Palermo, l’illegalità sta diventando regola
Prima Gesip, poi Amia, adesso Amat. Uno sciopero non annunciato, dunque illegale ed incisivo, che ha colpito con forza l’amministrazione cittadina, Comune e vertici aziendali, utilizzando pratiche fino all’anno scorso quasi sconosciute a Palermo ma che subito hanno goduto di legittimità e attirato la solidarietà della popolazione. Reclamare quanto dovuto è sacrosanto e l’unico modo possibile per ottenerlo è lottare.
Prima Gesip, poi Amia, adesso Amat. Prima uffici sporchi, impianti sportivi chiusi, giardini a secco, tumulazioni ferme nei cimiteri e Comune e vertici Gesip in difficoltà. A seguire gli scontri in città tra operai e guardia di finanza. Poi cassonetti stracolmi, città immersa nell’immondizia e Cammarata sempre più alle strette. Ieri, infine, l’ennesimo tiro mancino della malamministrazione e dell’irresponsabilità contro la città: che si è svegliata senza gli autobus. Uno sciopero non annunciato, dunque illegale, che ha colpito con forza le amministrazioni cittadine, Comune e AMAT (unici veri responsabili dei disservizi), mettendo in ginocchio uno dei peggiori servizi di mobilità cittadina di tutta Italia per prezzi e per qualità, e ora anche per garanzie salariali nei confronti dei lavoratori.
Reclamare uno stipendio è sacrosanto e protestare per il mancato arrivo è legittimo. Ma i dipendenti dell’Amat non si sono limitati alle forme “giuste e accettate” e hanno scelto quelle più incisive dello sciopero selvaggio (quanto è più efficace uno sciopero senza preavviso rispetto a uno di fronte al quale l’azienda ha tutto il tempo di mettersi al riparo?) e un obiettivo preciso (non solo i vertici aziendali, ma l’amministrazione cittadina tutta): i sindacati non li controllano e provano, per fortuna inutilmente, a rimontare, i vertici dell’azienda messi alle corde li giustificano e il Comune annaspa nelle sue casse vuote.
Nella città dell’emergenza ordinaria l’unica soluzione ad essa, lottare per i propri diritti, sta diventando la regola.
Che dire, tutto vero! Da questo autunno spira un vento nuovo nella città di Palermo, un vento che soffia sui mille focolai di dissenso sociale e li trasforma in fuochi di rivolta, una rabbia che parte dalle terribili condizioni lavorative e di precarietà (termine che sempre più si attaglia anche ai lavoratori a tempo indeterminato, ai posti “sicuri”) e che si riversa sui pochi che governano i tempi ed i modi di vita dei più. Senza alcuna fiducia nelle strutture della mediazione (sindacati più o meno gialli e partiti e partitucoli vari) e confidando solo nella lotta: nel lasciare i posti di lavoro senza preavviso, nel bloccare le arterie cittadine, nel costruire barricate individuando nella governance cittadina e nei suoi strumenti la controparte da combattere e da sconfiggere ed abbandonando il feticcio superstizioso della legalità a tutti i costi. Feticcio buono soltanto a farci ingoiare, composti e silenti, qualsiasi ingiustizia.
Un vento che ha iniziato a spirare con l’intenso mese di mobilitazioni studentesche e che non ha mai smesso di soffiare: di volta in volta passando per le lotte di operai e lavoratori, dalla Fincantieri alla Gesip, dall’AMIA all’AMAT. Un vento che porta una ventata d’aria fresca e di speranza anche in questo torrido agosto, ma che si abbatte con forza contro la governance cittadina, “editorialisti” del giornale di Sicilia compresi.
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