Da 4 licenziati politici a 30 indagati: la lotta alla Safim fa paura!
Un po’ di Storia
Il sito dell’azienda protagonista di questa ordinaria vicenda di sfruttamento e prevaricazione (http://safim-srl.it/group/storia/) ci racconta la storia di una virtuosa azienda familiare in anticipo sui tempi: nel 1934 nasce la “Società Anonima Franco-Italiana Merluzzi” (S.A.F.I.M.), specializzata nella lavorazione ed essiccatura del baccalà, in quel di Avigliana. Negli anni 1950 il primo salto tecnologico con l’introduzione della surgelazione industriale, agli albori del boom e della neonata industria del cibo a lunga conservazione. Negli anni ’80 un altro salto: seguendo le trasformazioni del lavoro innescate dalla globalizzazione, la premiata ditta inizia a spostarsi anche sul terreno del trasporto e gestione delle merci immagazzinate (logistica). Dal 2008 l’azienda si trasferisce a None, dove ha sede tutto ra in localita Palmero con “oltre 10.000 mq. di magazzini frigoriferi”.
Fino a qui tutto bene… la lunga storia di un’azienda familiare di successo, ai passi coi tempi e frutto del più celebrato “genio imprenditoriale italico”, senonché…
Senonché poco o niente sappiamo delle condizioni di lavoro che hanno determinato questo successo, dei licenziamenti che hanno scandito ogni ristrutturazione e allargamento, delle tipologie contrattuali imposte ai lavoratori, delle loro speranze e resistenze. La lotta degli sfruttati raramente raggiunge la dignità della citazione e la Storia è sempre quella dell’eroismo aziendal-padronale. Per una cronaca operaia della lotta (grande o piccola che sia) esistono decine di opere che declamano, nella fredda lingua dell’impresa, astuzia e lungimiranza del Padronato.
La storia di Mahmud, Said, Mohamed e Amid (la storia di tanti lavoratori immigrati)
La storia che qui ci preme raccontare è quella di questi 4 ragazzi egiziani, che iniziano a lavorare per la suddetta azienda nel 2009 (uno nel 2011). Il racconto dell’esperienza fatta nei primi anni di lavoro è tanto inaudita quanto tristemente ordinaria per migliaia di migranti che, giunti nel nostro paese, vengono risucchiati nel calderone del lavoro precario e senza diritti (legale o meno): turni di 12/14 ore, straordinari pagati una tantum, nessuna spiegazione circa i diritti legalmente posseduti o sul come si legge una busta paga, firme in bianco, pacche sulla schiena. Nel loro racconto (qui un’intervista a radio Blackout dove raccontano la loro storia) l’arco di tempo che va dal 2009 al 2014 si riassume in una sola frase “…era la schiavitù” (da notare che sotto questa cornice narrativa si riassume anche il tesseramento nella Cisl, la quale, interpellata dagli interessati, li ha sempre rassicurati sulla piena legalità e norma del trattamento loro riservato – uno dei delegati, si scoprirà nelle lotte vertenziali del biennio 2014-2015, era in rapporti di parentela coi capi del personale).
L’iscrizione al sindacato Si Cobas, nel 2014, e le lotte che fino ad oggi sono state portate avanti, corrispondono per loro alla fase del riscatto e della dignità.
Per tornare momentanemaente alla “Storia dell’Azienda” gli anni dal 2009 al 2013 – proprio quelli cha hanno corrisposto all’esperienza dei 4 lavoratori egiziani – hanno visto l’apertutra di un nuovo magazzino e l’allargamento dell’organico aziendale dalla ventina di operai aziendali agli oltre 250 odierni… Quando ci viene raccontato di certi grandi miracoli imprenditoriali, se scaviamo un po’ oltre la coltre superficiale dell’auto-rappresentazione padronale, scopriremmo forse storie analoghe di prevaricazione e sfruttamento!
Questi anni, dicevamo, sono stati anni di lotta dura esenza mediazioni: numerosi scioperi accompagnati da picchetti e blocchi dei camion in entrata, talvolta scanditi da una massicci presenza di digos, carabinieri e celere in asetto anti-sommosa. Ci sono stati anche alcuni gravissimi episodi di crumiri interni armati (a spranghe e bastoni) dai capi e aizzati contro gli scioperanti. Ma la lotta ha avuto un suo successo: è stato firmato un nuovo contratto uguale per tutti e molti lavoratori sono stati assunti a tempo indeterminato.
“Tradimento”
Il nuovo capitolo di questa storia è la determinazione di questi lavoratori nell’ottenere quanto sarebbe – formalmente – loro riconosciuto dall’accordo testé siglato dall’organizzazione sindacale. Un punto di frizione è quello realtivo al “tombale”, una pratica di condono in cui al pagamento di una somma di denaro, si ottiene la estinzione automatica di tutte le pendenze (cioè di tutto il dovuto pregresso in termini di straordinari… ecc). È che sulla somma non c’è accordo tra rappresentanza sindacale (SìCobas) e ditta (Safim srl): a un veloce conteggio, l emolte ore distraordinario non precedentemente corrisposte verrebbero remunerate in media 1 euro l’ora!
I nostri, secondo quanto prescritto dalla legge, si rivolgono con un’istanza all’Ispettorato del Lavoro. Il risultato: il loro licenziamento immediato perché “è venuto meno il rapporto di fiducia”.
Sono dunque ripartiti i blocchi ai cancelli, quasi sempre svolti a sorpresa e senza preavvizo, arrivando in molti casi a produrre danni non irrilevanti all’azienda (si tratta di cibo surgelato).
Un’assemblea solidale partecipata ….
Nel frattempo il sindacato, radicato in diversi comparti della logistica, ha costruito per la giornata di sabato 25 febbraio un’assemblea cittadina di solidarietà, per fare di questa vicenda un caso politico. Ne è sortita un’assemblea partecipata da circa 180 persone: moltissimi lavoratori migranti, tendenzialmente iscritti al SìCobas (facchini, magazzinieri, autisti), realtà sociali di lotta (centri sociali, percorsi cittadini di mobilitazione, movimento No Tav) e sindacati di base.
Chiunque ha partecipato a quell’assemblea può testimoniare che non si è trattato di un’assemblea tra le tante: l’80 % delle presenze rifletteva la composizione dei lavoratori della logistica, in massima parte migranti (perlopiù nordafricani, ma anche centrafricani e est-europei) e alcune significative minoranze di lavoratori italiani. Si sentiva nell’aria la presenza di segmenti della forza-lavoro normalmente invisibili (a queste latitudini) e portatrici di bisogni negati.
… e un’azione penale d’assalto (il ritorno di Padalino e Rinaudo)
Non sappiamo quanto la partecipazione di quell’assemblea è i suoi contenuti abbiano spaventato la Questura cittadina e un certo padronato che sullo sfruttamento di questa forza-lavoro si è arricchita (ribadiamo: la Safim tra il 2009 e il 2014 ha decuplicato i suoi dipendenti!). Fatto sta che pochi giorni fa sono state consegnate una trentina di denunce contro altrettanti lavoratori per la partecipazione ad uno sciopero (con blocco delle merci) avenuto nella primavera di un anno fa. Una giornata di lotta come da due anni se ne sono susseguite tante a quei cancelli.
A stupire è lo strano tempismo di queste denunce (avviso di indagine conclusa, promessa di un processo futuro). A rinforzare la convinzione che si tratti di un’intimidazione politica è la data di firma dei giudici: settembre 2016… Come mai queste denunce giungono solo oggi? La conferma della finalità tutta politica giunge anche dai firmatari dell’indagine: i solitipadalino e Rinaudo, alfieri della repressione di ogni lotta di una certa importanza sviluppatasi in questo territorio: lotta per la casa, movimento No Tav, mobilitazioni studentesche… come farci mancare un po’ di sana reprssione controla forza-lavoro che alza la testa. Nelle testimoniaze dei lavoratori interessatid a queste denunce vengono inoltre riportate le minacce nenache tanto velate di non esporsi troppo perché in gioco c’è pur sempre (anche) il rinnovo del permesso di soggiorno: incudine che pesa sulla testa di ogni migrante che in questo paese ha deciso di alzare la testa e battersi per i propri diritti!
Contro questi ricatti e provoicazioni Mahmud, Said, Mohamed, Amid e il sindacato SìCobas rilanciano e invitano compagn* e solidal* a una giornata di lotta e mobilitazione per domani, venerdì 17 marzo. Qui di seguito l’appello:
(in fondo alleghiamo anche un articolo dell‘Eco del Chisone di qualche giorno fa, unico organo di informazione che ha riportato la vicenda)
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LA SAFIM DENUNCIA 30 OPERAI ( i PM Padalino e Rinaudo accolgono )
PER UNO SCIOPERO DI UN ANNO FA’
DOPO AVER LICENZIATO 4 RAPPRESENTANTI SINDACALI
I “Crivello” proprietari della Safim, dopo aver per anni schiavizzato i lavoratori, dopo essersi arricchiti con uno spudorato sfruttamento, vigliaccamente, denunciano chi ha protestato, dopo aver licenziato i lavoratori che li hanno denunciati alle Autorità.
La Safim non conosce il rispetto e la dignità di chi lavora,
vuole solo schiavi !
Queste denunce sono un grave attacco al diritto di sciopero, che da tempo i padroni cercano di eliminare .
LA LOTTA DEI LICENZIATI POLITICI SAFIM, ORMAI STA DIVENTANDO LA LOTTA PER LA DIGNITA’ DI TUTTI I LAVORATORI CHE NON ACCETTANO RICATTI, PRECARIETA’ E REPRESSIONE,
MA ANCHE QUELLA DEI LAVORATORI IMMIGRATI CHE SFRUTTATI COME SCHIAVI, SONO RICATTATI PER IL RINNOVO DEL PERMESSO DI SOGGIORNO.
VENERDI’ 17 MARZO (dalle 11 alle 24)
TUTTI ALLA SAFIM
SCIOPERO !
Via Supeja Gallino, fraz. Palmero – None
PARTENZA NAVETTA BUS : ORE 10 CAAT (MERCATI GENERALI) – ORE 10,30 P. CAIO MARIO (C. URSS ang v. Settembrini
Ore 11,30 CAAT ore 12 P. Caio Mario (c. URSS ang v. Settembrini)
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Per una rete di resistenza operaia
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