Le accuse vanno dall’associazione per delinquere a disastro ambientale e concussione.
Oltre agli arresti, la Procura ha disposto anche il sequestro preventivo dei prodotti finiti e semilavorati dell’Ilva destinati alla vendita e al trasferimento poiché lo stabilimento avrebbe violato le prescrizioni del sequestro adottate a luglio sugli impianti dell’area a caldo (quella più dannosa per la salute di Taranto).
Il primo sequestro era infatti avvenuto lo scorso 26 luglio, quando all’Ilva era stata data indicazione di rendere a norma gli impianti: nei quattro mesi trascorsi da allora, invece, lo stabilimento ha continuato a produrre e ad inquinare e solo oggi è arrivato lo stop definitivo.
L’operazione di stamattina si inserisce nell’inchiesta ‘environment sold out’ (‘ambiente svenduto’), che ha messo in luce come, negli anni, Riva&co. abbiano speso fior di quattrini per convincere i periti incaricati di studiare l’impatto inquinante dello stabilimento a presentare risultati falsi che nascondevano gli effetti devastanti che la produzione dell’Ilva ha avuto negli anni su tutta la città.
E’ il caso, ad esempio, di Lorenzo Liberti (ai domiciliari da questa mattina), docente dell’Università di Bari a cui due anni fa era stata affidata un’indagine sulla fonte di inquinamento di alcuni terreni, i cui risultati erano stati ‘ammorbiditi’ dopo le pressioni e i soldi ricevuti dai dirigenti dell’Ilva.
In seguito all’operazione di questa mattina il ministro dell’ambiente, Clini, si è limitato ad auspicare che tutto questo non interferisca con l’Aia (l’Autorizzazione Integrata Ambientale) da lui stesso promossa, che di fatto autorizzava l’Ilva a continuare a produrre. Nulla di nuovo, insomma: come a dire che le vicende sull’inquinamento e la salute dei cittadini non sono affare del governo dei professori, purché non ostacolino la produzione dell’impianto, votato a diventare ‘un nuovo modello di sviluppo per tutta Italia‘.
D’altronde l’inchiesta di questa mattina non fa che confermare qualcosa di prevedibile e già denunciato nelle mobilitazioni dei mesi scorsi, e cioè che per anni gli accordi tra i dirigenti dell’Ilva e i poteri locali hanno cercato di nascondere la partita sporca che si stava giocando sulla pelle dei cittadini in nome del perseguimento del profitto ad ogni costo, anche quello della salute.