Prime valutazioni sul voto siciliano
Non sono ancora stati scrutinati la totalità dei seggi. Ci limitiamo, dunque, ad analizzare il voto Siciliano, solo considerando i voti ricevuti dalle liste e dai candidati presidente. Rimandiamo di qualche ora un approfondimento che possa permetterci di fare un ragionamento più complessivo sulle regionali in Sicilia.
Durante ogni tornata elettorale i portavoce di tutti gli schieramenti, e i giornalai che per questi si schierano, hanno il compito di rappresentare e raccontare, nonostante tutto, lo stato di salute delle forze politiche per la quale sono chiamati ad intervenire. Artifici dialettici che riportano numeri, parallelismi con tornate elettorali di anni precedenti o con sondaggi locali e nazionali.
La verità però è, come al solito, molto lontana dal racconto asettico che questa gente continua a proporre. La verità è che non ci sono solo le segreterie di partito, che non ci sono solo gli elettori che votano questo o quello. La verità è che le elezioni regionali siciliane non possono essere riassunte dal solito teatrino del post che va in onda durante la maratona di Mentana.
Tra le tante cose dette ancora una volta l’elemento centrale di queste elezioni è l’astensionismo ma, probabilmente, quello che viene detto a riguardo si attiene ad un retorica che rientra perfettamente negli interessi di chi partecipa al gioco elettorale. E quindi tra gli altri, il voto come dovere e come unico strumento concesso e consentito per la partecipazione alla vita democratica del paese. Anche a questo giro,però, l’astensionismo si attesta oltre il 52%. Su 4.661.111 aventi diritto solo meno della metà ha scelto di votare. Questo vuol dire un po di cose, una un po meno importante ci dice che il presidente della Regione Sicilia può essere eletto con soli 800.000 voti circa. L’altra è che il sistema della rappresentanza così fatto, pensato e organizzato ha sempre meno appeal. Cioè sempre meno sono quelli che credono sia uno strumento utile ad incidere nell’immediato, utile a modificare concretamente la realtà. Solo un’anno fa in occasione dell’appuntamento referendario che sancì le dimissioni di Renzi, l’affluenza registrata fu superiore del 10% rispetto a quella odierna per le elezioni regionali. Percentuali che salgono in maniera consistente tra i giovani e che ci dicono che in quel caso l’affluenza fu superiore perché il voto avrebbe avuto un riscontro immediato ed effettivo rispetto alla tenuta del Governo Renzi.
Pare, inoltre, che il voto sia diventato una necessità esclusiva di chi fa parte della rete di conoscenze e interessi di una casta e questi, proprio durante le elezioni vanno difesi e coltivati. Questo voto, infatti, è proprio un voto d’apparato su cui i candidati sanno di poter contare, voti che sembrano bastare alle forze politiche e che in Sicilia vedono cristallizzare nuovamente un centro-destra risorto e assolutamente in forma per affrontare le prossime politiche.
Questi voti d’apparato non sono i voti di chi vive i quartieri i popolari e neanche degli abitanti delle regioni più depressi dell’isola dove l’affluenza si è fermata al 39% e ad avere piu preferenze è stato Cancelleri.
Oltre questo al momento possiamo solo rilevare come questa tornata elettorale sia servita al PD e a Forza Italia da prova generale per le mosse strategiche da mettere in campo alle prossime elezioni politiche per riuscire a frenare l’avanzata del M5S. Il Partito Democratico, infatti, pur di non far vincere i cinque stelle ha preferito far vincere il candidato presidente del centro destra. I risultati dovuti al voto disgiunto per le liste che sostenevano Micari ne danno un segnale.
Infine sembra obbligato un accordo tra il centro-destra e il PD dovuto ad una divisione dei seggi con non garantisce la maggioranza a nessuno. Rimandiamo ancora una volta alle ore successive alla chiusura degli scrutini un approfondimenti che ci permetta di fare un’analisi legata a divisioni geografiche, anagrafiche e sociali in riferimento al voto.
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