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Quale convergenza per insorgere contro la guerra?

A Bologna il 22 ottobre, in un corteo fiume il grido No al Passante è stato talmente forte da straripare in rivoli imprevisti, componendosi con tantissimi “per altro” e iniziando ad alludere a un “per tutto”.

Un’eccedenza che ha trovato in quella piazza il luogo dove far sentire una rabbia covata da troppo tempo contro un presente inquinato da salari sempre più bassi e precarietà, razzismo, violenza patriarcale e guerra. Ci sembra che Bologna abbia mostrato che la forza della convergenza sta nella sua imprevedibilità, nell’impossibilità di calcolarne gli esiti a priori quando viene messa in moto. Neanche una settimana dopo la Sapienza è stata occupata da studentesse e studenti, indicando la possibilità di interconnessione tra una lotta contro un’università che scambia il sapere con il profitto, le lotte ecologiste e nel mondo operaio e l’opposizione al materializzarsi di una Terza guerra mondiale i cui effetti ricadono inevitabilmente ben al di là dei territori ucraini. È con questa forza collettiva alle spalle che la convergenza si è presentata a Napoli il 5 novembre.

Lottare per questo, per altro e per tutto è possibile solo mettendo al centro un’eccedenza che non recita copioni già scritti, con le parti assegnate come se la realtà si desse per categorie o identità preconfezionate. Questa eccedenza, questa possibilità nuova, vive nelle variegate condizioni materiali che si incontrano per convergere in vista di un’opposizione comune: generazioni diverse, precarietà che si intrecciano, vecchi e nuovi operai e operaie, migranti, donne, persone Lgbtq+, studentesse e studenti alla testa di un conflitto climatico che ci riguarda tutte e tutti.

La possibilità di nuovi salti in avanti della convergenza si basa sulle potenzialità che emergono da una forza sociale molteplice che da settimane si riversa nelle piazze italiane iniziando a delineare il volto possibile di un’opposizione sociale non più disposta a sopravvivere alla fine del mese, né ad aspettare la fine del mondo. Un’opposizione in cui il rifiuto della guerra e della miseria che lascia attorno a sé si unisce alla lotta per la giustizia climatica e contro il carovita, a quella che contesta un modello di riproduzione sociale patriarcale, che rivendica una scuola diversa da quella che chiama le disuguaglianze “merito”, che vuole smontare i confini che respingono in mare donne e uomini migranti in arrivo e li inchiodano a terra quando c’è da sfruttarli. In questa forza sociale si presenta la possibilità della convergenza.

Dentro e attorno a tutto questo c’è la guerra in Ucraina. Una guerra dalla proiezione mondiale, fuori controllo, lanciata su una china nucleare. Una guerra che non si è insinuata solo nelle nostre bollette, ma minaccia i nostri salari e il nostro reddito, la nostra libertà sessuale e di movimento, accorciando e segnando il futuro che il pianeta potrà ancora sostenere. Una guerra che prova a rinsaldare la presa della nazione sulle nostre vite e sulla nostra politica. Se c’è, come crediamo, una forza sociale che attraversa il paese, questa forza sociale vuole la pace. E su questo va aggiungo che non c’è stato un solo 5 novembre. A Roma una piazza dai numeri imponenti ha lanciato per la prima volta dall’inizio della guerra un no di massa. Una piazza convocata in modo estremamente canonico, rituale e “dall’alto”, e da soggetti talvolta nemici di una prospettiva di pace. Tuttavia, un grido netto di rifiuto della guerra si è espresso tenendosi lontano dalle ambiguità sovraniste di altre piazze viste in Europa. Siamo certe che molti fra coloro che sono scesi in piazza a chiedere la pace non si aspettano che a portargliela sia il Papa, Conte, né tantomeno Letta. Si stanno però chiedendo qual è la nostra pace, come la costruiamo insieme, chi sono i miei compagni e compagne in questa lotta?

Ci sembra che lotte sociali e lotta contro la guerra non possano riprodursi come piani separati. E che non sia purtroppo sufficiente dire che le lotte sono già in sé stesse contrapposizione alla guerra. Che sia necessario trovare le parole e le pratiche per rifiutare questa guerra in tutte le sue manifestazioni, in tutti i suoi effetti, in tutte le sue ricadute materiali. Per questo, ancora una volta, ConvergenX – parole e pratiche in movimento invita tutte e tutti coloro che sono interessati alla costruzione di un discorso collettivo contro la guerra a confrontarsi: che cosa c’è di nuovo nel rifiuto della guerra in Ucraina? Come possiamo rendere evidente il rapporto tra la guerra e le nostre crisi quotidiane? Come possiamo organizzare un’opposizione alla guerra che sappia imporsi contro le agende degli Stati e delle alleanze tra Stati? Come praticare una politica di pace che sappia spendere quotidianamente la forza accumulata nelle grandi manifestazioni di massa?

Introducono la discussione:

Non una di meno – Bologna

Collettivo di fabbrica GKN

Movimento No Base – Né a Coltano né altrove

Aigul Hakimova – Assemblea permanente contro la guerra

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