Occupazione e trattativa riaperta. Aggiornamenti sulla situazione dell’Ilva di Cornigliano
Dal 6 Novembre l’Ilva di Cornigliano è stata occupata dagli operai a seguito di un’assemblea inerente il piano industriale presentato da ArcelorMittal che, tra le altre cose, prevede il licenziamento nello stabilimento genovese di 600 lavoratori.
Immediatamente il mondo politico e industriale si è scagliato contro l’azione, bollando l’occupazione dei cantieri come gesto anacronistico, insensato e gettante una cattiva luce agli occhi dei nuovi proprietari. Spicca tra le dichiarazioni quella del presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che non solo dimostra una volta di più come poco importino le vite e i diritti degli operai nella gestione industriale, ma – seguendo la strategia che da anni gli industriali adottano di fronte a concertazioni sindacali – suddivide la protesta in buoni e cattivi. A quest’ultima logica prestano il fianco Fim e Uilm, che non hanno perso tempo nel dissociarsi dall’occupazione e dal bollare gli operai da loro non rappresentati come minoritari, lasciando così a sostenere la mobilitazione la sola Fiom.
Obiettivo dell’agitazione è il mantenimento dell’accordo di programma del 2005, che garantiva il posto di lavoro dei 1500 operai genovesi. In questo quadro il governo, nella figura del ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda, nonostante il solito atteggiamento iniziale paternalistico nei confronti di mobilitazioni uscenti dal recinto prestabilito, si è trovato costretto ad aprire un tavolo di dialogo tra ArcelorMittal e gli operai. L’occupazione per ora verrà sospesa domani mattina, quando si terrà un’assemblea in cui la Fiom riferirà sull’incontro di questa mattina col governo.
Il piano industriale dei nuovi proprietari dell’Ilva prevede il licenziamento di 4 mila operai entro il 2023 e un impegno a rinnovare gli impianti dell’industria siderurgica in modo da sottostare alle normative ambientali. Quest’ultimo punto appare in realtà molto astratto: infatti a Taranto la produzione continua ad inquinare il mare e l’aria circostante, come dimostra la nube generata dai parchi minerari dell’impianto che il 23 Ottobre ha ricoperto grossa parte della città. Sull’acquisizione industriale sta inoltre indagando la commissione antitrust dell’Unione Europea, secondo la quale si potrebbe venire a creare un monopolio in alcuni tipi di produzione acciaieristica.
La mobilitazione genovese ha messo in luce come la determinazione degli operai a non accettare silenziosamente l’ennesimo piano industriale, che sotto le vuote parole di innovazione e competitività prevede un massiccio licenziamento dei lavoratori, abbia costretto gli imprenditori a fare un passo indietro e a ritrovarsi perlomeno a un tavolo di discussione bilaterale, evitando che tutto passasse senza ostacoli sulla testa degli operai.
Dalle mobilitazioni sindacali del mondo della logistica a quelle dell’industria siderurgica, l’uso di strumenti di lotta definiti da alcuni “anacronistici” fanno invece paura ai padroni, sia che si tratti di difendere il posto di lavoro, sia di strappare terreno alla controparte.
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