Rovesciamo la crisi!
Per tutto l’autunno abbiamo chiesto lo sciopero generale, intersecando le istanze della Fiom impegnata contro il ricatto di Marchionne con la battaglia di scuole e università contro la riforma Gelmini: nessuno ci ha dato retta, ci è stato ogni volta ripetuto che sarebbe stato convocato quando necessario, che lo sciopero richiedeva tempo di essere costruito… abbiamo visto quanto ci si è impegnati per farlo (…), in una moina con le sembianze di ‘lezione’ della dirigenza della Cgil della Camusso alla Fiom ‘indisciplinata’ di Landini. Chi sente in cuor suo il bisogno di cambiare questo paese sa bene che ogni sciopero che s’aggiunge ed attraversa non può che fare bene a chi è tremendamente stufo di portare pazienza e digerire sacrificio, però oggi, lo sciopero del 6 maggio che valenza politica va ad assumere contro la Gelmini, il Berlusca, la Marcegaglia o il Marchionne?! Il boato pazzesco di piazza del Popolo il 14 dicembre 2010 rende meravigliosamente l’idea della potenza e della forza sociale con le quali avremmo potuto presentarci per le strade, con l’aggregato soggettivo di una generazione che aveva cominciato a dire ad alta voce ‘basta!’.
Quello che ci interessa qui evidenziare non è tanto una fucina di dietrologismi di rimpetto alle mancanze di intelligenza e metodo della Cgil, non abbiamo tempo da buttare al vento, saremmo altrimenti costretti a cadere nella tentazione di ribadire ancora lo schifo contro Cisl e Uil, sindacati gialli venduti e complici di Marchionne, responsabili dello sfacelo che casa Fiat sta compiendo a man bassa contro gli operai di Pomigliano e Melfi, Mirafiori e Bertone… ma chiarire a piene lettere la tensione con la quale scendiamo in piazza in una scadenza sicuramente importante ma che deve costituire la base di ripartenza per una nuova stagione di lotte, dentro e contro le macerie dell’università gelminiana, in opposizione ad una nuova ‘guerra umanitaria’, in antagonismo alla realtà precaria dentro la quale affogano le nostre vite.
Rovesciare la crisi. Rovesciarla crediamo debba significare lavorare in scuole ed università per rifiutarla, per scompaginarla, per buttare la sua tecnocrate governance in faccia di chi la generata e la sta ora domando… che sia la Gelmini che tramite le sue Commissioni Statuto pensa di poter trovare legittimità per la sua riforma, sia Berlusconi che ci ha trascinato in un’altra infame guerra spacciata come umanitaria, sia Marchionne che propende per la costituzione di una ‘Fabbrica Italia’ sotto il peso del ricatto, della precarietà, della subordinazione.
Agire il conflitto. Attraverso la convinzione che solo la lotta paga per davvero, che nessuna scorciatoia o ripiego di comodo ci consentirà di portare mai a casa un risultato. Ben sapendo che le sfilate colorate e variopinte saranno anche divertenti da vedere ma che si allontanano terribilmente dal senso del pretende e praticare lo sciopero, che non può avere altra risultante se non quella di essere organizzato ed agito ‘per far male’ alla controparte, con l’obiettivo di rivendicare ed ottenere. Ci siamo sinceramente stancati di attendere non solamente il sole dell’avvenire che tarda a presentarsi (…) ma anche l’opera caritevole del potente illuminato, che fatichiamo comunque a vedere e riconoscere… il potere si sviluppa per riprodursi e per ampliare il suo controllo e dominio, noi non dovremmo forse fare – per noi – lo stesso però con segno politico inverso?! L’abbiamo gridato per le strade quest’autunno, l’abbiamo ricordato al Berlusconi in campagna elettorale nella nostra città… che se ne vadano tutti: furbacchioni della crisi, politicanti della miseria, rais tricolore!
E il 13 maggio partiremo per Tunisi, per vivere il centro nevralgico della rivolta del Maghreb sollevato e ribelle… per capire, per condividere, per imparare.
Editoriale del numero di Rise Up per lo sciopero generale del 6 maggio
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