Baltimore: la protesta che spaventa Obama
Il ritorno dei neri sulle barricate è un problema che si stratifica su più livelli: 1) perché mostra che la linea del colore è lungi dall’essere sorpassata e inoperante nella gerarchia sociale americana (al punto che i neri continuano ad essere “più uccidibili” dei bianchi); 2) perché una protesta di tale portata – estesa nel tempo e intensa nella radicalità – mostra in tutta chiarezza la mancata (quanto annunciata) uscita dell’America dalla crisi e riporta in superficie le profondità delle contraddizioni che continuano a tarsformare l’american dream in un incubo ad occhi aperti, normalmente impercepibile perché lontano dai riflettori, ma soprattutto – ed è l’aspetto più importante – 3) la disperazione del proletariato nero non sembra questa volta accontetntarsi delle parole di dialogo e recupero dei suoi autonominatisi rappresentanti black entrati nella middle class (politicians e professionals) e iniziano, pur embrionalmente, a scuotere la un tempo apatica middle class bianca impoverita dalla crisi – in particolare i suoi settori più attivi e consapevoli già attivatisi nei vari Occupys.
La messa a critica pubblica della violenza poliziesca sta diventando un fattore politico di possibile ricomposizione e la tenuta della piazza – fatto tutt’altro che scontato nella vita politica e sociale statunitense (dove le manifestaziuoni sono rare e ancor più raramente i permessi vengono accordati) – un limite già valicato ma insostenibile per l’establishment politico istituzionale. Tra promesse e minacce la Guardia Nazionale (i.e. l’esercito) si prepara a marciare su Baltimore e le eventuali altre città turbolente.
Ascolta l’intervista con Gabriele Proglio, visiting professor alla UC di Berkley (RadioBlackOut):
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