Barcellona 1 ottobre
Un racconto in presa diretta dalle piazze catalane.
Quella che fin dall’inizio si prospettava come una giornata piena di tensioni si è materializzata con l’intervento dei 16mila poliziotti inviati da Madrid per impedire lo svolgimento delle consultazioni.
Da circa due giorni i comitati di protezione del referendum, formati da studenti, lavoratori e pensionati, avevano occupato una parte dei seggi per evitare che venissero sigillati dalla polizia. Altri sono stati aperti la notte precedente. Già dalle 7 del mattino, mentre gli elicotteri della guardia civil sorvolavano la città, si sono concentrate centinaia di persone all’esterno dei collegi elettorali. I reparti di polizia regionale dei mossos d’esquadra hanno lasciato che le consultazioni iniziassero, riferendo di non poter intervenire senza l’utilizzo della violenza, cosa che era stata espressamente sconsigliata dal comandante dei Mossos Luis Trapero. A questo punto i corpi di policia nacional e guardia civil sono usciti dal porto e hanno iniziato raid contro diversi seggi con l’obbiettivo di sequestrare le urne e chiudere gli edifici. La resistenza popolare si è rivelata però nettamente superiore alle aspettative con le forze di polizia incapaci di mantenere il controllo delle strade: nella maggior parte dei casi le camionette sono state circondate e gli è stato impedito di uscire utilizzando forme di resistenza passiva, in altri lo scontro ha assunto forme più radicali. In molti quartieri di Barcellona come Sant’Antoni, sono stati inseguiti per centinaia di metri dalla popolazione e costretti a risalire sulle camionette per allontanarsi. Si sono riscontrati scontri anche tra membri dei vigili del fuoco e i mossos d’esquadra che presidiavano i seggi, e le forze di polizia del governo centrale.
In tarda serata il governo della Generalitat ha riferito alla stampa che più di 700 persone sono rimaste ferite e che le operazioni di voto hanno avuto luogo senza interruzioni nel 70% dei seggi. Nella mattinata del 2 ottobre i numeri del referendum sono chiari: circa il 90% dei partecipanti al voto (circa la metà degli aventi diritto), ha espresso parere favorevole all’indipendenza. Il governo centrale ora minaccia azioni legali contro migliaia di persone incluse le forze di polizia catalane. Una strada, quella della giudizializzazione, che è considerata da molti come una scelta che finirà per esacerbare ulteriormente le tensioni.
Quali sono le conseguenze politiche di questa giornata? Con la scelta dello scontro frontale l’apparato statale spagnolo ha perso notevole legittimità, sia sul fronte internazionale sia sul fronte della stabilità del proprio governo, attaccato da praticamente ogni lato dello spettro politico per la sua gestione della crisi. La Generalitat catalana invece, ne esce rafforzata. Difficile pensare che il parlamento catalano voti a favore di una dichiarazione unilaterale di indipendenza, visto il sorgere delle prime spaccature tra il fronte indipendentista neoliberale che preferisce la via del negoziato col governo centrale, e quello della sinistra radicale che vuole invece applicare il risultato. Quello che però è certo, come riferiscono molti manifestanti pro-indipendenza, è che il popolo catalano non dimenticherà questa giornata. E quello che è iniziato come un conflitto politico portato avanti dalla coalizione di governo guidata da Puidgemont si è ora trasformato in una spaccatura insanabile tra il governo centrale e la popolazione catalana, che al contrario del governo Rajoy ha ancora molte carte da giocare.
Francesco Lanzone
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