InfoAut
Immagine di copertina per il post

Chiudere tutto, pagare tutt_

||||

In queste ultime ore il topic politico sta rapidamente diventando il reddito di quarantena, dopo essere stato nella settimana che ci lasciamo alle spalle, la chiusura della attività non essenziali. Questo slittamento avviene sia come conseguenza del parziale lock out, che come approfondimento in generale della crisi sanitaria che si sta rapidamente trasformando in economica.

 

Se il primo tema veniva sollevato dagli scioperi operai (sabotaggio) e vedeva come nemico Confindustria, questo secondo tema sta venendo sollevato da rapine e tentati espropri (riappropriazione) e vede come controparte il governo e – perché no?- le catene della Gdo. Il primo era maggiormente concentrato al Nord, il secondo, per il momento, esclusivamente al Sud. Provando a considerare i caratteri di classe e di contesto socioeconomico territoriali possiamo provare a fare alcune ipotesi e considerazioni. Per quanto riguarda la mobilitazione per la chiusura delle fabbriche e la sicurezza sul lavoro, al nord hanno giocato, oltre alla maggior diffusione del virus, la presenza di un tessuto industriale e logistico più esteso e una sindacalizzazione più diffusa (gli scioperi erano certamente spontanei, ma agivano in un contesto dove il sindacato esiste e che infatti contestualmente ha coperto), mentre al sud questa mobilitazione si è limitata sostanzialmente nelle grandi fabbriche, soprattutto ex statali (che continuano a ricevere aiuti pubblici e dove i sindacati confederali svolgono un ruolo di contrattazione importante). Rispetto al tema del reddito e dell’accesso ai consumi, al sud ora stanno emergendo fragilità strutturali consolidate nei quartieri delle grandi città, l’assenza dei sindacati che fanno rispettare i contratti e arginano lo strapotere delle aziende (costringendole ad anticipare la cassa integrazione, a pagare le ferie ecc.), il maggior numero di disoccupati già in difficoltà in condizioni normali e soprattutto l’economia sommersa del lavoro nero (talvolta legato a quella realtà economica che è la “criminalità organizzata”) che di fronte alla chiusura delle attività e all’impossibilità di muoversi liberamente sul territorio non garantisce più reddito e non ci sono paracadute. Il tema che sta venendo sollevato ora dalla cronaca nel meridione diventerà, tuttavia, col passare dei giorni sempre più di rilevanza nazionale generalizzandosi a partire da questo nucleo più fragile. Infatti seppur le condizione specifiche del meridione lo rendono subito visibile, anche a livello nazionale la contraddizione è già ad un punto avanzato di maturazione. Indipendentemente dal tipo di contratto e di tutele se una qualsiasi azienda, vedendo calare il lavoro o chiudendo, non anticipa la cassa integrazione, i dipendenti vengono lasciati a casa in aspettativa, in ferie forzate (che possono andare anche in negativo quindi sottrarre salario) oppure non vengono rinnovati i contratti a termine aumentando la disoccupazione. Inoltre la cassa integrazione non garantisce nella stragrande maggioranza dei casi il 100% dello stipendio quindi chi era già con l’acqua alla gola viene spinto più giù. Chi ha un contratto a zero ore non viene semplicemente chiamato a lavorare. Chi aveva contratti part time, ma, nella giungla del diritti rappresentata dal mondo del lavoro italiano, lavorava molto di più, se lasciato a casa in ferie o anche messo in cassa integrazione vede dimezzarsi il proprio salario.
Dal governo arrivano risposte settoriali e che rischiano di diventare operative in ritardo rispetto alle ricadute della crisi sulla società e a contrapporre tra di loro segmenti sociali differenti. Ad esempio sta trattando con le banche per poter finanziare la cassa integrazione che però scatterebbe al massimo 15 giorni dopo il raggiungimento dell’accordo. Mentre per le partite iva la proposta dei 600 euro è assolutamente insufficiente, come in generale per tutti i lavoratori autonomi. Scricchiolii avvertiti anche all’interno del governo stesso se la viceministra all’economia Castelli (M5S) ha dichiarato che “gli autonomi vanno equiparati ai lavoratori dipendenti” (forse calcolandone il “salario” dalla dichiarazione dei redditi dell’anno precedente) perché “non possiamo permetterci una lotta sociale tra chi ha lo stipendio assicurato dalla cassa in deroga e chi no. Non ha torto chi dice che i 600 euro previsti sono meno del reddito di cittadinanza”. E nel caso dell’economia sommersa, come segnalato in precedenza, non è stato proposto nessun piano operativo, ma è la situazione più critica e che si sta già manifestando al Sud. Ma probabilmente la prima emersione è stata proprio nei giovani precari e studenti che vedendo mancare i loro lavoretti in nero o a zero ore nelle grandi città sono dovuti tornare in famiglia, spesso al sud, nel dileggio generale di chi non comprendeva o non voleva comprendere il dato di classe insito in questa “fuga”. Tuttavia questo caso dimostra la capacità del welfare famigliare in Italia di riassorbire una possibile rottura sociale, ma sulla durata sicuramente ci sarà un affaticamento. Il caso del lavoro nero nel meridione, invece, non è riassorbibile senza un intervento, al netto del possibile paracadute a monte costituito dall’erogazione del reddito di cittadinanza a chi elude i controlli. Tuttavia seguendo una logica che lega il reddito al lavoro questo problema è irrisolvibile anche a livello degli strumenti a disposizione. Come si individua chi lavora in nero? Quale trattamento riservare ai datori di lavoro? Trattandosi di un reato andrebbe dunque sanata la loro posizione? E dopo come si inquadra la posizione lavorativa del dipendente? Il ricorso ad una misura come il cosiddetto reddito di quarantena sembra dunque l’unica strada percorribile. Da qui la sua attualità sollevata da più parti. Il ministro per il Sud Provenzano (Pd), infatti, ha dichiarato, consapevole della situazione, la necessità di “misure universali immediate di sostegno al reddito” e per chi ha perso il lavoro ed è senza tutele “una cifra equa rispetto alla cassa integrazione: 1000-1100 euro al mese”, mentre in tutti gli altri casi, “ci dev’essere un compenso che garantisca la dignità”. E sempre la viceministra Castelli ha cominciato a parlare di “garantire reddito a tutti […] chiamiamolo reddito di emergenza, o reddito straordinario. Stiamo pensando di semplificare le procedure di accesso al reddito di cittadinanza, allargandolo a chi non ce l’ha, e senza le condizioni previste”. Tuttavia Renzi (Iv) per scongiurare questa ipotesi (“una scelta legittima, ma non è la mia”) e affermando che “la strada è una sola: convivere due anni con il virus”, propone di riaprire tutto prima dei tempi previsti, in barba a ogni evidenza epidemiologica, uscendo dalla contraddizione facendo ripartire anche l’economia sommersa altrimenti “i balconi presto si trasformeranno in forconi; i canti di speranza in proteste disperate”.

Quindi il doppio binario della riappropriazione come risposta immediata dal basso e della concessione di un salario di quarantena come risposta politica dall’alto si intrecceranno, forse si scontreranno. La celere di fronte ai supermercati di Palermo e non solo ne è una prima diapositiva.
Come movimenti dobbiamo farci trovare pronti perché se le rivendicazioni della prima istanza sollevata (la chiusura delle attività essenziali) pare essere scemata nella sua capacità di pressione politica per il tappo costituito dai Confederali ad andare fino in fondo, anche sul reddito di quarantena il governo e i partiti che lo compongono faranno altrettanto, ricorrendo alla repressione dove necessario. Anzi, di fronte alle misure in discussione tra governo e think tank vari si potrebbe dire che ormai il reddito di quarantena rischia di essere una rivendicazione decisamente al ribasso. Rilanciare su un reddito universale slegato dal lavoro (finanziato perché no in maniera creativa attingendo anche ai grandi patrimoni privati e riappropriandoci del valore sui dati che cediamo alle compagnie della new economy) può essere una rivendicazione minima all’altezza della sfida. Immaginando come articolare questa istanza coi conflitti sui luoghi di lavoro e le istanze di sabotaggio e riappropriazione che stanno emergendo. Anche perché sono tantissime le figure sociali, basta solo pensare a lavoratori e lavoratrici domestiche o a student_, che rimarrebbero escluse da provvedimenti più circoscritti. Inoltre la tensione a sganciare la vita dalla valorizzazione tramite il lavoro deve emergere nei momenti di crisi e possibilità.

Per concludere, non si può non registrare che il nuovo picco di 969 morti di venerdì con di nuovo la Lombardia protagonista di questa tragica statistica potrà ravvivare la polemica sul lock out integrale.  Inoltre, l’accordo sulle attività essenziali, dove non ha inciso sta venendo in molti casi boicottato dai lavoratori. Ad esempio nella logistica dove i lavoratori continuano la lotta per imporre alla aziende la firma di protocolli aggiuntivi a tutela della propria salute e per la movimentazione delle sole merci veramente essenziali. Ma anche con malattie di massa e assenteismo che stanno facendo innervosire i padroni e allargandosi, come dimostra il caso della Camac Modena, addirittura alla filiera essenziale (alimentare) dove si vive una condizione di sfruttamento quotidiana e il “capitalismo di guerra” imposto nelle aziende sembra davvero troppo.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Bisognidi redazioneTag correlati:

CORONA VIRUSlavoro

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Gli operai di Forlì occupano la fabbrica e vincono la vertenza

Lavoravano per 12 ore al giorno percependo uno stipendio adeguato a otto ore lavorative, privati di qualsiasi livello di sicurezza e l’alloggio previsto in realtà coincide con lo stesso capannone senza riscaldamento con i materassi buttati a terra. Gli operai hanno bloccato lo stabilimento di mobili e allestito un presidio davanti all’azienda.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Il sintomo Mangione

Si è già detto tutto e il contrario di tutto sull’identità di Luigi Mangione, il giovane americano che qualche giorno fa ha ucciso a Manhattan il CEO di United HealthCare…

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Calenzano (Firenze): esplosione nel deposito ENI

Enorme esplosione al deposito della raffineria Eni di Calenzano (Firenze) con un bilancio di 4 lavoratori morti, 26 feriti di cui 2 gravi.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Cosa succede in città: il turismo

Apriamo questo ciclo di trasmissioni che affronta l’ennesimo grande evento che si affaccia su questa città: il Giubileo.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Milano: “Verità per Ramy e Fares”. In 600 alla fiaccolata al Corvetto

“Verita’ per Ramy e Fares”. Sabato 30 novembre a Milano una fiaccolata  in ricordo di Ramy Elgaml. Centinaia di persone si sono ritrovate alle ore 19.00 in Piazzale Gabrio Rosa al Corvetto per poi raggiungere il luogo dove Ramy è deceduto dopo un incidente stradale a seguito di un inseguimento di un’auto dei carabinieri durato 8 chilometri, su cui indaga la Procura.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

29 novembre: sciopero generale

Proponiamo di seguito una rassegna di approfondimento verso lo sciopero generale del 29 novembre a partire dalle voci collezionate durante la settimana informativa di Radio Blackout

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Un rito meneghino per l’edilizia

Sul quotidiano del giorno 7 novembre, compare un suo ultimo aggiornamento sotto il titolo “Il Salva-città. Un emendamento di FdI, chiesto dal sindaco Sala, ferma i pm e dà carta bianca per il futuro”.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

La parabola della salute in Italia

È un potente monito in difesa del Servizio sanitario nazionale quello che viene dall’ultimo libro di Chiara Giorgi, Salute per tutti. Storia della sanità in Italia dal dopoguerra a oggi (Laterza, 2024). di Francesco Pallante, da Volere la Luna Un monito che non si limita al pur fondamentale ambito del diritto alla salute, ma denuncia […]

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Cuba: blackout ed embargo

Cuba attraversa la sua maggiore crisi energetica, con la pratica totalità dell’isola e con 10 su 11 milioni di abitanti privati di elettricità.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Movimento No Base: Fermarla è possibile. Prepariamoci a difendere la nostra terra!

Da mesi le iniziative e le mobilitazioni contro il progetto strategico di mega hub militare sul territorio pisano si moltiplicano in un contesto di escalation bellica in cui il Governo intende andare avanti per la realizzazione del progetto di base militare.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Strike in USA. Sulla conflittualità sindacale negli Stati Uniti.

Abbiamo parlato con Vincenzo Maccarrone, corrispondente del Manifesto, dell’aumento della conflittualità sindacale negli Stati Uniti

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Dall’India a Monza: il capitalismo è fondato sulle stragi di operai

Moustafa Kamel Hesham Gaber, un giovane di 21 anni proveniente dall’Egitto, è morto a Monza trascinato da un nastrotrasportatore di una azienda – la Corioni – che compatta rifiuti.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Inauguriamo una nuova stagione di lotte al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori della Next Elettronica di Piano Lago!

Il sogno e la lotta sono due facce della stessa medaglia. Scaturiscono da una percezione della realtà come stato delle cose da modificare profondamente e da una volontà di cambiare radicalmente ed eversivamente lo status quo.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Lavoro digitale: intervista ad Antonio Casilli

Collegato con noi c’è Antonio Casilli, professore dell’Istituto Politecnico di Parigi e autore di diversi lavori, tra cui un libro pubblicato in Italia nel 2021, Schiavi del Click.  Fa parte del gruppo di ricerca DiPLab. Intervista realizzata durante la trasmissione Stakka Stakka su Radio Blackout Di seguito la puntata completa: Qui invece l’estratto audio dell’intervista: Allora Antonio, […]

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Contro la vostra “pace” e il vostro “lavoro” la lotta è solo all’inizio

Primo maggio a Torino: con la resistenza palestinese, contro il governo della crisi sociale.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Lotte operaie: bloccato per ore a Tortona un intero polo della logistica. Alle 20 si replica

Sciopero nazionale della logistica promosso da Si Cobas, Adl Cobas, Cobas Lavoro Privato, Sgb e Cub, esclusi dal tavolo di rinnovo del Ccnl, nonostante la forte rappresentatività tra facchini, driver e operai.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Lavoro: maxi-sequestro a GS (Gruppo Carrefour). Quale futuro attende lavoratori e lavoratrici?

Si arricchisce di ulteriori dettagli il maxisequestro della Procura di Milano (65 milioni di euro) a Gs spa, il gruppo di 1.500 supermercati italiani di proprietà del colosso francese Carrefour.

Immagine di copertina per il post
Culture

Altri Mondi / Altri Modi – Conclusa la seconda edizione. Video e Podcast degli incontri

La seconda edizione del Festival Altri Mondi/Altri Modi si è chiusa. E’ stata un’edizione intensa e ricca di spunti: sei giorni di dibattiti, musica, spettacoli, socialità ed arte all’insegna di un interrogativo comune, come trovare nuove strade per uscire dal sistema di oppressione, guerra e violenza che condiziona quotidianamente le nostre vite?

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Uscita la legge europea sull’Intelligenza Artificiale: cosa va alle imprese e cosa ai lavoratori

Il 13 marzo 2024 è stato approvato l’Artificial Intelligence Act, la prima norma al mondo che fornisce una base giuridica complessiva sulle attività di produzione, sfruttamento e utilizzo dell’Intelligenza Artificiale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libia: scioperi e blocchi negli impianti di gas che riforniscono l’Eni

Il 20 Febbraio 2024 i membri del gruppo libico Petroleum Facilities Guard (PFG) hanno bloccato i flussi di gas in un complesso facente capo alla “Mellitah Oil & Gas” nella città di Al-Zawiya.