Terremoto e Migranti
Oltre la metà delle abitazioni che sono crollate ospitavano migranti. Molte aziende hanno interrotto la produzione e, secondo quanto denunciato dei sindacati, sarebbero 90mila i lavoratori stranieri su una popolazione complessiva di 700mila persone; è evidente quanto sia elevato il numero di migranti che hanno perso il lavoro a causa del terremoto. Poi ci sono le badanti straniere, i cui assistiti hanno cambiato forzatamente la propria situazione abitativa e infine i lavoratori stagionali, con difficoltà a partecipare alla ripresa delle attività agricole per via della disponibilità degli alloggi drasticamente diminuita.
I migranti sono un soggetto molto eterogeneo e dunque diverse sono le modalità con cui provano ad affrontare le enormi criticità che improvvisamente si sono trovati di fronte. Molti hanno scelto di rimanere, alcuni si sono visti costretti a interrompere temporaneamente o definitivamente l’esperienza migratoria e pochi (tramite appoggi familiari o amicali) si sono spostati verso altre aree che non coincidono col proprio Paese d’origine. Nel frattempo la Protezione Civile tenta di promuove i rimpatri volontari, come se fosse scontato per i migranti togliere il disturbo nel momento di difficoltà. Molti di loro vivono nella Bassa da parecchi anni, durante i quali hanno costruito rapporti sociali e maturato competenze professionali, diventando una componente rilevante del tessuto socio-economico della zona. Eppure, la perdita della casa, del lavoro e l’aumentata precarietà causate dal terremoto per i migranti sono problematiche aggravate dal rischio di perdere il permesso di soggiorno e di diventare clandestini con tutte le conseguenze del caso, a causa delle leggi che regolano la loro permanenza in Italia (legge Bossi-Fini, istituzione dei CIE). Nelle misure d’urgenza prese dal Governo per affrontare il terremoto nella Bassa non c’è nessuna attenzione per la particolare condizione che i migranti vivono in quell’area.
Dalla fine di maggio, il Coordinamento Migranti Bologna e provincia ha promosso una campagna per chiedere al Governo e a tutte le autorità competenti una moratoria che:
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garantisse il rinnovo del permesso di soggiorno e della carta di soggiorno, anche se nei prossimi due anni non saranno in grado di soddisfare i criteri di lavoro, reddito, abitazione previsti dal testo unico sull’immigrazione.
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cancellasse per i prossimi due anni la tassa di rinnovo del permesso;
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garantisse un uguale trattamento nei soccorsi e nell’assistenza, indipendentemente dal possesso di un permesso di soggiorno.
Il 30 giugno la richiesta è stata depositata in Prefettura, ma finora dal Governo non si è avuta alcuna replica!
L’unico provvedimento che le Istituzioni sono state in grado di prendere è una specie di sanatoria che prevede la regolarizzazione dei cittadini stranieri attraverso il pagamento di 1000 euro, oltre al versamento dei contributi arretrati. E’ evidente che questo non farà altro che alimentare la precarietà e la ricattabilità dei lavoratori stranieri, produrre una scappatoia per chi impiega lavoro irregolare e naturalmente garantire al Governo nuove entrate. Oltretutto, questa sanatoria renderà vani gli effetti di un altro provvedimento, i cui dettagli sono ancora poco chiari, che prevede la possibilità di utilizzare l’art. 18 per denunciare i propri sfruttatori in cambio di un permesso “premio” di soli 6 mesi.
Un’altra novità, contenuta nella riforma Fornero, riguarda la possibilità per il lavoratore straniero, in caso di perdita del posto di lavoro, di rinnovare il permesso di soggiorno in attesa di nuova occupazione per un periodo di almeno un anno. Dato però che la stessa riforma Fornero istituzionalizza la precarietà per tutti i lavoratori, è chiaro come tale prolungamento si traduca di fatto in una beffa.
L’unica blanda apertura si è avuta dal Parlamento che stabilisce che siano rinnovati per 12 mesi solo i permessi in scadenza entro il 2012 e solo per chi ha problemi «per effetto degli eventi sismici». E’ evidente l’ambiguità implicita nella definizione e la conseguente difficoltà nello stabilire chi potrà effettivamente usufruire del provvedimento.
Dunque, le Istituzioni si stanno dimostrando incapaci a gestire le problematiche causate dal terremoto, che aggravano la situazione dei migranti che vivono e lavorano nella Bassa, e sorde alle loro richieste di intervento.
Le uniche risposte, se pur piccole, ancora una volta vengono dal basso. Nei punti di distribuzione dei materiali di prima necessità, autogestiti dai volontari e dalla popolazione stessa, più della metà dei fruitori sono migranti. In qualche caso, si è stabilito un vero e proprio dialogo tra migranti e volontari, tanto che, durante un episodio di conflitto con le Forze dell’Ordine verificatosi alcuni giorni fa al Palaverde di Cavezzo, un gruppo di migranti ha richiesto l’appoggio di volontari loro conoscenti per risolvere la questione. Confronto costruttivo e cooperazione dal basso anche in questo caso hanno vinto.
La multiculturalità può essere un’enorme ricchezza!
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