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Mensa in agitazione. Vicini “ci prova”, poi scappa

Il documento approvato dall’assemblea ribadisce l’indisponibilità dei lavoratori e la loro contrarietà alle ipotesi di riorganizzazione proposte dall’azienda. Quando «la dotazione organica del servizio ristorazione è viene ridotta negli anni di diverse unità di personale» ogni ipotesi di riorganizzazione si traduce direttamente in aumento dei carichi di lavoro (i virgolettati si riferiscono al testo del documento approvato in assemblea). Caso lampante il tentativo di apertura del settimo banco di distribuzione in via Martiri con «l’utilizzo di un capobanco per due banchi di distribuzione». Il capobanco “risparmiato” per ogni isola andrebbe a coprire l’apertura del settimo banco, ma con i banchi attualmente aperti i ritmi di lavoro sono massacranti e togliere un addetto al rifornimento significherebbe spremere oltre misura i lavoratori.

L’autoritarismo di Paolo Vicini, insofferente nei confronti delle rimostranze dei lavoratori ma ben felice di aumentare i bonus dei dirigenti fino a raggiungere i 127 mila euro annui di compenso, si concretizza nel «ricorso a continue sperimentazioni di nuovi servizi senza un’analisi vera di fattibilità né di reale necessità». La ricetta di new pubblic management del direttore mira a fare economia sui servizi agitando «lo spauracchio della privatizzazione per “ricattare” e “spaventare” i lavoratori». Ben si vede, con il caso delle lavoratrici delle pulizie, come l’esternalizzazione altro non sia che il dispositivo ideale per imporre un comando sull’organizzazione del lavoro che allo stesso tempo consenta all’azienda di deresponsabilizzarsi e di risparmiare a scapito del salario delle lavoratrici e della qualità del servizio.

Per via dell’assemblea, riunitasi in orario di lavoro alle 11, la mensa di via Martiri ha aperto questa mattina con mezz’ora di ritardo. Fuori un presidio di studenti comunicava con i colleghi le ragioni dell’agitazione dei lavoratori rompendo fisicamente la retorica dell’azienda che vorrebbe ogni misura sulla riorganizzazione del servizio intrapresa in “nome e a beneficio degli studenti”. Anzi, le politiche del DSU aggrediscono allo stesso tempo i lavoratori e la qualità del servizio, danneggiando dunque gli stessi studenti.
La presenza del presidio, poi all’apertura della mensa spostatosi all’interno della struttura, ha subito messo in allarme tutta una schiera di dirigenti che si subito si sono mobilitati per stracciare cartelloni e far sparire volantini. Ma all’interno della mensa la situazione si è presentata subito in tutta la sua precarietà: i vassoi della sera prima ancora accumulati sui carrelli accoglievano gli studenti per via del taglio delle ore delle lavoratrici esternalizzate delle pulizie. I risultati della cassa integrazione imposta dagli appalti a ribasso voluti dall’azienda.

Durante il presidio un Vicini sfiancato ha tentato di approcciarsi agli studenti. Unica giustificazione: “ci proviamo a migliorare il servizio”. Poi la fuga.

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