Berlino batte un colpo? Spigolature geopolitiche (1.1)
Il titolo suona: l’Europa deve ricalibrare i suoi rapporti con gli Usa. Sottotitolo: la Ue non può più sottomettersi a strategie made in Washington ma portare avanti i propri interessi e porre chiari limiti anche agli amici. L’autore, tedesco, non è un politico ma il direttore del programma di strategia del Global Policy Institute, un importante think tank di base a Londra. Come giustamente sottolinea il sito German-Foreign-Policy, il merito principale dell’articolo è di aver portato alla luce del sole l’acceso dibattito interno all’establishment tedesco sulla vicenda ucraina. Un dibattito che non solo rispecchia forti divergenze, del tutto trasversali ai vari partiti, sulle prospettive del legame tra Germania (e Europa) e Russia-Cina, ma anche gli umori di un’opinione pubblica niente affatto irretita nel corso anti-russo fin qui seguito, con più di un contorcimento, dal governo Merkel e nella narrazione delle vicende ucraine propinate dai media nazionali. (Ovviamente nulla di ciò trapela nell’informazione nostrana).
L’articolo non potrebbe essere più chiaro e diretto al riguardo: la politica statunitense verso l’Ucraina è contro gli interessi europei. Non da ultimo perché porta Mosca nelle braccia di Pechino in direzione di una alleanza anti-occidentale da cui solo Washington ha da guadagnare, secondo la precisa strategia tracciata da Brzezinski per il post guerra fredda che fa dell’Europa la testa di ponte americana in Eurasia (si noti il termine) anche a evitare qualunque intesa tra Germania e Russia. Che invece sarebbe da perseguire – certo, senza per questo rompere con l’alleanza transatlantica ma, appunto, per ridefinirla.
Ecco il problema (e qui lasciamo l’articolo al suo destino). Un doppio problema, in realtà. Perché, innanzitutto, l’idea di fare altalena tra Est e Ovest, tra filoatlantismo e Ostpolitik, regge sempre meno agli scossoni che la crisi globale sta provocando nel sistema internazionale geopolitico e geoeconomico. È il monito della filoamericana Frankfurter Allgemeine Zeitung, che pure ricorda come nell’eurocrisi Merkel non ha affatto seguito il “consiglio” anglosassone di emettere eurobond per salvare l’euro ma al contrario si è appoggiata alla domanda di beni russa e cinese.
E perché – ma questo lo diciamo solo noi – l’espansione delle relazioni economiche verso il vicino euroasiatico non è un dato né scontato né win-win (come si dice oggi tra chi se ne intende). Se è vero che contiene un’ineliminabile componente imperialista da parte tedesca (ed europea tutta) come si vede dalle pretese di relegare Gazprom a mero fornitore di gas da commercializzare alle “nostre” condizioni incamerandone i sovraprofitti. Resta da vedere se il recente rapprochement sino-russo darà a Mosca più contrattualità in generale e nella vicenda ucraina in particolare. Comunque la partita energetica e strategica è solo iniziata con gli Usa che stanno giocando sporco (vedi le pressioni sul governo bulgaro per interrompere la costruzione del pipeline South Stream).
La Germania non potrà a lungo sfuggire a queste contraddizioni. Così come dovrà sempre più guardarsi dall’arruolamento americano che prosegue su questa sponda dell’Atlantico; non solo in Est Europa se è vero che Washington punta molto sul cavallo Renzi (questo offre il mercato…) per accelerare il negoziato sulla partnership economica transatlantica e porre le basi per un rivolgimento delle politiche energetiche europee. Lo slogan è già pronto: tutti contro l’austerity targata D. Indebitatevi, friends, indebitatevi, garantiamo noi e paga la Bce… girando il prezzo alle classi sfruttate!
E intanto, con una “sinistra” europea in stato comatoso, incapace di tracciare qualsivoglia scenario alternativo all’esistente e tanto meno di cogliere i termini di una “geopolitica della crisi” (e delle lotte), l’antiamericanismo viene risollevato in chiave nazionalista e popolare da Le Pen figlia che fa campagna contro il Ttip e guarda a Mosca…
17 giugno ‘14
rk
vedi anche: Spigolature geopolitiche (1.0): Ucraina e nucleare
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