QUALCHE RIFLESSIONE SUI NOSTRI CALAMITOSI ED EMERGENZIALI TEMPI
Riprendiamo per la rubrica Green Passion queste interessanti riflessioni di Sebastiano Isaia che ci sono state segnalate. L’articolo, ci pare, argomenta bene il problema di certe posture eccessivamente “puriste” rispetto alle movimentazioni No Green Pass. Alle riflessioni di Isaia andrebbero aggiunti i continui tentativi da parte di questure, giornali e governo di construire il caso, il capro espiatorio, di trasformare una mobilitazione confusa e contraddittoria in un pericolo pubblico intorno a cui ricostruire l’unità nazionale. Allo stesso tempo però va detto che confrontarsi, osservare e provare a comprendere queste mobilitazioni non vuol dire che in esse vi siano le potenzialità per costruire itinerari anticapitalisti alla luce di come stanno le cose attualmente. Anzi ci pare che per la natura di come si stanno dando queste mobilitazioni ciò sia ampiamente da escludere, dunque anche l’eccessivo entusiasmo per quanto sta accadendo ci pare fuori luogo. A dire la verità più che evidenziarsi premesse promettenti per il futuro, le movimentazioni contro il Green Pass ci pongono davanti allo sguardo tutta la complessità del presente, ed in quanto tali vanno colte, non per rimanere nell’inazione o per farne tribune ideologiche, ma piuttosto per conquistarsi un angolo prospettico all’altezza della sfida. Buona lettura!
Oggi i cosiddetti giornaloni concordano su quanto segue: «Ha vinto la linea dura di Draghi» (ma anche della Confindustria e del PD). Come se qualcuno di intelligenza normale si aspettasse davvero un esito diverso! Per giorni i mass media creano l’aspettativa dell’Evento, e poi ci ricamano sopra per altri giorni commentando inesistenti aspettative: «Ci si aspettava questo, è successo invece quest’altro».
Un’esigua minoranza di lavoratori ha espresso, nel modo politicamente limitato, confuso, contraddittorio ecc. che sappiamo, la propria insofferenza nei confronti di un obbligo imposto dallo Stato (borghese, ma quei lavoratori questo non lo sanno, mentre alcuni che affettano di saperlo mostrano di non capirne il concetto e la prassi sottostanti): di questi calamitosi ed emergenziali tempi già solo questo piccolo fatto è qualcosa che non può non suscitare simpatia politica e umana alla coscienza dell’anticapitalista, il quale, per come la vedo io, è politicamente e per principio contro gli obblighi imposti alla popolazione in generale, e alle classi subalterne in particolare, dallo Stato (borghese). Scrivo è e non deve o dovrebbe essere perché do la cosa per assolutamente scontata: si tratta del minimo sindacale per un autentico anticapitalista, il quale è politicamente, “filosoficamente” e umanamente contro ogni forma di obbligo imposto dallo Stato (borghese).
L’obbligo imposto dallo Stato io lo subisco (per i noti rapporti di forza sfavorevoli ai proletari), non lo supporto, non lo difendo, non lo giustifico, ma anzi lo denuncio, lo critico, lo combatto nei limiti consentiti dai rapporti di forza di cui sopra. La reazione agli obblighi imposti dallo Stato serve all’anticapitalista per combattere l’idea, molto radicata anche (e direi soprattutto) tra le masse dei nullatenenti, che quegli obblighi rappresentino nella loro esistenza di oppressi e sfruttati qualcosa di normale, di naturale, perché «da che mondo è mondo» sono sempre esistiti quelli che danno ordini e quelli che questi ordini devono rispettare.
Il riflesso condizionato di molti sedicenti anticapitalisti è stato invece affatto diverso da quello che personalmente mi aspetto da un anticapitalista anche di modestissime capacità teoriche e politiche – qui ovviamente sono autobiografico. Essi hanno usato la dialettica nell’accezione volgare del termine, ossia per sparare sulla Croce Rossa, nel dimostrare cioè quanto poco “di classe” e “rivoluzionario” sia il movimento No green Pass (ma va? mo’ me lo scrivo e rifletto sopra), e non come strumento inteso a comprendere la complessa e contraddittoria realtà del processo sociale, il quale quasi mai (per non dire mai) si dà secondo schemi dottrinari costruiti a tavolino o ripresi senz’altro da altre epoche storiche – spesso abissalmente lontane dalla nostra.
Questi sedicenti “anticapitalisti” salutano con soddisfazione la (scontatissima) vittoria della linea dura governativa e confindustriale, e danno degli acchiappa farfalle a quei compagni che si sono sforzati di comprendere le ragioni di un movimento “complesso e composito”, come s’usa dire, andando oltre gli stereotipi e le criminalizzazioni veicolate dai mass media – peraltro delusi per come sono andate le cose ieri: solo qualche piccola baruffa, niente sangue! Personalmente mi sono talmente illuso che ho già pronto un saggio (La Comune di Trieste) e una piattaforma programmatica da inviare al Soviet dei No Green Pass. Si costruiscono caricature per una facile, quanto insulsa polemica, solo per non confessare di non capire niente di ciò che gli capita intorno e che, soprattutto, non si conforma alle loro aspettative rigorosamente e puramente “di classe”.
Anziché provare un minimo (non un massimo) di simpatia, anche solo umana («Ah, questo non è marxismo!»), nei confronti dei pochissimi dissidenti, certi “anticapitalisti” si affannano a praticare nei loro confronti un accuratissimo esame del sangue, inteso a stabilire il grado di “purezza classista” della loro rivendicazione “libertaria”. Si viene così a scoprire che nelle vene di quei quattro gatti insubordinati non scorre un sangue limpidamente classista, tutt’altro (addirittura alcuni sono “fascisti dichiarati”, altri sono “qualunquisti”, quasi tutti sono ostili al pensiero scientifico e forse qualcuno confida nel terrapiattismo; leninisti, trotskisti e bordighisti manco a parlarne!), tanto più che le rivendicazioni libertarie sarebbero “storicamente” appannaggio della “destra”, mentre gli operai come Dio (Capitale) comanda si batterebbero per il salario, l’orario e per quel che riguarda i loro bisogni materiali immediati. Altro che questa piccolissima seccatura del Green Pass! E che sarà mai! I lavoratori sono abituati a ben’altri sacrifici! Aspettando la grande ripresa della lotta di classe alcuni “anticapitalisti” hanno perduto ogni sensibilità politica e umana – decisamente non sono un “marxista”, ma questo lo dico da sempre: mi si creda!
A certi “anticapitalisti” interessa insomma solo la lotta di classe dura e soprattutto pura, e se la complessità del processo sociale capitalistico genera fenomeni sociali “spuri”, di questo è meglio che si occupino altri, non certo gli “anticapitalisti” devoti al barbuto di Treviri. Bisogna dunque lasciar passare il momento di confusione e di agitazione priva di contenuti di classe, e intanto esercitarsi a prendere in giro quegli imbecilli dei No-Vax e No Green Pass. Chi cerca di capire la complessità di cui sopra è preso a male parole e deriso: «Ma guarda che questi non vogliono mica fare la rivoluzione». Ma va? Come diceva il grande Troisi, «Mo’ me lo scrivo, me lo scrivo proprio». Si tratta invece di giocare a carte scoperte con l’impotenza sociale del proletariato e delle sue supposte avanguardie politiche, anziché perdere tempo a fare battute sui No Vax brutti, sporchi e cattivi – e pure fascisti – e a deridere chi si sforza di capire e a tenere fermo il principio della radicale opposizione all’obbligo imposto dallo Stato (borghese).
E invece no! Ecco dunque i nostri ineccepibili “anticapitalisti” con la bava ideologica alla bocca pronti a enfatizzare contraddizioni (ma va?), errori (ma va?), divisioni (ma va?), strumentalizzazioni (ma va?), limiti (ma va?); tutti pronti a tifare, più o meno apertamente, per un clamoroso insuccesso del “movimento”.
Più realisti del re e più governativi del governo, certi “anticapitalisti” hanno sostenuto con uno zelo degno di miglior causa le ragioni scientifiche della campagna vaccinale e dell’obbligo al Green Pass, come se la politica sanitaria fosse una prassi socialmente e politicamente neutra e non avesse invece profonde implicazioni sociali, psicologiche, ideologiche, esistenziali. Che esaltazione della scienza! E poi c’è sempre quella faccenda del materialismo dialettico… Altro che quegli ignorantoni dei No Vax! Insomma, Incartapecorito illuminismo scientista in luogo del pensiero critico-radicale che individua proprio nella tecno-scienza lo strumento più potente del dominio capitalistico.
«La rappresentanza oggi è in grande difficoltà e in grande crisi. Gli attacchi alla politica di questi giorni sono attacchi alla rappresentanza»: sono parole pronunciate da Enrico Letta in un videomessaggio all’assemblea nazionale elettiva della CNA tenutasi nel 2013. Nel 2012 a commento del cosiddetto movimento dei forconi ho scritto un post intitolato Più lotta per tutti! Poi ne scrissi un altro di analogo contenuto: La sindrome del contagio. Ricevetti molte critiche da parte dei soliti analisti del sangue, i quali mi dissero che non si trattava affatto di un movimento di classe (ma va?), e che in gran parte esso era composto da gente che votava per Berlusconi (il “fascista” di ieri!) e luogocomunismi di analogo tenore. Con quel titolo volevo semplicemente dire che il problema non era il “ribellismo” dei forconi, né il prodursi di un generico “ribellismo sociale” nelle cui torbide acque amano nuotare squali “populisti” d’ogni colore; il problema per gli “anticapitalisti” era (ed è) la mancanza del “ribellismo” dei lavoratori e dei proletari tutti. «Il mondo della rappresentanza» di cui oggi parlano tutti i quotidiani, per metterne in luce la crisi, è proprio questo tipo di «deriva ribellistica» che teme come la peste, e non a caso oggi Mario Draghi tesse l’elogio del collaborazionista Luciano Lama.
È evidente che tra i lavoratori si è aperto un conflitto tra coloro che si sono vaccinati, la maggioranza, e coloro che non intendono vaccinarsi, un’esigua minoranza. Questa divisione può essere superata in due modi: la maggioranza accetta l’obbligo al Green Pass senza discutere e passa sopra la testa della minoranza, lasciandola al suo triste destino; oppure la maggioranza rifiuta la logica della divisione utile solo al Capitale e al suo Stato, e cerca di arrivare insieme ai compagni di lavoro che non vogliono vaccinarsi a una soluzione che sia vantaggiosa per entrambi. Occorre insomma lavorare per la solidarietà di classe: trattasi di minimo sindacale! Lavoratori vaccinati e lavoratori non vaccinati sono entrambi vittime di questa società che crea ogni sorta di problemi, soprattutto agli “ultimi”. Bisogna respingere le opposte ideologie (Sì Vax e No Vax) sul vaccino: chi si vaccina non è un venduto al “sistema” e chi non si vaccina non è un deficiente. Si tratta di due scelte che vanno comprese e rispettate attraverso un confronto fraterno, una libera discussione tra compagni di lavoro. Se l’anticapitalista non si sforza di dare il contributo che è in grado di dare a questo difficilissimo lavoro politico, a mio avviso è un anticapitalista solo a parole, soprattutto se non avverte “a pelle” come oppressivo l’obbligo al Green Pass imposto dallo Stato. Si dirà: «Ma il Green Pass rappresenta il male minore!» Ecco, è proprio la logica del “male minore”, trionfante ormai da oltre un secolo su scala planetaria, che l’anticapitalista deve combattere. Chi accetta la logica del “male minore” sorvola sul fatto che comunque ha accettato il male, il quale com’è noto ha la pessima tendenza a peggiorare.
Per come la vedo io, non c’è autentico anticapitalismo senza un’opposizione politica e di principio agli obblighi imposti dallo Stato ai proletari, com’è appunto il caso dell’obbligo a esibire il cosiddetto Green Pass anche per accedere al posto di lavoro – leggi di sfruttamento. All’oppressione del lavoro salariato si aggiunge l’oppressione politico-esistenziale del lasciapassare!
Si obietta: ma la lotta contro l’obbligo vaccinale o contro l’obbligo a esibire il green Pass (cioè l’obbligo vaccinale introdotto surrettiziamente per fottere meglio la gente) non è una lotta di per sé anticapitalista. Verissimo! Stavo per dire: banalissimo! Ma qual è la lotta sociale che è “di per sé” anticapitalista? Non tocca forse agli anticapitalisti cercare i modi per dare alle lotte sociali (per il lavoro, la casa, l’agibilità politica e quant’altro) un contenuto anticapitalista, un orientamento “di classe”? Anche qui siamo al minimo sindacale di un pensiero autenticamente anticapitalista.
Niente ha rivelato l’inconsistenza politica (e umana) di taluni “anticapitalisti” del loro risibili tentativo di mettere in opposizione cose che in opposizione non sono, essendo lati dallo stesso problema: l’oppressione sociale in regime capitalistico. «I lavoratori vengono licenziati, e c’è chi pensa all’obbligo del Green Pass»: ma cosa c’entra? La lotta contro i licenziamenti esclude forse la lotta contro il Green Pass (e viceversa)? Ma siamo seri! «In Africa e in Asia la gente muore perché non può accedere ai vaccini, e qui si pensa al Green Pass»: ma che senso ha questo ragionamento? Come se la colpa di questa mostruosità fosse dei No Vax o dei No Green Pass, e non del sistema capitalistico planetario! Anche qui si china il capo alla logica della divisione internazionale dei nullatenenti. Si tratta di un ridicolo tentativo di buttare la palla in tribuna solo perché la lotta contro l’obbligo al lasciapassare imposto dallo Stato (borghese) non rientra nello schemino ideologico di certi “anticapitalisti”.
Questa crisi sociale sta avendo quantomeno il merito di rivelarci per quel che davvero siamo, così che possiamo comprendere nel loro autentico significato le parole che usiamo (“anticapitalismo”, “rivoluzione”, “lotta di classe”, “marxismo”, ecc.). Su questo dato di fatto converranno certamente anche coloro che non condividono il mio punto di vista.
Per inviarci eventuali contributi scriveteci alla pagina facebook di Infoaut o ad infoaut@gmail.com. Vi invitiamo a proporci riflessioni ragionate ed articolate al fine di evitare di riprodurre la tribuna da social network che, ci pare, non sia molto fruttuosa in termini di possibilità di avanzamento collettivo.
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