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Catalogna al bivio di fronte all’intransigenza di Rajoy e i tentativi di recupero di Puidgemont?

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Lo sciopero generale del 3-0, insieme alle manifestazioni convocate contro la repressione finita due giorni prima sotto i riflettori di tutto il pianeta, nonchè per il rispetto della volontà catalana, ha avuto l’effetto di confermare quanto imponente e massificato sia il processo di autodeterminazione che accelera spedito con l’obiettivo di giungere alla dichiarazione di indipendenza dallo Stato centrale.

In un botta e risposta rapidissimo, la Corte Costituzionale ha negato che si possa tenere la plenaria di lunedì del Parlamento Catalano chiamata per sancire il risultato del Referendum dell’ 1-O e l’eventuale Dichiarazione Unitaria di Indipendenza spinta dalla CUP. Di fronte a questo scenario mutato, Puidgemont ha esplicitato la richiesta di poter svolgere la sessione di lavori il martedì.
E’ l’ultimo capitolo di uno scontro a tutti i livelli, che si arrichisce del monito dell’ FMI per i rischi che la “crisi catalana” potrebbe portare all’economia spagnola.

Nella regione crescono tensioni e cominciano a smarcarsi da eventuali ricadute grossi pezzi di istituzioni finanziarie e banche; dopo il Banc Sabadell, il cui Consiglio di amministrazione stasera discuterà se spostarsi con alte probabilità ad Alicante, anche Caixa esplicita la volontà di spostare le sue sedi amministrative al di là dei confini catalani. Il Governo Centrale di Madrid di fatto sta approntando tempestivamente una misura che consentirebbe a tutti gli istituti bancari catalani di poter spostare le proprie funzioni amministrative senza passare dal vaglio dei CdA. Con uguale rapidità, gli Interni hanno comunicato che la permanenza dell’ingente dispiegamento di forze di polizia e Guardia Civil inviate in Catalogna sarà prolungato di almeno una settimana, fino al 18 Ottobre, per ora, in quella che è stata battezzata “operazione Copernico”.

Una mossa che spiazza i tentativi di riconciliazione del partito di Puidgemont, che ora si dichiara disposto a posporre la dichiarazione di indipendenza se vedrà segnali distensivi da parte del Governo, tra cui il ritiro di parte dei contingenti di polizia mandati in terra catalana. In uno scontro così duro, la figura di Puidgemont e il suo partito tentano di recuperare crediti e tono nei confronti sia delle istituzioni finanziarie internazionali, sia alla ricerca di una sponda legittimatoria da parte dell’ Unione Europea, di fatto puntando a un riconoscimento formale che non spinga i grandi capitali a sfiduciare la richiesta di indipendenza catalana isolandola e sfibrandola economicamente.

Per lo stesso martedì, frattanto, è stato chiamato lo sciopero generale. La diputata della Cup Eulalia Reguant ha affermato che in un contesto in cui l’impostazione costituzionale non consente alcuna possibilità di dibattere sul diritto all’autodeterminazione, adilà della DUI è necessario dare seguito alle forme di disobbedienza civile che si sono date come trait d’union nella popolazione. Ha aggiunto che di fronte all’applicazione dell’ articolo 155 e alla convocazione di elezioni imposte da Madrid, i partiti sovranisti non vi dovrebbero partecipare per non legittimarle, e si e’ focalizzata sul fatto che è giunta l’ora di lavorare per avere un controllo effettivo del territorio. Infine, non ha mancato di lanciare una frecciatina ai Mossos che a sua opinione avrebbero dovuto non solo essere passivi, ma difendere le persone durante l’1-0 dall’operato della polizia spagnola.
Mossos che, secondo indiscrezioni dell’ ultima ora, potrebbero aver contribuito a chiudere più seggi di quanto si sia ritenuto finora l’1-0. A proposito, il capo Trapero, insieme ai presidenti delle entità sovraniste ANC e Omnium per ora si trovano senza misure cautelari dopo le dichiarazioni rilasciate stamani, e verranno riascoltati quantoprima per far luce sulle indisposizioni e la disobbedienza alle istituzioni che avrebbero commesso nella domenica referendaria.

Ai piani alti, la partita a scacchi vede dunque la possibilità non remota che Rajoy applichi l’articolo 155 della Costituzione, mai utilizzato dal 1978, su spinta in particolare di Ciudadanos, stampella a destra del Partido popular in Parlamento. L’applicazione eventuale è ben spiegata nell’articolo 189 del regolamento del Senato: sarebbe Rajoy a dover mandare una richiesta a Puidgemont di accettazione di obbedienza alla legge costituzionale.

In caso contrario, o comunque di risposta non soddisfacente, il capo del Governo sarebbe tenuto a presentarsi in Parlamento esponendo la necessità delle misure contro una forma di insorgenza anticostituzionale da parte della comunità autonoma in questione, dettagliandone i motivi e la natura di queste. Una volta compiuto questo primo passo, la proposta del capo del Governo dovrebbe passare dapprima alla commissione delle comunità autonome e da questa essere trasmessa al Presidente della Comunità affinche prenda nota e possa nuovamente esprimere una sua posizione sul rientro alla costituzionalità o meno, una sorta di ultimatum dunque.

Il presidente della Commissione, una volta ricevuta la risposta del presidente della Comunità, può elaborare delle modifiche alla richiesta di applicazione del 155 così come presentata dall’ esecutivo. In ogni caso, le sue eventuali modifiche dovrebbero essere finalizzate con una sessione alla Camera, che prevede quattro turni di dibattito e la votazione finale per la convalida, che passa per la maggioranza assoluta. In questo caso il PP non avrebbe problemi a far passare la proposta di applicazione, detenendo 149 dei 266 seggi totali.

Come descritto sopra, questa procedura comporterebbe diversi passaggi per i quali occorrerebbero almeno una settimana se non una decina di giorni in assenza di altre priorità rilevanti.

Tempisticamente quindi, anche ammettendo che una tale proposta sia effettivamente messa sul piatto da Rajoy in queste ore, la sua legittimazione legale non sarebbe effettiva se non tra due settimane. Un tempo lungo, lunghissimo, se non fosse per l’intervento della corte Costituzionale che ha deciso per la sospensione della sessione straordinaria prevista per lunedì prossimo al Parlament, con grosse responsabilità penali qualora la sospensione non fosse attuata dallo stesso parlamento.

Per ora, l’effetto travolgente della domenica referendaria e del martedì di sciopero generale (il più grande degli ultimi 25 anni in Catalogna, secondo CGT), ha portato la borsa spagnola ad una caduta rovinosa questo mercoledì, e sta portando non pochi timori a livello finanziario. I primi segnali si son dati questo giovedì con la clamorosa affermazione degli amministratori del Banc Sabadell. Di sponda, ciò non ha fatto altro che aumentare la sensazione di incertezza e tensione nella popolazione catalana, che con tutta probabilità non andrà ad acuirsi nelle settimane a venire.

Ad aggiungere carne al fuoco è la presidentessa del Parlamento Catalano Carme Forcadell, di Esquerra Republicana, nonché personaggio centrale nella configurazione politica attuale della Catalogna, essendo stata una delle principali animatrici della Assemblea Nazionale Catalana, la principale organizzazione/associazione pro-indipendenza della Comunità con decine di migliaia di soci e di cui è stata presidente dal 2012 al 2015.

La Forcadell, questo giovedì, ha affermato pubblicamente che non sa se lunedì prossimo ci sarà o meno la dichiarazione unilaterale di indipendenza, non conoscendo che proposte effettive porteranno i diversi schieramenti politici. Ha detto altresì che l’eventuale approvazione dell’articolo 155 sarebbe la mossa politica peggiore da parte del Governo, che provocherebbe l’effetto contrario a quello desiderato, in quanto sinora sono stati per appunto l’Esecutivo e la Polizia ad aver sopraffatto i cittadini catalani che hanno secondo lei risposto in maniera composta ed esemplare alla violenza dello stato.

Come Puidgemont, ha criticato e respinto il messaggio e l’arroganza del re Felipe nel suo discorso di martedì sera, sottolineandone la mancanza di volontà alcuna di dialogo né di risentimento per la repressione messa in campo la scorsa domenica. Infine, ha rimarcato come il risultato storico del referendum sia da considerare legittimo e valido senza ombra di dubbio, come peraltro suggerito da diverse autorevoli organizzazioni internazionali che seguono la trasparenza dei processi elettorali in tutto il mondo e sono state presenti domenica e i giorni precedenti nei seggi catalani.

Sullo sfondo, l’interesse crescente della Comunità dei Paesi Baschi alla situazione catalana, con il lehendakari Urkullu che è intervenuto martedì tentando una sorta di mediazione tra le posizioni catalaniste e l’intransigenza di Madrid, invocando un processo che porti a un referendum concordato con lo Stato spagnolo al fine di riconoscere come nazioni a tutti gli effetti Paesi Baschi e Catalogna. Il lehendakari è stato chiamato ad intervenire anche a seguito dell’immediata risposta solidale e di piazza datasi in tante città dei Paesi Baschi sia domenica che martedì.

Dal punto di vista della piazza, sarà indubbiamente centrale vedere quali processi organizzativi si metteranno in cammino dopo l’ondata emotiva pro-indipendenza che, per quanto contagiosa, porta con sé contraddizioni molto dure e che potrebbero saltare come in un effetto domino destinato a modificare o cristallizzare rapporti di forza all’interno della stessa società catalana.

La corte costituzionale comunque ha giocato d’anticipo mettendo paletti durissimi per lunedì. Un segnale che ha sparigliato le carte facendo accelerare le possibilità che non si giunga ad alcuna mediazione. Ciò significherebbe per il popolo catalano dover arrivare a un punto di non ritorno, con una opzione insurrezionale di massa che puntellerebbe gli interessi dei lavoratori e delle classi popolari, che scavalcherebbe ovviamente qualsiasi ipotesi delle élites neoliberali di Puidgemont di imbonirsi il capitale internazionale e di darla vinta a Rajoy giocando con mediazioni al ribasso e subordinandosi una volta per tutte alle volontà restauratrici del Governo.

Non da meno, sarà importante cogliere come si potrebbe ampliare il raggio della lotte di classe ad altre comunità della Spagna che indichino chiaramente la volontà di superare lo stallo di una transizione mai conclusa sancita dalla Costituzione del 1978.

Parafrasando, si potrebbe dire “O Republica o muerte”..

 

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