Quarticciolo: non c’è cura senza conflitto
Dopo anni di battaglie, il Comitato di quartiere ha ottenuto un importante risultato: pretendere chiarezza e trasparenza sui lavori di manutenzione delle palazzine del quartiere, sulle sanatorie e sul piano straordinario per via Ugento.
In primavera, avevamo annunciato il nostro piano per il quartiere. Oggi quello che abbiamo ottenuto é ancora troppo poco ma é un tassello fondamentale. Partiamo però dal ristabilire un ordine del discorso.
Ci sentiamo ripetere da sempre che non ci sono le risorse. Anche in questo caso, all’incontro tenutosi nei locali della Palestra popolare, ci é stato detto che Ater ha un debito con il comune di Roma per milioni di euro; paradossalmente, l’ente che si occupa del diritto alla casa, deve pagare ogni anno l’Imu al comune come fosse un privato cittadino. Il direttore ci ha tenuto a ribadire che l’ente deve rientrare di 21 milioni di euro di morosità solo dal Quarticciolo; mentre i tecnici ci hanno spiegato che il taglio al personale ha comportato che un patrimonio di 50.000 case fosse gestito da soli 300 dipendenti. Ritardi nell’applicazione delle decisioni e ritardi amministrativi, dunque secondo Ater, sono dovuti a questa realtà.
Che i tagli ai servizi pubblici e l’investimento in risorse sulle politiche abitative fosse un fatto problematico questo ci é chiaro da anni. Continue sostituzioni di direttori, commissariamenti, tagli sommari al personale, hanno svuotato un ente essenziale per la nostra città. Sembrerebbe che, scientemente, l’intento fosse stato quello di lasciare le case sempre piu all’incuria con inquilini sempre più morosi, proprio per affermare che la macchina non funziona e quindi va abbandonata. Questa é la sensazione che abbiamo e che viviamo ogni giorno quando ci piove in testa dentro casa.
8500 sanatorie sono lavorate da tre funzionari, centinaia di persone non hanno una posizione regolare per problemi burocratici, la maggior parte di questi sono morosi ingiustamente. Molte delle risorse che all’ente servono, potrebbero essere recuperate semplicemente sbrigando le pratiche, manutenendo le case – in modo che gli inquilini non debbano farsi i lavori da sé -, adeguando i canoni ai redditi comprese le indennità di occupazione. Ma la macchina non funziona e abbandonarla significa abbandonare 50.000 alloggi e tutte le persone che ci vivono all’interno.
Iniziamo, quindi, a ribaltare la retorica per cui l’Ater ha un debito sproporzionato e non riesce a manutenere gli stabili perchè gli inquilini sono morosi. Diciamo la verità. Bisogna rivolgere il dito contro i responsabili non contro gli abitanti. Contro coloro che hanno ridotto l’ente più grande d’Italia di edilizia residenziale pubblica un colabrodo. Questo é successo a causa di chi scrive leggi né eque né giuste né sostenibili, a causa di chi sostiene che il pubblico é uno spreco e va smantellato. Come é possibile per un inquilino sostenere un’indennità di occupazione di 800 euro come é successo ad Aza, trasferita a valle Aurelia da via Ugento? O 1500 euro? Come é successo a Jair all’ottavo lotto del Quarticciolo. Nessuno pagherà mai quei canoni. Ecco perché come Comitato abbiamo deciso di pagare, ma pagare il giusto quello che ci sembra proporzionato, alla grandezza del nucleo familiare, ai redditi e allo stato manutentivo della casa, che si tratti di occupanti o inquilini regolari.
Ma ad Ater abbiamo chiesto ancora – dato che non ci sono le risorse – che fine hanno fatto quelle del superbonus 110% che in questo paese sono state usate per tutto tranne che per intervenire sulle coibentazioni del patrimonio pubblico? Dove sono andate a finire? Eccole, a quanto pare a dicembre inizieranno i lavori di rifacimento dei lotti di Quarticciolo di Locorotondo e del secondo lotto su via ostuni. La domanda spontanea é stata: perché sprecare delle risorse là dove non é necessario? Perché non é stato accolto il nostro suggerimento di intervenire sui lotti che non vengo ristrutturati da quando sono stati costruiti? Parliamo di quasi un secolo. Qual é la ratio del vostro agire?
Ancora una volta il problema riguarda chi ha voluto rendere l’ente un colabrodo. Per motivi di scadenze stringenti del 110% non si potevano scegliere palazzi misti. Perche Ater é riuscita anche a vendere appartamenti in palazzi mai ristrutturati. Agire sul 110% su queste palazzine voleva dire fare assemblee condominiali con gli inquilini privati, quindi perdere tempo. Quando in primavera abbiamo occupato la sede di Ater proprio questo avevamo richiesto, la coprogettazione del 110%. Se fosse stato avviato quel processo sarebbero stati gli stessi inquilini ad incaricarsi dell’assemblea condominiale. In questo modo é stata impedita la facoltà degli inquilini di decidere sull’applicazione di risorse che avrebbero definitivamente risolto i loro problemi.
Nessuno degli abitanti del quartiere ha voglia però di giustificare anni e anni di incuria, di malagestione e di volontà politica di smantellare la cosa pubblica, perciò abbiamo chiesto fondi certi per le palazzine di via Manfredonia e via Ostuni per il rifacimento dei tetti. Nel frattempo Walter, Luana e i loro figli verranno trasferiti in un altro appartamento in attesa della fine dei lavori.
Anche su via Ugento ripartiranno i lavori di ristrutturazione e verranno recuperate le risorse per la seconda palazzina. Mentre la Casa di Quartiere dove sorge la Palestra popolare é in attesa dello sfratto perché non regolare. L’impegno é stato quello di fermare lo sfratto riconoscendo l’utilità sociale delle attività che si svolgono nei locali di via Ugento 30 e via Trani 1.
Oggi abbiamo disponibilità e date certe, ma nostro compito è continuare ad essere vigili, attenti, scrupolosi. Capire quello che succede in quel palazzo di Lungotevere Tor di Nona 1 non é un esercizio di stile. È fondamentale per ribaltare la retorica che ci vede fruitori di un servizio o addirittura complici nel rendere le case fatiscenti. Noi dobbiamo sapere che fine fanno i soldi pubblici e perché le nostre case, le nostre vite vengono trattate come l’ultimo dei problemi sulla terra. Noi abbiamo bisogno di sapere e partecipare alle decisioni che si prendono sui nostri quartieri.
La retorica di cui sentiamo parlare sulla transizione ecologica è insopportabile agli occhi di chi gli piove dentro casa, non ha termosifoni funzionanti e gli crolla il tetto in testa.
Bisogna dire la verità su tutti i quartieri di case popolari. Si diffonde l’incuria, si pretende che gli abitanti siano esclusivamente dei pagatori di affitti a qualsiasi condizione, le relazioni tra le persone e con gli enti si abbrutiscono mentre gli abitanti vengono descritti come animali. La verità é che il welfare non esiste più e lo stato é svuotato della sua capacità decisionale e rappresentativa.
Far parte di un Comitato vuole dire prendersi cura della borgata.
Cura vuol dire decidere insieme cosa é necessario per migliorare le nostre vite. Cura vuol dire conflitto tra di noi, in quartiere, e nei confronti di chi non ci rispetta. Cura non vuol dire sostituirsi allo Stato o fare vertenze fino allo sfinimento. Cura vuol dire arrabbiarsi, criticare, opporsi e fare in modo che questo sia utile per stare bene.
Non c’è cura senza conflitto.
Dalla borgata per la borgata.
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