SeL predica bene, razzola male
Il gruppo consiliare Sel al Comune di Torino vota a favore della vendita del 40 per cento di azioni Amiat (igiene urbana), Trm-Inceneritore e Gtt-Gruppo Trasporti Torinesi. Questo è il dato fondamentale che accomuna Sel alla Giunta Fassino e che lo rende inconciliabile con le proposte del Movimento dell’acqua che ha misurato nel risultato referendario la sua consonanza con l’opinione maggioritaria di questo paese.
Per far credere che si stavano battendo per gli stessi nostri obiettivi, i consiglieri comunali Sel hanno fatto circolare una ridda di documenti nei quali affermazioni alternative si accompagnavano a concrete concessioni ai poteri forti e al mercato: la Finanziaria Città di Torino avrebbe dovuto mutar nome in “Torino Bene Comune” per il fatto di vendere il 40 per cento delle nostre aziende comunali, la gestione partecipativa era vista come azionariato diffuso, con il paradossale risultato di far comprare ai cittadini ciò che è già di loro proprietà e così coinvolgerli – assieme ai lavoratori – in meccanismi di governance come suggerito da molte esperienze straniere, anche recenti (da ultimo il caso Chrysler-Fiat, sic!). Oppure vendere alle fondazioni bancarie come da loro auspicato, non da ultimo dall’attuale Ministro dell’Economia, ex ammninistratore delegato di Intesa Sanpaolo che attraverso il Fondo Equiter già detiene quote azionarie delle Aziende comunali torinesi e della Società acque potabili SpA. Entrambe le ipotesi esplicitamente rifiutate dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua nell’assemblea di luglio che, non dimentichiamolo, ha indetto la manifestazione del prossimo 26 novembre per il rispetto del risultato referendario.
Dopo settimane di dicerie, voci, proclami la verità approda ora in consiglio comunale. Il Comune di Torino conclude le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia con una delibera storica, la maggioranza compatta avvia lo smantellamento dei Beni comuni cittadini, costruiti in un secolo di conquiste civili e sociali.
Per gravi ritardi culturali (non riuscire ad emanciparsi dall’ideologia dominante negli ultimi trent’anni) e politici (l’incapacità di cogliere una mutazione lenta ma profonda del senso comune), le forze che si richiamano a principi, non solo di libertà e democrazia, ma anche di equità e giustizia sociale, stanno perdendo la battaglia contro la privatizzazione delle nostre aziende comunali di servizi, e la fanno perdere anche al movimento per i Beni comuni.
L’esplicita adesione di Sel alla nostra manifestazione nazionale del 26 novembre indetta “Per il rispetto dell’esito referendario – Per un’uscita alternativa dalla crisi” esprime una visione e una volontà politica in netta contrapposizione con le scelte locali, a Torino come in Puglia e in molti altri comuni italiani.
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