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Emilia senza Cie

Dopo Bologna anche a Modena il Cie chiude e l’Emilia Romagna è finalmente libera dai centri di identificazione ed espulsione per migranti. Per ristrutturazione, dicono. Ma dietro a questa pretesto si nasconde, goffamente, l’incapacità di continuare a portare avanti un sistema non più sostenibile e che ha perso ogni credibilità, se mai l’ha avuta.

Lavori di ristrutturazione ma un forte punto di domanda per la sua riapertura. Il sindaco di Modena si augura la chiusura del Centro ma non in via definitiva. Il sogno sarebbe quello di trasformarlo in un altro luogo di detenzione per andare a risolvere la questione delle carceri affollate. Le dichiarazioni di Pighi sindaco di Modena: “Chiudiamo il Cie che sta solo creando problemi alla città e usiamo quell’edificio per affrontare con determinazione, percorrendo strade innovative, l’emergenza delle carceri stracolme e disumane”.

Allo stato attuale la nostra regione non ha più i Cie. Entrambi voluti fortemente dalle amministrazioni targate Pd e gestite in prima istanza dalla Misericordia con a capo il fratello gemello del politico Giovanardi. Dopo di che per una serie di vicende e lotte interne a livello gestionale della struttura, la stessa è passata di mano al Consorzio siracusano L’Oasi, dopo una gara al massimo ribasso: dagli 80 euro al giorno per migrante detenuto, si è passati a 28/30 euro.

Il risultato? I racconti di chi è entrato nei mesi prima della chiusura nel Cie di Bologna parlavano di finestre rotte, riscaldamento non funzionante ( in pieno inverno), melma fino alle caviglie nei bagni, condizioni sanitarie da campo di guerra. Non è stato da meno il Cie di Modena dove negli ultimi mesi ha visto il nascere di numerose rivolte, fino ad arrivare all’oggi con l’intervento dei Nas per verificare lo “stato di salute” della struttura. Non è un caso che i migranti che hanno partecipato all’ultima rivolta nel Cie di Modena, portati di fronte al giudice che ha convalidato il loro arresto, hanno mostrato di essere stati infestati da parassiti attraverso i materassi del centro, come non è un caso l’ennesimo tentativo di fuga fa da parte di un migrante che mentre veniva trasportato dalla polizia di Modena a Torino è riuscito per alcune ore a scappare mandando all’ospedale i due agenti di polizia, dimostrando ancora una volta il trattamento fascista della forza pubblica rispetto a queste persone, perché il problema non è solo il luogo ma anche di forza pubblica.

Ma non sono che gocce dentro ad un vaso già traboccato per i migranti che si ritrovano rinchiusi senza sapere per quanto, fino a 18 mesi senza alcuna attività volontaria o obbligatoria, dove l’unico modo per segnalare un problema, di salute o legale, è l’autolesionismo: bocche cucite, lamette, pile o vetri ingoiati.

Ma il consorzio L’Oasi ha fatto di più: ha smesso di pagare gli stipendi agli operatori. E allora anche la Cgil e qualche deputato del Pd hanno cominciato ad alzare la voce e pronunciare, timidamente, la parola “chiusura”.

Oggi assistiamo ad un protagonismo dei ministri, onorevoli, senatori, politici e amministratori modenesi ed emiliani (targati Pd) nella lotta alla chiusura di questi centri, ma gli stessi sono stati in prima linea, all’atto del pensiero di creare questi centri, per volerli all’interno della città di Modena e Bologna, facendoli passare come un opportunità per le due città e per la regione. Di fatto si è trattato e lo è ancora una questione puramente politica e di soldi; da una parte quella politica per inseguire le politiche razziste della destra dovuta a una linee securitaria per non perdere voti rispetto alle destre, dall’altra hanno dato dimostrazione di una collaborazione economica con la stessa destra e i suoi personaggi, perché il gemello di Giovanardi non lo possiamo considerare un uomo della sinistra istituzionale. Questo personaggio per giustificare l’appalto dell’allora sua organizzazione, la Misericordia, ha sempre definito le strutture Cie come luoghi perfetti e senza problemi. Evidentemente i migranti non la pensano come lui, visto che toccano in prima persona le condizioni reali di questi lager.

Senza più appoggio politico e senza risorse economiche i due Cie sono stati messi in standby. Il Cie di Bologna doveva riaprire “tra 10 giorni”, ormai tre mesi fa: le risorse previste per i lavori erano 150mila euro, ridicole rispetto ai 775mila stanziati nel 2007. Per Modena la cifra non è nota.

Tutto fa immaginare che i Cie emiliani restino chiusi per molto, speriamo per sempre.

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