: ne siamo fieri. Il Giambellino, nonostante sia un quartiere difficile e con tanti problemi, è la dimostrazione che quando le persone si uniscono possono davvero cambiare le cose, possono opporsi alla violenza e all’indifferenza dello Stato, denunciando si, ma sopratutto costruendo insieme il mondo che vogliono vivere, riprendendosi la felicità negata, superando insieme le paure e le avversità.
Lo abbiamo fatto insieme e ora siamo forti: è questo il vero motivo per cui ci hanno attaccato. Hanno paura che sempre più persone si organizzino e si ribellino contro le – loro – ingiustizie. Hanno paura di perdere potere su di noi, di non poter più lucrare sulle nostre vite, che ci riprendiamo ciò che per anni ci hanno tolto. Fanno bene ad avere paura, perché così come loro prendono parte e si organizzano per farci del male, ogni giorno più persone cominciano ad organizzarsi e prendono parte alla lotta di classe.
Il Giambellino ha cominciato da tempo e non ha intenzione di fermarsi.
LUNGA VITA AI ROBIN HOOD DEL COMITATO ABITANTI GIAMBELLINO LORENTEGGIO!
Libertà per i/le arrestat*!
Comitato Abitanti Giambellino Lorenteggio
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