Panificio Toscano: ancora scioperi, picchetti e cariche della polizia
Ancora scontro tra operai e polizia ai cancelli del Panificio Toscano di Prato, fornitore dei supermercati Coop.
Un altro sciopero nella notte tra domenica a lunedì organizzato dal Si Cobas ha bloccato con quattro picchetti l’entrata e l’uscita delle merci. E’ il quinto sciopero in poche settimane. Dopo il fallimento dei tavoli di trattativa più di cento operai sono tornati ai cancelli di Prato, dove l’ultimo sciopero si era concluso con cariche della polizia e quattro operai ammanettati e trasferiti nelle celle della Questura. IL 6 settembre invece l’ultimo sciopero ai cancelli dello stabilimento di Livorno per contestare la consultazione-farsa promossa dall’azienda per confermare il licenziamento dei due delegati sindacali: la finta democrazia dei padroni si fa sempre con le pistole puntate alla testa dei lavoratori.
L’azienda non vuole cedere. Gli operai nemmeno: riassunzione dei due delegati sindacali licenziati per rappresaglia padronale e miglioramento delle condizioni generali di lavoro e paga sono le condizioni operaie per la pace. Ma è guerra.
Il padrone si vuole tenere stretto la schema che da anni gli fa gonfiare il portafoglio sulle spalle di chi lavora: utilizzo del contratto Multiservizi, inquadramento all’ultimo livello a prescindere dall’anzianità, turni massacranti senza pausa, finte cooperative che spariscono prima di pagare il dovuto ai lavoratori. Licenziamenti politici, contestazioni disciplinari e demansionamenti punitivi sono la risposta padronale alle rivendicazioni operaie. La scelta dell’azienda di procedere all’assunzione diretta dei lavoratori è il primo risultato strappato dalla lotta, ma non sufficiente: l’internalizzazione avverrà lasciando a casa i delegati licenziati e assumendo gli altri alle stesse condizioni attuali.
A sostenere lo sciopero stavolta ci sono più di cento operai arrivati dagli altri magazzini e fabbriche del territorio. Solidarietà, unità, forza. L’effetto ancora una volta è dirimente: se il lavoratore non è più solo, il lavoratore non è più debole. Se i lavoratori sono uniti non devono più avere paura. E infatti non ne hanno.
La polizia arriva in forze con i reparti celere, e verso le 4:00 attacca uno dei picchetti per consentire l’ingresso di una colonna di camion. Gli operai non si danno per vinti e dai picchetti ai cancelli si passa ai blocchi stradali che circondano le vie di uscita dal Panificio. La polizia dovrà intervenire altre due volte con la forza per fare uscire i mezzi che porteranno il pane sugli scaffali della grande distribuzione. Gli operai resistono come possono alle cariche, guadagnandosi con determinazione minuto per minuto le ore di ritardo di consegna provocate dallo sciopero.
E’ di nuovo scontro. “Vinceremo questa lotta a costo di tornare altre 100 volte a questi cancelli. Padroni e Prefettura usano licenziamenti e manganellate perchè vogliono vogliono tornare a far credere ai lavoratori che non c’è alternativa ad essere sfruttati. Non è vero. Lo abbiamo dimostrato e lo dimostreremo anche qui. Vinceremo al Panificio Toscano e cancelleremo la schiavitù da tutto il territorio pezzo dopo pezzo”. I cancelli del panificio si sono già trasformati in una trincea in cui padroni e Prefettura pensano di arginare l’esplosività del “fenomeno Si Cobas” nell’area metropolitana che va da Firenze a Prato, dove per anni livelli di iper-sfruttamento sono stati agiti in maniera indisturbata. Fino alle brutte sorprese dei picchetti operai di questi mesi.
Lo scorso 6 agosto, prima di intervenire con la forza la Questura aveva provato a giocare le sue carte. Prima ancora di passare alle minacce, in prima battuta è un funzionario della Questura ad avvicinarsi al picchetto e, dopo aver simulato comprensione e solidarietà, dispensa il suo consiglio agli operai: “lo dico per voi, se fate così il Panificio domani chiude e rimanete tutti a casa”. Non funziona. “Per noi possono chiudere anche oggi” è la risposta operaia che arriva subito, decisa. E’ un piccolo shock per chi sta dall’altra parte, che gira i tacchi e torna dalle sue truppe. Che fine ha fatto il buon vecchio primato della “salvaguardia dell’occupazione”? Da decenni i sindacati confederali lo agitano – fino ad introiettarlo nel senso comune – per far accettare l’inaccettabile. Qui il ricatto non tiene. E’ un vero e proprio cortocircuito nel meccanismo ben collaudato che da tempo garantisce il disciplinamento della forza lavoro. I problemi del padrone, sono problemi del padrone. E gli operai sono lì per crearne il più possibile. E sanno come fare. Lo sciopero per vincere deve fare male. Sindacati venduti e brioches
Dopo le cariche del 6 agosto il padrone portava il suo ringraziamento agli uomini in divisa che avevano lavorato per lui. E’ un esponente UIL, nonché caporale di cui si serve la cooperativa, a raggiungere i poliziotti con tre cartoni pieni di brioches e pizze. E’ il padrone che da il biscotto ai suoi cani. Perchè anche in questo caso la UIL non è semplicemente il sindacato accomodante con il padrone. E’ il sindacato del padrone. E’ lui a procurargli gli iscritti, inquadrando lì caporali, capetti e leccaculo da muovere contro gli altri lavoratori. Il sindacato confederale nel magazzino era arrivato con l’ultimo cambio di appalto che aveva visto la (finta)cooperativa uscente scomparire senza pagare tutto il dovuto ai lavoratori. “O firmi questa conciliazione o perdi il lavoro”. Conciliare vuol dire rinunciare al diritto di rivalersi su cooperativa e committenza per i soldi mancanti. La conciliazione – stavolta – avrà un prezzo da pagare per il padrone, e a fissarlo saranno gli operai.
A scioperare e affrontare con combattività le cariche della polizia sono lavoratori pakistani ed egiziani. Molti di loro sono in Italia da anni, più di dieci. Anni passati a spaccarsi la schiena sudando tanto e guadagnando poco. Come gli altri prima di loro, decidono di unirsi al Si Cobas dopo aver saputo in qualche modo degli scioperi e delle conquiste che a forza di picchetti il sindacato ha conquistato in diversi posti di lavoro negli ultimi mesi sul territorio. Lo sciopero al Panificio Toscano, infatti, arriva dopo il ciclo di scioperi che dalla primavera ha iniziato a investire il territorio metropolitano che da Firenze arriva a Prato. Agitazioni determinate, di misura ancora modesta, candidate a fare da miccia nella polveriera dell’iper-sfruttamento che va dalla logistica al (macro)settore del tessile passando per la media industria peculiare del territorio. Prima TNT, poi ZARA, GM Industry, DS… ogni piccola storia di riscatto ne chiama un altra. E ci svela che non è – e non era – la disponibilità operaia a confliggere a mancare, ma la raggiungibilità di uno strumento capace di organizzare e potenziare un conflitto di classe che ribolle sotto la cenere. E’ così che il radicamento del Si Cobas, anche su questo territorio, coincide già con l’emersione dall’invisibilità di un segmento importante di forza lavoro migrante iper-sfruttata con tutte le sue istanze di insubordinazione e riscatto.
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