Difesa corporativa del ministro degli Interni e del Prefetto di Roma dopo i pestaggi del #12A
Dopo le polemiche e i video dei pestaggi di manifestanti a terra da parte di agenti di polizia il 12 aprile, arrivano gli sfoghi e le apologie del ministro degli Interni Angelino Alfano e del prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro. Il capo del Viminale: “Vieto i cortei e proporrei il numero identificativo per i manifestanti”. Il prefetto: “Le vere vittime sono i poliziotti”. Di Sabato: “Disegno neo-autoritario”.
Hanno taciuto per sei giorni, pressati dal polverone sollevato dai media e corredato di video e immagini sulla condotta di alcuni agenti di polizia durante la manifestazione del movimento per la casa il 12 aprile nella capitale.
Oggi, invece, il ministro degli Interni Angelino Alfano e il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro sono tornati sul tema con veemenza, facendo quadrato attorno alle forze dell’ordine e spendendosi in apologie dal sapore corporativo.
Parlando dell’agente che ha calpestato una ragazza a terra, definito un “cretino” dallo stesso capo della Polizia Alessandro Pansa, il prefetto di Roma ha invece minimizzato, parlando di un “comportamento inspiegabile” adottato “forse per dare una mano ai suoi colleghi” e dettato da “frenesia e frustrazione”.
Una difesa che, nelle parole di Pecoraro, diventa ancora più esplicita quando parla di tutto il personale impiegato per la gestione dell’ordine pubblico. Nell’intervista rilasciata a “La Repubblica”, infatti, il prefetto dipinge come vittime i poliziotti e non i manifestanti da essi pestati.
Ancora più forti le parole del ministro degli Interni Angelino Alfano, che in uno sfogo mostra cosa pensa realmente della libertà di manifestare. “È inaccettabile che il centro storico di Roma sia sottoposto a rischio di saccheggio ogni due o tre mesi – sbotta Alfano – Non vorremmo che ci costringessero a vietare in queste manifestazioni l’accesso al centro storico“.
Secondo il titolare del Viminale “la polizia è un corpo sano” che difende le città italiane “dai saccheggiatori” ed è quindi “inaccettabile che finisca sotto accusa”.
E ancora: “sono insopportabili gli attacchi alla polizia da parte dei giornali che mostrano solo le foto contro i poliziotti”.
Quanto al numero identificativo per gli agenti, Alfano spara sicuro: “Sono contrario. Se questi sono i manifestanti, io il numero identificativo lo metterei a loro… vengano loro alla manifestazione con il numero identificativo”.
Per Italo Di Sabato dell’Osservatorio contro la repressione, le parole di Alfano e di Pecoraro sono l’espressione ben ponderata di un “disegno neoautoritario e repressivo“. Un disegno secondo cui “una vetrina vale di più della dignità di una persona”.
Il messaggio lanciato, sostiene Di Sabato, è che “se non hai una casa o un lavoro non è colpa di chi specula e sfrutta per fare profitto, ma è colpa tua che sei un reietto ed uno sfigato”.
Per questo, secondo Di Sabato, dobbiamo aspettarci che la repressione continui, visto che il governo e il potere la utilizza per difendere i propri privilegi e annullare il dissenso.
Sulla condotta del poliziotto che, secondo il prefetto di Roma, avrebbe agito per frenesia e frustrazione, per il portavoce dell’Osservatorio contro la repressione c’è un problema di formazione delle forze dell’ordine che non comincia certo oggi.
“Ormai nella polizia non si recluta più per concorso ma per titoli ed esperienze in scenari di guerra. La formazione non prevede la gestione e la prevenzione degli scontri di piazza, ma il modello è quello degli stadi e, appunto, degli scenari di guerra”.
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