Sugli incidenti di Fukushima e Marcoule (2 scritti di Giorgio Ferrari)
Nel sito di Marcoule sul fiume Rodano sono state costruite negli anni ’50 le prime centrali nucleari francesi agas-grafite dello stesso tipo di quelle costruite in Inghilterra. Questi impianti (di modesta potenza) sono stati messi definitivamente fuori servizio da più di 20 anni.
Negli anni ’70 sul sito di Marcoule è stato costruito un impianto per il ritrattamento del combustibile irraggiato che oggi produce anche il MOX (combustibile al plutonio), l’impianto è di proprietà di Areva.
Sempre nello stesso sito è in funzione un altro impianto destinato al trattamento dei rifiuti radioattivi a bassa/media attività chiamato CENTRACO gestito dalla società SOCODEI di proprietà di EDF.
In questo centro i rifiuti vengono trattati con due procedimenti
-fusione di rifiuti metallici
-incenerimento di rifiuti non metallici
I rifiuti trattati in questo centro hanno fino a 20.000 Bq/grammo di contenuto radioattivo
Secondo il comunicato dell’agenzia per la sicurezza francese (ASN) lo scoppio sarebbe avvenuto nel forno per i rifiuti metallici causando 1 morto e 4 feriti.
Ovviamente dicono che non c’è fuga di radioattività. Ma vedremo nei prossimi giorni. In ogni caso va rilevata l’estrema pericolosità di queste tecniche di fusione/incenerimento in quanto a differenza dei procedimenti a freddo (chimici) avvengono ad alte temperature con possibili sviluppi di gas etc.
Il centro indipendente per la misurazione delle radiazioni CRIIRAD ha dichiarato in un suo comunicato che al momento non risulta contaminazione esterna al sito.
Tuttavia è bene sottolineare che il sito di Marcoule scarica da 50 anni gli effluenti liquidi contaminati (formalmente nei limiti di legge) nel Rodano che dopo pochi chilometri sfocia nel Golfo del Leone e dato che l’impianto di ritrattamento attualmente in funzione è decisamente inquinante non c’è da prendere alla leggera l’impatto complessivo che ha questo sito sull’ambiente.
E’ da escludere al momento un eventuale trasporto di radiazioni fino ai confini italiani dato che comunque si tratta di rifiuti a bassa attività, ma in ogni caso sarebbe opportuno rilanciare in sede europea la questione del pericolo rappresentato dal gran numero di impianti francesi.
SEI MESI FA’ L’INCIDENTE ALLA CENTRALE NUCLEARE DI FUKUSHIMA
A sei mesi dall’incidente accaduto, l’11 marzo scorso, lo stato dei reattori resta grave e non si avvertono miglioramenti significativi nel tamponamento dell’acqua radioattiva che fuoriesce dalle unità 1, 2 e 3.
Il sistema per decontaminare questa acqua era stato installato in giugno, ma ha subito diversi malfunzionamenti ed oggi riesce a decontaminare appena un terzo dell’acqua in uscita dai reattori che continua ad accumularsi nei piani bassi della centrale e da qui finisce poi nel terreno sottostante e enel mare.
Il livello dell’acqua contaminata sotto gli edifici delle turbine raggiunge anche i 3 metri, e questo fatto rende quasi impossibile l’accesso dei lavoratori all’impianto. La TEPCO (proprietaria della centrale) ritiene che ci siano ancora circa 90.000 t di acqua altamente contaminata che deve essere trattata o confinata in appositi serbatoi.
Una stima recente effettuata dai ricercatori della Japan Atomic Energy Agency e dall’università di Kioto ha calcolato in 15.000 terabequerel , cioè 15 milioni di miliardi di becquerel (il becquerel è l’unità di misura della radiazione) la quantità di contaminanti scaricati nel mare a cui vanno sommati quelli depositati al suolo dal 11 marzo ad oggi.
E’ ormai accertato che anche da questo punto di vista l’incidente di Fukushima supera in gravità quello di Chernobil, anche se non se ne parla affatto, e questo bilancio è destinato ad aumentare fino a quando i tecnici non riusciranno a sigillare in qualche modo i tre reattori danneggiati, cosa che non avverrà prima di un anno o due.
Altrettanto evidente è ormai la complicità e l’impreparazione delle autorità giapponesi nel tutelare la salute delle popolazioni subito dopo l’incidente non effettuando adeguate evacuazioni o facendole in ritardo rispetto alla gravità dei rilasci radioattivi nell’atmosfera, come denuncia senza mezzi termini un articolo del New York Times del 8 agosto.
Questi fatti hanno portato ad una crisi del governo giapponese con le dimissioni del primo ministro Naoto Kan sostituito circa 10 giorni fa da Yoshihiko Noda il quale si è recato due giorni fa in visita alla centrale di Fukushima ed ha incontrato tutti i sindaci delle città evacuate tentando di rassicurarli in un pronto ritorno delle popolazioni, cosa a cui i sindaci hanno detto espressamente di non credere. Inoltre le ripercussioni di questo incidente pesano ancora sull’economia giapponese e la perdita di credibilità delle società elettriche e nucleari ha rafforzato nell’opinione pubblica la necessità di abbandonare il nucleare. Ieri 11 settembre si sono svolte diverse iniziative in tutto il Giappone.
E IN ITALIA?
Il silenzio calato dopo il referendum è la conferma dell’impreparazione ed improvvisazione con cui il governo aveva approntato il piano nucleare. In Italia infatti ci sono ancora diverse migliaia di tonnellate di scorie radioattive da sistemare e l’agenzia per la sicurezza nucleare non è andata mai in funzione. Il suo presidente Veronesi ha declinato recentemente l’incarico dicendo che lui non si sente di fare il guardiano delle scorie: eppure era stato proprio lui a dichiarare che le scorie erano innocue e che se le sarebbe tenute perfino nella sua camera da letto!
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