Il concerto della Pausini ammazza un operaio e ne ferisce due
I ritmi del lavoro per allestire un concerto sono massacranti, la sicurezza è sempre ridotta al minimo, dai facchini ai tecnici luci o audio, quando c’è da smontare non si può prendere un solo minuto di sosta. I furgoni devono partire, tutto deve essere pronto prima dell’alba e prendersi il tempo per una pausa e fumarsi una sigaretta molto spesso vuol dire non essere chiamati dall’agenzia sfruttatrice la volta dopo. Così capita che a partire in anticipo non siano i furgoni e i tir ma la vita di un operaio. Chi scrive ha lavorato spesso nell’allestimento dei palchi, avere quei 60 euro in più in tasca per 8 ore di lavoro fa comodo ed è probabile che, prima o poi, tornerà con tanti altri precari iper-sfruttati a spaccarsi la schiena saltuariamente perché c’è l’affitto da pagare, la bolletta, o la tassa universitaria non versata da un paio di mesi. Come altri centinaia di coetanei si ritroverà una notte a mangiare un panino in tutta fretta per poi entrare in quel trita carne che è l’allestimento palchi.
Non diciamo fesserie! Ogni cantante, che magari oggi viene definito star, nella sua carriera ha mangiato e parlato con decine e decine di operai che lavorano alla catena del suo spettacolo, ha visto con i propri occhi le condizioni in cui lavorano e come sempre avrà fatto finta di chiuderli, o chissà, non se ne sarà proprio interessato. Ci sono molti artisti in Italia che di questo qualunquismo fanno bella mostra, a volte ne cantano le lodi nelle proprie canzoni o altre lo spiegano ai giornaletti gossippari o durante interviste e interventi nelle trasmissioni televisive. Ma ce ne sono altri invece che non appena un movimento sociale o d’opinione si fa sentire non aspettano un minuto assieme al proprio manager per architettare campagne pubblicitarie per promuovere il nuovo LP facendosi supporter di quella o di quell’altra causa. E’ il caso di Jovanotti che per mesi ha sventolato bandiera arcobaleno durante la guerra in Irak e che raramente perde l’occasione per zompettare sul palco del Primo Maggio. Insieme a lui tutto uno stormo di cantanti che si mostrano sensibili alle cause sociali ma che poi fino a quando il proprio concerto non gli ammazza un operaio fanno finta di non vedere e di non sapere i livelli disumani di sfruttamento con cui si realizzano i propri spettacoli. La Pausini in questo ci sembra molto più coerente visto che solitamente sostiene campagne (e promuove a suon di sponsor la propria immagine) per la lotta a quella o quell’altra malattia ereditaria. Chissà se magari un giorno la cantante italiana sponsorizzerà anche la nuova marca di carrozzelle per mutilati a vita dallo sfruttamento dell’industria dello spettacolo… sarà un gesto davvero umanitario!
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