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Roma, Il corteo del 4s: una sfida a Gabrielli

Dopo lo sgombero dello studentato Degage di via Antonio Musa, si è svolta la partecipatissima assemblea pubblica al Tre serrande occupato de La Sapienza, dopo la quale abbiamo sfilato per le strade di San Lorenzo in un corteo non autorizzato; a seguito del quale la questura ha pensato bene di non autorizzare il corteo chiamato per venerdì 4 settembre adducendo come scusa l’applicazione del protocollo sulle manifestazioni imposto dal prefetto Gabrielli lo scorso giugno, che vieta di manifestare in centro dal lunedi’ al venerdi’. Nonostante il divieto e i sopravvenuti Avvisi Orali ai danni di 7 compagni dello studentato Degage si è deciso di sfidare la questura e di sfidare Gabrielli imponendo la nostra presenza a P.le tiburtino.

Il corteo di venerdì si è immediatamente trasformato in un primo appuntamento della città tutta che consapevole del grave attacco subito, si è ritrovata in più momenti a discutere di questo inizio anno. A tal proposito ci preme ringraziare tutte le realtà che in maniera trasversale si sono messe in gioco in prima persona. Quello che sta succedendo in questa città non è infatti tollerabile. Dopo gli scandali di Mafia Capitale il comune di Roma è stato pseudo commissariato. Il Ministro Alfano ha investito il Prefetto Gabrielli di superpoteri individuando in quest’ultimo la figura legalitaria e solida di cui la città avrebbe bisogno per ripartire dopo gli scandali. Ma le priorità di questo Prefetto sono rivolte altrove, verso i problemi sociali, nell’intento di reprimere e ghettizzare i soggetti che li vivono piuttosto che di risolverli. A tal proposito lo sgombero di Degage e di altri spazi sgomberati precedentemente ne sono una riprova.

All’attenzione di Gabrielli ci sono però anche i migranti, gli autisti dell’Atac, le maestre, tutti coloro che, colpiti dai tagli alla spesa pubblica, dall’emergenza abitativa, dal peggioramento continuo delle condizioni di vita potrebbero risultare un problema nel placido svolgimento dei lavori e degli investimenti previsti per il Giubileo. Ma perchè tanta premura? Perchè Nessuno di questi soggetti che vivono la città potrebbero capire come mai per ordine del Pd, partito corrotto e invischiato nell’inchiesta Mafia Capitale e per mano di Gabrielli, le risorse pubbliche dovrebbero ancora una volta essere sperperate per l’ennesimo grande evento come il Giubileo invece di essere redistribuite per sanare le infrastrutture essenziali e per risolvere problemi ben più urgenti che la salvezza delle anime.

Quella che si sta producando è un’enorme manovra preventiva volta ad eliminare ogni sorta di ostacolo verso appalti, corruzione e speculazione, ovvero verso quella macchina mangia soldi che nonostante le inchieste e gli scandali, deve ripartire.

L’abbiamo detto tante volte quanto le grandi opere e i grandi eventi siano utili ad aumentare la quota dei profitti e a rimettere in moto economie in default proprio come quella di Roma, una città che si basa sulla speculazione edilizia e sullo sfruttamento delle risorse pubbliche. Chi infatti detiene queste risorse ha disposto in passato e dispone anche ora, di periodi proficui di intenso sfruttamento di chi lavora in questo sistema e di intenso sfruttamento del territorio. Il Tav, l’Expo, il Giubileo, il Triv e chi più ne ha più ne metta, sono sistemi di sfruttamento e accumulazione. Distruggono le risorse e lasciano solo terra bruciata attorno una volta che sono terminati. Non servono a chi vive quei territori ma ad orde di turisti e pellegrini di passaggio. Sono eventi che durano giusto il tempo di trarne profitto più possibile nel più breve tempo possibile.

Sfidare il divieto di manifestare, il ridicolo assetto di forze dell’ordine dispiegato ieri, sfidare Gabrielli e la Questura vuol dire rifiutarsi da subito di accettare questi modelli di sviluppo cotti e mangiati che vorrebbero imporsi sui territori e nelle metropoli ai danni di chi le vive, contrapponendo non solo il nostro rifiuto netto ma anche le esperienze pratiche di altri modi di vivere. Le occupazioni, i picchetti antisfratto, lo sport popolare, gli spazi sociali sono o dovrebbero essere terreni tramite i quali sperimentare radicamento e comunità resistenti contro quest’ennesima farsa.

Pensiamo che il divieto e gli avvisi orali siano anche il modo per far rientrare le lotte sociali sul terreno del trattabile, del prevedibile e quindi del limitabile e noi non possiamo cadere in questo tranello. Le lotte rispondono ai bisogni e alla carica propulsiva di chi vuole il meglio per la propria collettività. Organizzarci a rispondere a tutto questo vuol dire capire la maniera di mettere in campo strumenti differenti per rispondere a fasi differenti.

I cortei nelle strade di Roma e del paese, qualsiasi essi siano, funzionano quando vivono del rifiuto del potere sopra di noi che vuole relegarci nel deserto, a cui noi vogliamo opporci. Vivono di sperimentazione, di esperienze comuni e condivisione di percorsi. Non vivono di teorie e ricette politiche nel chiuso di una stanza o dietro una tastiera. Questa è la certezza che ci restituisce la giornata di ieri ed è la strada che continueremo a percorrere. Costruire dibattito probabilmente vuol dire anche confrontarsi sulle pratiche perchè è da queste che si costruisce affinità, ed è da queste che traiamo tutti la nostra forza.

Lo sgombero di Degage vogliamo vederlo anche come una possibilità che ci permette di espanderci nella metropoli la dove è possibile, per riprodurre quella comunità nata tre anni fa e per farla rivivere attraverso nuovi stimoli e nuove sfide. Per questo abbiamo voluto ribadire che se ci levate dalle case ci troverete nelle strade. Ci troverete come un virus in circolazione nella metropoli. Rimane comunque in piedi la volontà di riprenderci quello che ci hanno tolto a partire dallo spazio aperto ieri a P.le Tiburtino dove essenziale è stata la componente giovanile e studentesca che, con rabbia e gioia, ha tutta l’intensione di riprendersi casa. Abbiamo tanto lavoro da fare e materiale su cui ragionare. Abbiamo tanta voglia di creare l’alternativa possibile tramite le rotture necessarie e dopo la giornata di ieri siamo certi di poterlo fare. Abbiamo voluto anche sfidare noi stessi e abbiamo fatto bene. Uniti si può fare, consapevoli che la mobilitazione di ieri è stato un primo momento di un autunno tutto da conquistare.

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