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Quello che abbiamo in comune

 

Sull’operazione di polizia contro il movimento fiorentino

Quello che è accaduto a Firenze – arresti, firme, perquisizioni e denunce a carico di ben 78 persone – non è un fatto circoscrivibile all’attività di un collettivo di facoltà, tantomeno a quella di un’area politica in particolare o, ancora, alle vicende interne di una triste città del centro-Italia. Le persone colpite non sono iscrivibili, come vogliono stampa e polizia, a una identità politico-sociale (gli “anarchici” o gli “studenti” in questo caso) e sbaglia di grosso chi, magari pensando di fare un favore agli incriminati, asseconda questa operazione di “profiling”. In realtà l’operazione giudiziaria riguarda chiunque si sia impegnato nell’ultimo ciclo di lotte a Firenze, a prescindere dall’appartenenza a un collettivo piuttosto che a un altro. Per questo sono i movimenti o meglio tutti coloro che, ovunque siano, si sentono parte delle insorgenze del nostro tempo che devono riconoscere questi compagni e compagne come “cosa loro” e ascriverli con forza alla loro intelligenza e alla loro esistenza, cioè alla loro stessa potenza. Tutti quelli raggiunti oggi dalle grinfie della “giustizia” sono parte di me, di te, di noi.

Tutti loro, indistintamente, sono la nostra parte. Perché di questo stiamo parlando e cioè di decine di persone che in questo tempo di rivolte hanno scelto, insieme a migliaia di altri, di scendere insieme in strada piuttosto che continuare a rimuginare solitariamente in qualche social network, di occupare le scuole e le università piuttosto che perdersi nella gestione della protesta, di compiere un gesto di insubordinazione in accordo con il proprio pensiero piuttosto che di limitarsi ad enunciarlo, di far vibrare di rabbia un territorio piuttosto che rinchiudersi a ciarlare tra quattro mura.

Ormai in Italia – e non solo – un qualsiasi sodalizio, la condivisione di una forma di vita, una qualsiasi amicizia che si vuole politica o la semplice circolazione di una sensibilità comune è passibile di essere inquadrata nella dizione “associazione a delinquere”. Guardate infatti gli atti di cui vengono accusati i nostri amici: scritte, blocchi, occupazioni. Nulla di più che le forme naturali di un movimento che voglia incidere nel reale. Nulla di meno che un desiderio collettivo che segue il suo ritmo. Pensateci bene: sono le pratiche di tutti noi. Di tutti noi che abbiamo creduto sia possibile ribellarsi all’intollerabile. Tutto quello che, in questo senso, ha importanza in un movimento, in una lotta o in una rivolta è sempre qualcosa di comune.

Allora ai “giustizieri” non resta che criminalizzare i legami, legami tra le persone, tra queste e le loro parole, tra queste e un luogo, tra questo e un movimento e così via. L’accusa di “associazione a delinquere” non è solo un mezzo pseudo-giuridico per poter procedere a degli arresti facili: essa in realtà si configura come la volontà governamentale di criminalizzare ogni comune, ogni vera condivisione, ogni relazione che sfugga all’individualismo attraverso cui si governa il “sociale”. Non esiste un movimento che non si fondi sulla comunanza di idee, parole e gesti. Dalle università ai luoghi di lavoro, dai centri sociali alle mille sperimentazioni collettive che continuano, malgrado tutto, a vivere in questo paese pulsa un comune che è più forte di qualsiasi identità o differenza. Per questo desideriamo essere al fianco dei compagni e delle compagne di Firenze e per questo invitiamo tutti a sentirsi parte insieme a loro, così come loro sono sempre stati parte dei movimenti in cui abbiamo creduto.

Sebbene sia prassi che l’accusa di “associazione” non regga mai alla prova del primo esame, questo non vuol dire che dobbiamo restare passivi, in attesa non si sa di che sviluppi e limitarsi alle parole di prammatica. Comprendere che sono i legami tra le singolarità che si tessono nelle lotte e che tendono a costituirsi in forme di vita ingovernabili a costituire il vero problema della polizia sociale significa comprendere cosa dobbiamo non solo salvaguardare ma rafforzare. Siamo chiari: non c’è una “lotta alla repressione” che aspetta di essere intrapresa per l’ennesima volta. La solidarietà non è un insieme di
parole sempre uguali messe insieme per l’occasione, ma la capacità di risuonare con ciò che ci tocca e che così diviene parte della nostra vita, dei nostri pensieri, delle nostre parole.

 

È questo l’augurio che facciamo ai compagni di Firenze e che ci facciamo: di continuare a risuonare sempre più intensamente.

 

LIBERI TUTTI/E !

Rete Lettere, Roma 3 – Collettivo DAMS – Collettivo Scienze Politiche, Roma 3 – Assemblea Permanente Architettura, Roma 3 – Collettivo Lavori in Corso, Università Tor Vergata – Laboratorio Mappa_Dura, Roma 3 – LOA Acrobax – Partizan – Coordinamento Cittadino Lotta per la Casa

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