La mela-insana della Lecce del più forte
Amara sorpresa per gli italiani: nei giorni scorsi è stata perfezionata una stangata una tantum sul valore delle melanzane dell’ammontare di almeno 0,00013€. Ma che, a differenza della tassa sui sacchetti, è equamente ripartita tra i 60 e passa milioni di cittadini (consumatori e non). E stavolta il governo Gentiloni non c’entra.
Moltiplicando le due cifre infatti si ottiene 8000€: il costo delle spese di gratuito patrocinio di un uomo residente nel leccese, assolto dopo 9 anni dalla Cassazione dal reato di furto di una melanzana da usarsi per sfamare i propri familiari. E al netto delle spese per “l’indennità dei testimoni, la notifica a tutte le parti del processo, il compenso per il pubblico ministero ed il giudice – entrambi onorari – nonché i costi per la fonoregistrazione delle deposizioni dei testimoni e degli imputati, le spese di cancelleria ed altre ancora”.
Sarebbe fin troppo superficiale, come fa sul Corriere Gian Antonio Stella (co-ideatore del termine “casta” e nume della retorica degli “sprechi” e dei giustizialisti più accaniti), lamentare lo sperpero di denaro pubblico per punire i “ladri di polli” o per querele che arrivano in Cassazione per poi magari ripartire direttamente dal primo grado di giudizio.
Esistono in Italia (ma non solo) due grossi problemi in tal senso, che peraltro si rinforzano mutualmente.
Il primo è che l’esistenza di simili controversie non è dovuta alla mancanza quanto allo slittamento di quello che, nell’Italia del 2018, è considerato essere “buon senso”. Quello connaturato all’ideologia dominante (perché riversata quotidianamente da partiti e gruppi di interesse sul mondo di sotto a scuole, social network, reti e giornali unificati – Corriere incluso) dell’individualismo proprietario. Ovvero di ciò che esaspera, fino a portare nelle aule di tribunale, la tutela di “oggettivi” diritti di proprietà – dalle liti condominiali o per il parcheggio alla “legittima difesa” – rispetto alla composizione da (e tra) chi sta in basso dei conflitti. Proprietà che peraltro è un miraggio per le nuove generazioni ed un’illusione per le vecchie, sotto le spade di damocle del fisco e delle oscillazioni e delle speculazioni di mercato.
Il secondo è la tendenza anch’essa dominante al carrierismo ed al conformismo di procuratori e giudici, influenzati (ma anche foraggiati) dalle narrazioni di media e politici. Dall’inflizione di pene “esemplari” da parte dei magistrati (che nel caso di Lecce hanno prodotto l’inutile allungamento del processo, impedendo di far rivalere la tenuità del fatto); all’accanimento personalistico da parte dei pm su condotte banali o a tutela di interessi collettivi come la lotta NO TAV anche dopo l’assoluzione in primo grado.
E allora sì che la legge, parafrasando France, “proibisce al ricco come al povero di dormire sotto i ponti, di elemosinare nelle strade e di rubare”…una melanzana. Ma impone anche a tutti in eguale misura di pagare il costo delle sue discriminazioni. E la risposta da dare a tutto ciò ci sembra scontata. A meno che, ovviamente, qualche procuratore non apra un fascicolo per apologia di reato.
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