Berlusconi a Tunisi. Accordi e residuati del vecchio regime
E tra una dichiarazione e l’altra di Maroni e Berlusconi qui sembra che la misura sia veramente colma. “Abbiamo organizzato questo sit in per contestare la visita di Berlusconi di cui non condividiamo le politiche legate alla questione migrazione”, mi dice il segretario aggiunto della federazione della sanità dell’UGTT, ha la delega alle relazioni internazionali e all’immigrazione, ed in Italia c’è stato già spesso e conosce bene come vanno le cose sulla costa nord del mediterraneo. “Siamo contro l’esplulsione dei migranti che hanno raggiunto cladestinamente l’Italia, in questo momento difficile per la Tunisia potrebbe essere fatale e poi ci vuole una politica più equa nei loro confronti”.
Queste considerazioni hanno mosso il sit-in che di prima mattina è stato allestito davanti all’ambasciata, ogni tanto si fermano alcuni studenti, sono in pausa tra una lezione e l’altra, e prendono parte alle discussioni. “Guarda la, le vedi quelle decine e decine di persone sedute sul marciapiede? Quelli sono tutti disoccupati, qui non c’e’ lavoro, e non è giusto far tornare qui chi stava cercando di guadagnarsi da vivere altrove, mica sono criminali!”.
Eppure in Italia un reato per immigrazione clandestina c’è e pesa sulla vita di migliaia e migliaia di persone, ma visto da qui quel reato che rientra all’interno di tutti quei provvedimenti che in parte sono stati siglati dal governo Berlusconi anche con il tiranno di Cartagine sembra un vero spregio alla rivoluzione che ha portato alla caduta del regime di Ben Ali, una sorta di residuato del vecchio regime. Ora che tutti sono d’accordo nel considerare Ben Ali un criminale (l’Italia per ultima a voltargli le spalle il 14 gennaio) viene da chiedersi con quale faccia il governo italiano possa continuare a trattare da criminali chi di quel mafattore si è liberato con uno sforzo e una determinazione gigantesca, e chi ancora si imbarca per lascirle alle spalle altre feroci dittature.
Con un misto di ingenuità e razionalità mi si dice “quelli che sono stai espulsi in questi anni andrebbero risarciti, sono sicuro che in Italia lo dicevano che qui c’era una dittatura, e i diritti umani?”. Lo sanno tutti che lo dicevano, lo gridavano i tunisini che venivano rimpatriati a forza fino a qualche mese fa, eppure l’alleato di Cartagine era una risorsa geopolitica troppo preziosa, guai a parlare di regime, anzi ogni visita ufficiale di qualche presidente europeo era l’occasione per compiacersi davanti alle telecamere dei notevoli passi avanti fatti verso la democrazia in Tunisia.
Già democrazia, una parola che qui si nomina spesso e con fierezza, se ne parla continuamente, ma se ci si pone all’ascolto con attenzione la democrazia di cui parla la gente nelle piazze non è quella europea, occidentale, quella che sigla accordi con rais mafiosi, lascia affogare uomini e donne in mare, imprigiona e deporta migranti trattandoli come criminali. No quella democrazia là se ne è andata con un volo Tunisi Roma da qualche ora senza siglare (per il momento) nessun accordo con le autorità tunisine e almeno per oggi si puo’ tornare all’avenue, all’agorà di Tunisi dove il movimento che “vuole andare fino in fondo” continua a lanciare la sua sfida ai corrotti e malfattori del vecchio regime.
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