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La dignità della rotonda

Da più di dieci giorni ormai un gruppo di lavoratori della Misericordia di Pisa mantiene un presidio permanente, ventiquattr’ore su ventiquattro, per scongiurare i licenziamenti annunciati dall’ente. Un buco di bilancio di oltre 10 milioni di euro sta alla base di questa decisione, che, oltre a mandare a casa più di quaranta persone, andrebbe a smantellare servizi essenziali per la cittadinanza.

In realtà i vertici della Misericordia sembrano intenzionati ad accelerare la chiusura dell’associazione piuttosto che ad ipotizzare un piano di ripresa; la decisione stessa di licenziare due terzi del personale dipendente non può che essere il preludio ad una dismissione più ampia. Le ragioni del deficit non sono del tutto chiare, vista l’assoluta mancanza di trasparenza nel bilancio anche nei confronti degli stessi soci, ma un peso rilevante hanno avuto senza dubbio le speculazioni edilizie ruotate intorno al trasferimento dalla sede storica a quella attuale, nonché quelle riguardanti gli appalti del cimitero.

 

La Misericordia di Pisa si mostra ora come un microsistema emblematico delle logiche del debito: anni di malgoverno, speculazioni e saccheggio delle risorse dell’ente consapevolmente portate avanti dalle amministrazioni che si sono succedute (nel silenzio più totale dell’Arcivescovado, della pubblica amministrazione e dell’azienda sanitaria), poi il commissariamento dell’anno scorso che come unica soluzione ha portato al taglio delle ore e dello stipendio dei dipendenti, e conseguentemente al taglio dei servizi. Nessun interesse a trovare soluzioni alternative, anche di basso profilo; solo la volontà di traghettare il baraccone verso il destino già segnato, per farlo poi ripartire sotto una nuova veste, poggiato interamente sul lavoro dei volontari per minimizzare i costi e incrementare gli utili.

 

La variabile impazzita di questo processo è risultata essere però un gruppo di dipendenti che non si è rassegnato a vedersi scippato del lavoro e della dignità. C’è chi ha scelto di non aspettare con rassegnazione l’arrivo della lettera di licenziamento e da settimane ormai si sta mobilitando, conquistandosi spazio nei teatrini della campagna elettorale, scioperando e manifestando, colonizzando ogni occasione di visibilità con la richiesta inequivocabile del ritiro di tutti i licenziamenti e del ripristino dei servizi.

Da dieci giorni quindi questa indignazione ha trovato concretezza nel presidio permanente dei lavoratori, da cui ogni giorno partono volantinaggi e raccolte firme (oltre 1000 ad ora), in cui si organizzano pranzi, cene e momenti di socialità ed in cui, soprattutto, si mettono ogni giorno di fronte alle proprie responsabilità, simbolicamente e fisicamente, gli amministratori della Misericordia, che non a caso non hanno ancora espresso un punto di vista pubblico da quando la vicenda è cominciata.

Il presidio, lanciato da una parte minoritaria di lavoratori, sta crescendo giorno dopo giorno, moltiplicando i suoi effetti. In solidarietà a questa lotta, per dimostrare la propria contrarietà ala dirigenza, sempre più volontari della Misericordia si stanno sospendendo dal servizio o addirittura dimettendo. Alcuni dipendenti si sono spinti addirittura fino a Roma, dove volevano aprire uno striscione durante la messa domenicale, cosa che però è stata loro impedita dall’intervento delle forze dell’ordine.

 

Adesso è giunto il momento di provare a concretizzare tutta la solidarietà raccolta intorno alla rotonda del Cep, elevatasi a simbolo di dignità e volontà di non rassegnarsi, come in passato era stata la rotonda di Cisanello del presidio delle lavoratrici della Sodexo. Per questo i dipendenti della Misericordia in lotta hanno deciso di convocare un corteo per sabato 15 giugno, che leghi la loro vertenza a tutto quello che si muove nell’ambito del diritto alla salute, per lanciare un messaggio sempre più chiaro: accettare questi licenziamenti per la città significherebbe rassegnarsi passivamente al progressivo smantellamento di tutto ciò che resta del servizio sanitario pubblico.

E questo non può essere accettato.

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