Meeting Antagonista Meridionale 17-18 dicembre
Il 17 e 18 Dicembre si terrà presso il CSOA Tempo Rosso di Pignataro il Meeting Antagonista Meridionale. A seguire il documento di indizione e il programma della due giorni.
Vecchie e nuove forme di dominio prosperano nella complessa e multiforme convivenza tra il legalitarismo dello Stato e le forme del capitalismo armato, in un intreccio che non costituisce un’anomalia, bensì la declinazione naturale dello sfruttamento capitalistico sul nostro territorio. È qui, nelle campagne più remote, che il capitalismo ha sperimentato pionieristicamente nuove applicazioni di sé stesso. A Castelvolturno, un’enclave di oltre 20mila africani viene tenuta in condizioni di schiavitù per un accumulo di capitale senza pari, ma anche esempio di resistenza con una rivolta che ha sollevato il tema del neo-schiavismo e del lavoro nero; in questo stesso territorio troviamo la discarica di Ferrandelle che ha letteralmente “fagocitato” la prima emergenza rifiuti in Campania, è qui che l’onorevole Cosentino riesce a far costruire una centrale da 800 mega watt sui propri terreni con un intrallazzo “bi-partisan” che vede da un lato Cosentino e i casalesi, dall’altro aziende municipalizzate modenesi legate ai DS prima, al PD poi.
Questi processi di sfruttamento e accumulazione capitalistica ci consegnano un territorio martoriato sotto il punto di vista ambientale e della speculazione edilizia; un territorio in cui l’unica prospettiva possibile per migliaia di giovani è l’emigrazione o l’arruolarsi nell’esercito. Basta vedere qualche statistica per accorgersi di quanto sia alta la percentuale di giovani del Sud morti nelle tante guerre volute da quell’1% che ci governa. Questi anni di crisi ci mostrano come rappresenti una illusione qualsiasi ricetta keynesiana, o anche neo-keynesiana, che mira a far ripartire il ciclo economico attraverso l’intervento pubblico. I processi di finanziariazzazione del welfare non possono essere affrontati sul terreno del pubblico e della difesa di esso, ma si devono porre immediatamente sul terreno della riappropriazione della ricchezza. Nulla
da difendere insomma, piuttosto occorre rilanciare una lotta contro la doppia precarieta’ meridionale; contro la disoccupazione; contro l’emigrazione a cui sono costretti migliaia di giovani meridionali e contro la devastazione dei nostri territori.
Ma del resto, nel sud precario e precarizzato, risulterebbe impossibile porre come terreno di ricomposizione la difesa di un sistema di garanzie che in ampie porzioni di territorio non c’è e non è mai esistito o che ha abdicato, prima di nascere, in favore di meccanismi di governabilità dei soggetti sociali fatto di gerarchizzazione dell’accesso ai diritti, dispositivi di creazione e riproduzione di reti clientelari.
Il più generale processo di frammentazione di classe prodotto dalle attuali forme della produzione globale ha assunto, quindi, nel sud dell’Italia tratti di peculiarità che attraverso diabolici meccanismi di differenziazione non solo di reddito, ma anche di colore o genere hanno fomentato, molto spesso, guerre tra poveri. Tuttavia ci preme sottolineare che, fatte salve le specificità e la
necessità di individuare modalità e forme di lotta appropriate, il problema non è nord-sud o Italia Unita-Regno delle due Sicilie: il problema era e resta di classe, e secondo una logica di classe va affrontato.
La politica di austerità chiesta a gran voce dalla BCE, voluta fortemente da Napolitano in quanto supremo interprete dell’interesse nazionale e che ha ispirato il “nuovo” governo Monti (appoggiato dal PD e dal PDL) spingerà ulteriormente ed in maniera drammatica interi strati sociali verso la soglia di povertà, in un processo di proletarizzazione che interessa ormai importanti settori di ceto medio; Quegli stessi strati sociali che, fino a poco tempo fa, potevano essere considerati garantiti (per la possibilità che avevano avuto di accendere un mutuo o per aver avuto un contratto di lavoro considerato dignitoso) saranno trascinati nel vortice della precarietà e dell’incertezza.
Ma nella drammaticità della crisi si aprono importanti possibilità di trasformazione dell’esistente. Non casualmente da Sud, infatti, soffiano venti di rivolta. Dalle rivoluzioni arabe (Tunisia ed Egitto su tutte) che hanno contagiato i paesi mediterranei con le accampadas spagnole e le rivolte greche, fino ad approdare in quello che possiamo considerare il “Sud del Nord”, come alle periferie londinesi infuocate dai cosiddetti UKriots o ancora un territorio considerato “a torto ” periferico come la Valsusa che invece risulta centrale sia nei piani del capitale , sia nella resistenza messa in campo da una popolazione che ha saputo parlare a tutto il paese e oltre. Queste lotte assumono sempre più un carattere marcatamente transnazionale. Ed è proprio su questo piano transnazionale che pensiamo si giochi la partita. Non c’è spazio per lotte rinchiuse nei confini nazionali, qualsiasi tentativo di un recupero della ormai irreversibile crisi della sovranità nazionale è morto sul nascere. Tutte queste lotte a cui accennavamo, Italia compresa, soprattutto con le giornate del 14 dicembre scorso e del 15 ottobre, hanno visto protagonista una nuova generazione, quello che possiamo chiamare il nuovo proletariato giovanile, che a fronte della disgregazione e della mancanza assoluta di meccanismi di welfare da un lato e l’esaurimento della capacità della famiglia di assorbire i costi della crisi dall’altro, non ha esitato a cercare risposte collettive contro l’attacco della controparte.
Risposte collettive che sono partite, almeno in Italia, dai luoghi della formazione, ovvero dalle scuole e dalle università e che si sono dirette in special modo contro una classe politica incapace di leggere i bisogni dei nuovi soggetti sociali precari ormai compiutamente formati. Ma questa generazione incline alla lotta non si e’ ancora riconosciuta soggetto, piuttosto ha utilizzato le stesse pratiche, in porzioni di territorio assolutamente diverse. A questi nuovi soggetti precarizzati si aggiunge una classe media, che, come accennato prima, con l’acuirsi della crisi, si vede colpita da un duro processo di proletarizzazione. Due soggetti sociali, questi, che non è detto vadano immediatamente in sintonia.
È ovvio che l’una contro l’altro fanno il gioco del potere, diviene quindi fondamentale, stando nei conflitti che si danno ma anche facendone nascere di nuovi, attivare un processo di ricomposizione sociale capace di immaginare orizzonti comuni. Quel 99% da contrapporre all’1%.
Quel 99% che al sud è realmente totalità; dove la gestione del welfare viene sacrificata in nome di una “modernizzazione” forzata fatta di privatizzazioni, di grandi opere e soprattutto di speculazione; dove il tema della precarizzazione generalizzata vien aggravato dal sempre più drammatico problema della casa. Quel 99% infine che non viene garantito nemmeno più dai normali sistemi clientelari del meridione.
Un lavoro che è indubbiamente più difficile in quel Meridione che ci consegna territori frammentati (in tantissimi piccoli paesi e cittadine. Ma anche in questi territori pensiamo che la ribellione contro il pagamento del debito sia il terreno sul quale si debba dare un processo di ricomposizione sociale e di una progettualità di lungo periodo capace di sperimentare alterità al capitalismo.
Ovviamente questo meeting non vuole essere una risposta di per sè, ma la semplice ricerca di terreni della ricomposizione sociale e di una progettualità che guardi al futuro; un interrogarsi su quali possano essere le sperimentazioni e le trasformazioni possibili: su come formare e interconnettere sia le soggettività in lotta, sia i vari comitati di lotta che giorno dopo giorno nascono sui territori. Negli ultimi anni, infatti, abbiamo assistito alla nascita spontanea di assemblee, di comitati cittadini, di momenti di vera autorganizzazione dal basso, dove importante e’ stato il ruolo delle realtà antagoniste. Dinamiche assembleari, molte volte di lotta avanzata, senza intermediari, cioè espressione di una sfera pubblica nemmeno tanto concettualizzata e politicizzata, anzi, il più delle volte lontana dalla concezione partitica; molte volte attenta anche solo alla specifica lotta, ma in ogni caso espressione di radicalità, spesso con i centri sociali protagonisti e interni a queste battaglie.
Lotte che comunque hanno espresso limiti e problematicità una delle quali è quella di non essere riuscite ad uscire dal localismo, così come di non sapere uscire dalla loro vertenzialità e di darsi una progettualità di più ampio respiro. Qui può e deve essere determinante il nostro contributo, verso la creazione di un soggetto in grado di esprimere rivendicazioni a livello globale (e non solo più locale) tenendo presente il potenziale indiscutibile che ha saputo consegnarci la rivendicazione di reddito garantito per tutti, la difesa dei territori e la riappropriazione di spazi dal basso nello slegare i destini della crisi capitalista dai bisogni proletari; ciò a partire dalla sempre più forte convinzione della necessaria importanza dell’antistituzionalità , non qui come irrigidimento ideologico e di principio ma come prassi quotidiana e condotta politica utile a non essere risucchiati dagli apparti di cattura e dalle sirene della politica ufficiale che anche a Sud negli ultimi anni si sono fatte sentire.
programma:
sabato 17
– ore 16,30 Introduzione ed assemblea plenaria:
“Rapporto metropoli/province nei conflitti meridionali” (Csoa Tempo Rosso-Pignataro)
“Crisi dello sviluppo, piano del capitale a Sud, tra narrazione del sottosviluppo ed effettiva modernita’ sistemica” (Assemblea Autonoma Palermitana)
“Formazione in conflitto” (Lsa Assalto -Cosenza)
– ore 20 cena sociale
– ore 22 concerto
domenica 18
– ore 10 tavolo di lavoro “Metropoli/territori e beni comuni“
– ore 13,30 pranzo sociale
– ore 16 relazioni e conclusioni
– ore 19,30 aperitivo precario
Il Meeting si svolgera’ presso il Csoa Tempo Rosso
di Pignataro Maggiore (CE) – Uscita A1 Capua
Per adesioni e logistica: 339 7069026
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