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Caserta tra mondo della formazione e lotta per i Beni Comuni

 

L’Italia tutta è attraversata da forti sommovimenti che vedono protagonisti soprattutto studenti medi: le giornate del #5O, del #14N, del #6D e, sul territorio casertano, quella del #3D ne sono state la prova chiara e palese. E pensare che, in questi ultimi anni, molti si erano chiesti dove fossero finite le nuove generazioni. Taluni avevano trovato risposte molto banali, riducendo il tutto all’affermazione “è una generazione troppo ostaggio del capitalismo e del consumo, dell’iphone o di facebook” oppure troppo esigente, per dirla con le parole della Ministra Fornero: troppo “Choosy”. Quando poi questa generazione si è materializzata in piazza, con virulenza, con convinzione radicale, tutti hanno subito iniziato a distinguere. In primis una distinzione strumentale tra buoni e cattivi che caratterizza un pò la strategia di dominio dei poteri nostrani anche allo scopo di ignorare le motivazioni reali del conflitto sociale. Gli studenti, però, questa distinzione non l’hanno fatta. Non l’hanno fatta perché si identificano in un tutt’uno,  in una generazione senza futuro, anzi, senza presente. Allora cercano di riprenderselo, di riappropriarsi di ciò che gli è stato tolto ma che gli appartiene e quando scendono in piazza si difendono dal braccio armato dello Stato, dalla repressione, con la stessa serenità con la quale parlano dei diritti negati. Questi giovani ci hanno mostrato il loro irresistibile furore di vivere, la loro volontà di  insorgenza contro la precarietà e l’immiserimento della vita che il vecchio mondo continua, caparbiamente, a produrre. Ovviamente portano con sé nuovi modelli e li mettono in mostra, non usano più la vecchia comunicazione mainstream; creano circuiti e linguaggi in rottura con il vecchio modo di fare politica. Una generazione compiutamente precaria che si mostra con tutta la sua forza d’urto e che, per questo, mette paura. E la classe politica casertana, screditata e priva di qualsiasi credibilità, fa bene a preoccuparsi.

 

Niente di particolare, o di tanto particolare, se non si considerassero due elementi importanti e di cui tener conto e che, intrecciandosi insieme, danno l’idea della portata di quello che sta avvenendo. Il primo elemento è di carattere quantitativo: in questo territorio non si vedeva un movimento studentesco di questo livello da almeno 15 anni. Il secondo attiene ad un piano qualitativo, che discende direttamente dal carattere delle rivendicazioni espresse. Quello che sta avvenendo è il messaggio chiaro di una generazione e della propria rabbia, della propria rabbia radicale, indisponibile, beffarda dei ricatti, una rabbia di una generazione che come prima esigenza ha palesato quella di rovesciare l’etichetta della generazione “hogan e i-phone”, riuscendoci, a nostro avviso, benissimo! “Non ci rappresenta nessuno” si scandiva nelle piazze del 5 Ottobre e del 14 Novembre, e lo slogan non è rimasto imbalsamato nel rituale del conflitto di piazza, esso è stato anzi perno di creazione di contropotere, di un fenomeno di autogestione e di occupazione degli istituti senza pari, passando da alcune vere e proprie cittadelle studentesche autorganizzate ad esperienze certamente con più limiti e contraddizioni, soprattutto negli istituti privi di una componente studentesca politicizzata e autonoma, ma comunque interne ad un fenomeno di riappropriazione generalizzato, di conflittualità, di presa di parola, di ripresa in mano del presente per riedificarlo sulla base dei bisogni in maniera antagonista.

 

Corsi autogestiti, seminari di autoformazione, proiezioni, assemblee con il movimento NoGas, concerti, eventi di tutti i tipi: le scuole della provincia di Caserta sono diventate in questi giorni un laboratorio di crescita, di democrazia, di conflitto. Le stesse cittadine che ospitano gli istituti vivono fenomeni del tutto inediti: i paesi, le città, brulicano di giorno e di notte di studenti tra presidi, volantinaggi, cortei selvaggi, assemblee autogestite, attacchinaggi, striscioni. Un fermento che, seppur con vari limiti come dicevamo, ha saputo in alcuni casi brillantemente uscire dallo studentismo tout court, interconnettendosi con altre soggettività, dai movimenti per la difesa dei Beni Comuni alle esperienze di riappropriazione e di liberazione degli spazi. Un movimento capace di rilanciare in avanti senza timore, di crescere, di rompere gli argini come avvenuto lo scorso 3 dicembre durante la contestazione al ministro Profumo che sarebbe dovuto intervenire per l’inaugurazione dell’anno accademico della SUN: la Seconda Università di Napoli è finita nel mirino dei movimenti in quanto considerata “a gestione familistico-clientelare” essendo fortemente influenzata dalla vecchia politica del presidente della provincia Mimì Zinzi (UDC) e dell’assessore all’ambiente Mastellone docente della SUN e, insieme al preside della facoltà di ingegneria Di Natale, tra i maggiori sponsor del progetto del gassificatore di Capua.

 

Gli studenti non chiedono di allinearsi agli standard europei così come i movimenti per i Beni Comuni rifiutano la trappola della mediazione istituzionale con chi per decenni ha avvelenato la terra in una commistione tra istituzioni e poteri criminali all’insegna del profitto privato, nessuno ripropone la retorica del “siamo aperti al dialogo”, un dialogo impossibile tra sfruttatori e sfruttati.

 

Frutto, come abbiamo visto, anche della nuova composizione del proletariato giovanile, persistono e crescono in maniera sempre più conflittuale istanze e lotte indisponibili alla mediazione e determinate a sottrarsi al ricatto dell’austerity (che si aggiunge a quello dello sfruttamento e della schiavitù del lavoro salariato) e, sul nostro territorio, alle pratiche di sistematica subalternità del meridione. Lotte diversificate e trasversali che vivono anche sul piano del diritto al reddito e della precarizzazione del lavoro (vedi Ilva, Ikea, o, qui in provincia Oma sud, RDB): lotte che si oppongono ad un capitalismo tanto rapace quanto libero da vincoli di sorta,  spudorato nell’imporre le proprie ferree prescrizioni alle istituzioni e alle forze politiche poste al suo servizio. In questo senso, il Fiscal Compact, che sottrae finanche alle borghesie nazionali la possibiltà di scegliere la propria via allo sfruttamente e subordina agli interessi del capitale finanziario europeo il benessere di milioni di persone, rappresenta il culmine di questa tendenza. Come dire: chiunque governerà il Paese dovrà interpretare la parte del macellaio!

 

In provincia di Caserta, in risposta al vuoto causato dal crollo della rappresentanza e della credibilità di istituzioni incapaci di garantire ulteriormente la governance clientelare che fino ad oggi manteneva la pace sociale, giorno per giorno si anima e si rafforza con il radicamento territoriale un movimento che lega alla battaglia per la riappropriazione dei Beni Comuni (che è una lotta contro la proprietà privata con la quale si difendono innanzitutto salute ed ambiente), come quella portata avanti dal movimento NoGas, una più generale rivendicazione del diritto alla vita animata da studenti e precari, che non corre dietro alle date ma che detta l’agenda delle mobilitazioni, che si riprende tanto le scuole quanto la stessa terra, strada per strada, albero per albero, senza delegare e puntando sulla capacità che ha di costruire giornate di lotta, arrivando sotto i palazzi del potere quando necessario. Questo movimento, attraverso il 5 ottobre, il 14 novembre, il 3 dicembre casertano e le altre date a venire ha dimostrato e dimostrerà di avere una vocazione costituente.

 

La contaminazione tra questi movimenti alimenta, dunque, un’esperienza foriera di nuovi legami sociali. Esperienza o, per meglio dire, esperienze che sviluppano autonomia in un continuo processo di riappropriazione reale, che hanno come filo conduttore l’opposizione all’austerità, l’opposizione alle politiche che hanno il volto della miseria e della disoccupazione,  capaci solo di tagliare ancora una volta quel che resta del pubblico come la sanità e le risorse per la cultura. Esperienze che nella loro componente maggioritaria sono slegate dai partiti e dall’associazionismo sindacale concertativo vista l’irrapresentabilità delle loro istanze.

 

Con la crisi si sono disgregati i meccanismi del welfare familiare; la precarizzazione della vita nel complesso e non solo del lavoro, ha imbrigliato tutti in una morsa, una morsa che occorre far saltare! La precarizzazione dev’essere piegata alla ricomposizione di una classe disgregata. Una classe-parte che si faccia movimento e che ha già saputo imporre gli scioperi delle scorse settimane agli stessi sindacati, ormai troppo asserviti e compromessi con il potere e la componente padronale.

 

Gli studenti hanno dimostrato che è arrivato il momento di distruggere quella retorica della meritocrazia, selettiva ed esclusiva, e di smetterla con la continua denigrazione di chi viene accusato di essere troppo esigente se non addirittura responsabile della propria condizione di precarietà. I movimenti tutti hanno deciso di riprendersi il presente, per creare ed organizzare la partecipazione, il dibattito e l’azione diretta, il dissenso verso la situazione economica e sociale del nostro Paese, la lotta politica per la trasformazione dell’esistente.

 

In questo quadro occorre sostenere con forza questo processo, senza paura nè tentennamenti. Occorre essere determinati nel favorire lo sgretolamento di ceti politici ed apparati che si alimentano del disagio sociale utilizzandolo esclusivamente per la riproduzione di sè stessi, favorire la costruzione di contropotere a partire dalla concreta esperienza della lotta sociale, riportando la politica ad un piano di immanenza, senza trasferimenti di sovranità. A partire dalla manifestazione del prossimo 15 dicembre a Capua, convocata dal movimento NoGas, ricostruiamo un fronte comune che abbia come piattaforma la riappropriazione del presente!

 

c.s.o.a Tempo Rosso 

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