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Termini, la Fiat chiude

Il previsto ‘rilancio’ industriale di stabilimento ed indotto ha già ricevuto, nella scorsa settimana, l’approvazione dei vari sindacati (gialli). A mancare, al momento attuale, solo la voce della FIOM, finora sempre critica con i progetti per il post-FIAT giudicati (a ragione) inconsistenti, ma che, sull’ultima formulazione di questi resa pubblica giorno 11 novembre in un incontro tra governo sindacati ed imprese coinvolte, non si è ancora espressa ufficialmente con chiarezza.

Dunque allo stato attuale il grosso degli operai FIAT dovrebbero trovare nuova occupazione nella DR, minuscola casa automobilistica specializzata nel ricarrozzare, parzialmente, auto cinesi. Marchio dalle ridottissime quote di mercato, un mercato per di più in generale restrizione, per cui la capacità produttiva di Termini appare grandemente eccedente. Altra parte dei lavoratori termitani verrebbero invece riassorbiti in una galassia di aziende ed azienducole o irrilevanti o anch’esse incapaci di dare una, seppur minima, garanzia di mantenimento occupazionale.

Questo il punto sullo scenario del dopo FIAT. Nessun grande cambiamento è dunque intervenuto da quando Marchionne ha deciso di dismettere lo stabilimento siciliano. Sul tema della riconversione s’è giocata una partita dai contorni non limpidissimi e di cui non tutti gli sviluppi si sono già definiti ma è fuor di dubbio che l’intero apparato governamentale abbia fallito nella gestione della crisi (non volendo considerare successi le varie speculazioni andate in porto). Neanche l’obbiettivo minimo di costruire anche solo l’illusione di un possibile rilancio industriale del distretto produttivo è mai stato raggiunto, nessuno a Termini ha infatti preso sul serio, sia pure solo per un istante, le varie ipotesi che si sono succedute su chi avrebbe dovuto rilevare gli impianti. La vicenda degli ultimi mesi ha visto protagonista il gruppo DR in una riedizione fuori tempo massimo e farsesca dei processi sciagurati di industrializzazione del meridione (tra cui Termini ma anche Priolo e mille altri esempi di devastazione sociale ed ambientale dei territori). Si ripropongono così tutti i meccanismi speculativi e di rapina tipici di quella pagina di storia nazionale senza, per di più, nessun ritorno per chi quei luoghi li abita, neanche nelle forme, certo paradossali, del lavoro, disumano, in catena di montaggio e lasciando infine un territorio devastato ed impoverito.

Dopo decenni di sfruttamento degli uomini e delle donne di Termini la FIAT si appresta infine ad abbandonare, dopo averla a lungo depredata, la Sicilia, disattendendo così a tutte le promesse e le rassicurazioni del passato (tra le tante anche quelle dell’attuale amministratore delegato che in una prima fase del suo impegno come CEO al lingotto aveva tenuto a rassicurare gli operai isolani sul mantenimento dei loro posti di lavoro) e mostrandosi, in spietatezza e cinismo, all’altezza del ruolo di grande multinazionale cui aspira.

 

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