Cgil verso lo sciopero generale!
La Cgil ha promesso battaglia. Sul sito del sindacato si legge: “L’obiettivo principale del governo sembra essere proprio quello di introdurre la libertà di licenziamento. La riforma è squilibrata anche per quanto riguarda il superamento del dualismo del mercato del lavoro. […] Con la proposta governativa viene meno l’effetto “deterrente” dell’articolo 18. E’ anche molto significativo il fatto che la parte relativa all’articolo 18 non sia mai stata davvero messa in discussione e che il problema della lunghezza dei processi sia stato dirottato verso la riforma della giustizia. Come per le pensioni, ancora una volta i prezzi più alti si chiedono ai lavoratori. Ora la parola passa al direttivo.”
Il punto centrale riguarda le norme relative all’articolo 18 e alle possibilità di licenziamento. La proposta del governo è quella di suddividere in tre ambiti le cause del licenziamento individuale di un lavoratore: per motivi discriminatori, disciplinari o economici.
Per i motivi individuati come discriminatori il lavoratore è reintegrato sul posto di lavoro, a meno che non opti per un indennizzo. E questo vale per sia per le imprese con più di 15 dipendenti sia per quelle più piccole. Per motivi disciplinari la decisione spetta al giudice e in mancanza di una giusta causa, può scegliere per i casi più gravi il reintegro, mentre per tutti gli altri casi il magistrato può indennizzare il lavoratore illegittimamente licenziato con un numero di mensilità compreso tra 15 e 27. Mentre per motivi economici la proposta prevede solo un indennizzo economico al lavoratore. Quando il giudice accerta che un licenziamento di un dipendente è stato stabilito senza giusta causa «oggettiva» nel senso di motivi economici legati a ragioni organizzative e produttive dell’azienda, come l’introduzione di macchinari che necessitano di minori risorse umane è previsto solo un indennizzo economico compreso tra 15 e 27 mensilità. Attualmente è previsto il reintegro anche nel caso in cui il magistrato accerti l’assenza di una ragione economica del licenziamento.
Questo ultimo punto è l’arma più affilata in mano alle imprese italiane. Poiché se passasse la proposta della Fornero che prevede – anche in caso di illegittimità – che le aziende siano obbligate al solo indennizzo. Le aziende (soprattutto quelle più piccole) seguirebbero sempre la strada del licenziamento individuale. E non solo, caduto l’obbligo di reintegro per il licenziamento economico individuale non ci sarà nessun imprenditore che licenzierà per motivi disciplinari, ma dichiarerà sempre che il problema è dei costi o di organizzazione.
Per fermare questa proposta che sta per approdare in parlamento, la Cgil va verso lo sciopero generale di 8 ore. E propone un pacchetto di 16 ore di sciopero: otto da dedicare ad assemblee nei territori, otto di sciopero generale in un’unica giornata. La data dello sciopero non è stata ancora definita, verrà decisa in base alla discussione parlamentare sulla riforma. Sarà accompagnata da assemblee sui luoghi di lavoro e a manifestazioni territoriali.
Il segretario confederale, Fulvio Fammoni ha dichiarato che la protesta “non sarà la fiammata che si esaurisce in un giorno, che il governo ha messo in conto. La Cgil è pronta a contrastare la riforma del mercato del lavoro e in particolare dell’articolo 18 – ha aggiunto -. Abbiamo il dovere di portare a casa dei risultati prima che si avvii un biennio di espulsione di massa nelle aziende”. Anche se (aggiungiamo noi) la pressione al governo doveva partire da prima poiché adesso i tempi sono decisamente difficili da rimontare.
Intanto a finire nell’angolo per il momento è il PD. Schiacciato fra l’appoggio al governo Monti e il proprio bacino elettorale, non riesce a trovare più alcuna formula che giustifichi l’alchimia politica, da un lato di sostegno alle politiche ultra liberiste di Monti, e dall’altro alla ricerca di voti nel mondo del lavoro dipendente.
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