Atene: tra scioperi e rivolte da non dimenticare
Lo scorso 9 Novembre in Grecia si è tenuto uno sciopero generale che non si vedeva da tempo, una risposta ad anni di pandemia, austerity e attacchi del governo di destra firmato Mitsotakis. Le proteste hanno visto tutti i settori paralizzati: trasporti, scuole e amministrazione, ad Atene fuori uso metropolitana e autobus e nessuna nave ha lasciato il porto del Pireo. Gli stessi giornalisti non sono andati a lavoro e sono state fornite solo informazioni sull’andamento dello sciopero.
A spingere le rivolte il carovita insostenibile, il clima repressivo, gli effetti della guerra: la Grecia vede i prezzi dell’IVA tra i più alti in Europa, molti cittadini non riescono a pagare le bollette ed è corsa al legname per riscaldarsi. In alcune regioni si abbattono gli alberi per raccogliere la legna da ardere, i prezzi del legname sono schizzati in tutta la Moldavia, uno dei paesi fornitori. Emerge che, a causa dello scoppio della guerra in Ucraina, il gas è diventata una fonte di energia inaccessibile.
Il percorso di mobilitazioni su carovita e contro la guerra continua il 17 novembre, giorno in ricordo della rivolta di Politecnio, una protesta che si svolse presso il Politecnico di Atene a partire dal 14 novembre 1973 nell’ambito di una massiccia manifestazione studentesca sul rifiuto popolare della giunta militare greca e terminò in uno spargimento di sangue al mattino del 17 novembre, quando un carro armato sfondò i cancelli del campus e furono massacrati 24 civili. La rivolta studentesca ha rappresentato un atto di resistenza contro la dittatura militare e un simbolo di resistenza alla tirannia. La giornata vede funzioni commemorative che coinvolgono studenti e studentesse, alcune scuole e tutte le università rimangono chiuse. Dalla rivolta nacque un movimento che riuscì a far cadere la giunta militare e ottenere l’introduzione di una legge che impediva l’ingresso della polizia nei campus universitari, rendendoli così un rifugio sicuro per perseguitat* politici. Tale legge è stata di fatto abolita nel 2019, anno nel quale si insediò al governo il primo ministro Mitsotakis e alla quale seguirono moltissime proteste .
Riportiamo parti dei testi di indizione del corteo del 9 e del 17 novembre che ci appaiono fondamentali per comprendere il clima politico greco e allo stesso tempo acquisire chiavi di lettura sul nostro presente e i territori che attraversiamo:
“Le crisi del sistema statale-capitalista non sono il risultato di eventi casuali ma derivano dalle sue stesse contraddizioni causate dal conflitto insanabile imposto dal suo principio fondamentale, lo sfruttamento e l’oppressione dell’uomo da parte dell’uomo. Le élite politiche ed economiche strumentalizzano le crisi in modo che il sistema possa perpetuare la sua esistenza, aumentare i suoi profitti, espandere il suo potere e approfondire il suo dominio sulle società e sulla natura.
Così, in lungo e in largo, sta lanciando un attacco a tutto campo contro i popoli. Lo scoppio della guerra in Ucraina dopo l’invasione militare russa è l’evento più recente che mette in luce il profondo marciume del sistema statale-capitalista che non ha più nulla da promettere a chi sta sotto se non guerra, profughi, malattie, povertà, impoverimento, controllo e sottomissione. L’acuirsi delle rivalità imperialiste per il predominio delle fonti produttrici di ricchezza, per la loro gestione e l’espansione della “sfera di influenza” di ciascun blocco di potere, unita al costante desiderio di stati e padroni di massimizzare il proprio controllo e i propri profitti, hanno, da una parte, determinato l’instaurarsi di una realtà da incubo per le fasce sociali più basse del mondo intero. In primis per i popoli che stanno vivendo gli orrori della guerra e per i profughi e subito dopo per tutti gli altri che accettano sia le conseguenze del saccheggio di ogni campo di approvvigionamento e dei beni primari finalizzati alla sopravvivenza, sia l’ulteriore inasprimento del controllo, della sorveglianza , la repressione e le condizioni di sfruttamento e oppressione.
Nel mezzo di una profonda crisi sistemica complessiva, il sistema capitalista di stato accelera le ristrutturazioni che prendono di mira ogni manifestazione della vita sociale, svalutando i bisogni sociali di base, lavoro, salute, istruzione, alloggio, trasporti. […]. Questa condizione, unita al paesaggio devastato modellato dalla gestione omicida dello stato della pandemia – con la tragica conseguenza della morte di milioni di persone in tutto il mondo e di oltre 33.000 nell’area greca fino ad oggi, dove lo stato greco ha risposto con selvaggia repressione delle resistenze sociali e di classe e con l’ulteriore scioglimento del SSN, con il suo completo abbandono, con fusioni di unità ospedaliere e privatizzazioni e con il mancato impiego del personale necessario – stanno ora portando l’intera base sociale a impoverimento violento e la classe più debole che trova difficoltà a soddisfare i propri bisogni più elementari per la propria sopravvivenza. Le bollette della famiglia e i costi di produzione sono aumentati in un breve lasso di tempo come mai prima d’ora. Il prezzo di elettricità, gas e carburante è salito alle stelle, portando sicuramente con sé tutti i prodotti e servizi. […] La questione abitativa con il costante aumento degli affitti ha condannato gran parte della base sociale a non farcela e allo stesso tempo un nuovo codice minaccia migliaia di famiglie di sfratto dalle proprie case. La cosiddetta “economia reale” sta ancora una volta flirtando con un crollo totale. Oggi, l’attacco statale e capitalista alla grande maggioranza sociale sta passando attraverso l’approvazione di leggi volte alla riduzione delle manifestazioni, all’abolizione del turno di 8 ore e all’attacco al diritto di sciopero, alla liberalizzazione dei licenziamenti alla distruzione assoluta del bene della salute pubblica […]
Contro la svalutazione delle nostre vite, l’impoverimento e l’oppressione, contro le guerre e il nazionalismo, contro gli stati e i padroni che opprimono le nostre vite per intensificare le lotte sociali e di classe. Stiamo tutti insieme sulla strada e sulle lotte di resistenza sociale e di solidarietà di classe. Combattere collettivamente e dal basso contro i nostri oppressori, rafforzare e custodire le resistenze sociali e di classe che sono l’obiettivo della repressione e organizzarne di nuove. Senza farsi illusioni sul ruolo delle istituzioni, senza offrire alcun consenso alla gestione della nostra vita, senza fare un solo passo indietro rispetto a ciò che abbiamo conquistato e che è costantemente in gioco e rendere gli spazi dove lavoriamo, studiamo e viviamo centri di resistenza e partita. Di fronte alla guerra, che è l’unica via di salvezza per lo Stato e il sistema capitalista, di fronte al piano di sterminio degli sfruttati e degli oppressi, di fronte al nazionalismo, al fascismo e all’imperialismo, l’unica speranza è la solidarietà internazionale tra i popoli, il contrattacco organizzato del basso. […]
49 anni dopo, la storia della rivolta al Politecnico non si esaurisce nel 1973, perché i suoi contenuti ei suoi progetti non appartengono al passato [..]. Al contrario, appartiene al futuro in quanto ha avviato una lunga serie di mobilitazioni, rivolte e scontri delle fasce più radicali della società e soprattutto dei giovani. Lo spirito di novembre si rivelerà inesauribile, rimanendo sempre vivo nonostante la lunga operazione di distorsione e pirateria da parte di coloro che hanno sfruttato la rivolta per costruire un altare della democrazia mitico e insanguinato come fondamento ideologico del potere post-rivoluzionario. Il Politecnico non sarà l’indiscutibile mito santificato del potere e della democrazia come vorrebbero i suoi lacchè, ma un punto di riferimento per una ribellione che a volte scoppia e a volte si annida e che ancora oggi non è stata repressa. Pertanto, la commemorazione e le mobilitazioni di resistenza di quest’anno sono per noi un’opportunità politica per onorare la memoria storica della rivolta del Politecnico nelle strade e per dimostrare contro la narrativa dominante che non è stata solo una rivolta democratica contro la dittatura. È stata una ribellione, che continua a rimanere una ferita aperta per i padroni economici e politici e un punto di riferimento per le lotte sociali e di classe che si sviluppano oggi contro il terrorismo di stato e la brutalità capitalista. È l’ennesima opportunità per scendere in piazza mentre Politecnio ei suoi progetti continuano a ispirarci, di fronte al tentativo della repressione di creare un clima di terrore con polizia, auree, sostanze chimiche, percosse e arresti. Di fronte al totalitarismo moderno, riproponiamo dignità, resistenza e solidarietà.
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