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Che cosa sta accadendo in Siria? Manovre reazionarie contro il Rojava

Che cosa sta accadendo? Un temibile accerchiamento politico, prima ancora che militare, è in corso, e la primavera che inizia vedrà una lotta decisiva per il vento di cambiamento che dal Kurdistan vorrebbe soffiare su tutto il medio oriente. Le forze reazionarie siriane, appoggiate da alcune potenze regionali, vogliono impedire la riunificazione del Rojava ed espellere il confederalismo democratico dalla storia della Siria. L’Arabia Saudita è riuscita, negli ultimi mesi, a farsi portavoce carismatico di un largo settore del capitalismo mediorientale (che comprende la Turchia e lambisce l’Egitto) interessato al controllo di tutto il territorio siriano e delle sue risorse energetiche, idriche e agricole. Il progetto di un rovesciamento di Assad – uomo vicino ad una fazione capitalistica antagonista, quella iraniana – appare oggi affidato più alla diplomazia che alle armi, mentre ciò che appare prioritario è accreditare l’Hnc come sola forza in grado di governare la futura Siria. La rivoluzione confederale del Rojava rappresentata dal congresso democratico siriano (Sdc), ombrello politico dell’esercito democratico siriano (Sdf) a guida Ypg, possiede una forza militare ormai troppo pericolosa, e un prestigio politico in grado di disturbare i progetti della borghesia mediorientale.

Le forze dell’Hnc, quindi, attaccano le Ypg a partire dal terreno a loro più favorevole, Aleppo; e Arhar ash-Sham inizia a sostituire l’Is quale interlocutore “presentabile” della Turchia sul confine, in attesa delle prossime evoluzioni. Chi sono, tuttavia, le forze dell’Hnc? Contrariamente a quanto afferma la nostra stampa, non si tratta del Free Syrian Army o Fsa (ex militari siriani che disertarono con l’appoggio di Washington nel 2011), ma dell’alleanza, sposorizzata dall’Arabia Saudita, tra ciò che resta del Fsa (circa 20.000 uomini secondo uno studio statunitense) e il Fronte Islamico (80.000 uomini), di cui i gruppi salafiti propugnatori dell’instaurazione di uno stato islamico, Jaish al-Islam e Ahrar ash-Sham, costituiscono la leadership politica e militare. L’idea di creare uno stato islamico in Siria non è, infatti, propria esclusivamente dell’organizzazione che ne ha fatto il suo nome. Anche altri attori dell’insurrezione siriana propugnano una simile evoluzione, e non soltanto il Fronte Islamico, ma anche il sempre più radicato e sempre più forte Jabat al-Nusra, escluso dall’Hnc per essere la branca siriana di Al-Qaeda ma che, in ogni caso, influenza l’Hnc attraverso Arhar ash-Sham, sorta di suo portavoce di fatto.

L’Is, d’altra parte, non è l’unico stato islamico della regione: l’Arabia Saudita è uno stato islamico a sua volta (con tanto di imposizione universale della legge coranica e continue decapitazioni pubbliche) e il suo principale nemico, l’Iran, non lo è di meno. Questo contesto è determinato dallo sfondo sociale della guerra in corso, in cui il richiamo dell’islam come elemento di secessione storica dalla colonizzazione occidentale fa presa su milioni di giovani e meno giovani in tutto il mondo musulmano, sebbene i vecchi “stati islamici”, come le monarchie del golfo, siano visti dalla nuova generazione come forze ipocrtite perché servili con l’occidente. Le Ypg, pochi giorni fa, hanno sequestrato a Shaddadi settecento passaporti indonesiani e malesi (con unico timbro turco) abbandonati da miliziani dell’Is dopo la fuga: la Siria è investita da un fenomeno storico-politico che ha radici sociali planetarie profonde, e l’attuale retorica della guerra “allo stato islamico” nasconde la scelta di combattere soltanto uno dei tanti stati islamici presenti o possibili, in Siria come nel medio oriente. La legittimazione internazionale dell’Hnc a Ginevra denuncia la tentazione, soprattutto da parte degli Stati Uniti, di rassegnarsi al fatto che non sarà possibile sconfiggerli tutti, e occorrerà venire a patti anche con alcuni tra i più temibili; ma a scapito di chi?

I movimenti salafiti animati dall’ideologia del purismo islamico, come al-Nusra, Is, Arhar ash-Sham e Jaish al-Islam soverchiano i propri nemici politicamente, prima che militarmente. Le umiliazioni, lo sfruttamento e le violenze brutali associate alla colonizzazione mondiale dell’American Way of Life hanno fornito buoni argomenti a chi ha saputo presentarsi come unica opposizione moralmente coerente a questo processo, soprattutto tra le popolazioni arabe. L’idea degli Usa, fin dai tempi della resistenza antisovietica dell’Afghanistan, è che è possibile trovare accordi con queste forze corrompendole, ossia proponendo affari alle loro leadership, in cambio di pace. Tuttavia il continuo tradimento della causa da parte dei leader della prima ora non impedisce la persistente formazione di nuove avanguardie di combattenti intenzionati a purificarla, e le differenze tra Is e al-Nusra, o tra Is e Hnc, non impediscono tra loro alleanze stabili o intese contingenti – come mostra il cambio di consegne al confine turco – e rapporti con le monarchie del golfo e il governo turco (forze “apostate” e pervertitrici dell’Islam, secondo l’ideologia salafita, ma il cui supporto monetario, logistico e militare è pragmaticamente irrinunciabile).

Su questo meccanismo regionale si inseriscono gli interessi globali. Gli Stati Uniti hanno appoggiato il Fsa, oggi parte minoritaria dell’Hnc, tra il 2011 e il 2014, fino a che lo stato islamico è nato quale scissione teorica di Al-Nusra, destabilizzando l’area e attaccando l’occidente. Il Fsa, oltre ad aver accusato l’emorragia di migliaia di combattenti verso i gruppi salafiti, ed essersi mostrato militarmente inaffidabile, ha costituito con il Fronte Islamico un comando rivoluzionario unificato con base a Gazantiep in Turchia a fine 2014, presupposto militare della creazione dell’Hnc da parte dei sauditi. L’appoggio statunitense alle Sdf, nel 2015, è stato motivato quindi da ragioni squisitamente pragmatiche. Le Ypg erano unico interlocutore presentabile ed efficace sul terreno, benché venisseno da una storia diversa. Si erano formate nel 2012 per rispondere agli attacchi non solo di al-Nusra, ma anche delle Fsa armate dagli Usa. Il loro progetto è dichiaramente anticapitalista. Appoggiano l’insurrezione curda in Turchia, alleata degli Stati Uniti, e maggiore sponsor assieme ai sauditi dell’Hnc. Il voltafaccia statunitense del 2014-2015 potrebbe non essere l’ultimo.

Nè gli Usa né la Russia, in ogni caso, hanno obiettato ai movimenti militari contro Sixmasud e attorno ad Afrin almeno per il momento, sebbene sembrino preludere a un possibile scontro su vasta scala tra Hnc e Sdf. La forza della rivoluzione islamica in Siria fa sentire il suo peso, e fronteggia quella confederale. Il momento è favorevole, con la legittimazione che l’Hnc ha ricevuto dall’Onu a Ginevra, dove suo portavoce è il comandante in capo di Jaish al-Islam, intento in queste ore a gasare i civili curdi nel nord di Aleppo. L’Hnc sa di avere il sicuro appoggio della Turchia in caso di attacco al Rojava, e proprio i generali turchi hanno ricevuto militari Usa nelle ultime settimane, ponendo le loro condizioni per l’evacuazione dell’Is dalla regione di Sheba: nessuna rivendicazione territoriale da parte delle Ypg (sebbene si tratti di Kurdistan), appoggio aereo delle forze turcomanne del Fronte Islamico, e scorporamento dalle Sdf delle forze arabe che vogliono combattere nella zona, oltre che esclusione di quelle considerate politicamente inaffidabili (come Jaish al-Tuwaar, “esercito dei rivoluzionari” arabo alleato delle Ypg, che combatte contro Jaish al-Islam – “esercito dell’islam” – a nord di Aleppo).

Il presidente del Kurdistan iracheno Massud Barzani, intanto, d’intesa con Turchia e Hnc, ha chiuso completamente il confine tra Iraq e Rojava in entrambe le direzioni, e pratica arresti politici – connessi con la situazione siriana – in Iraq, segnatamente contro elementi di sinistra curdi e internazionali. Il suo partito-satellite in Siria, l’Enks, partecipa ai colloqui di Ginevra sotto l’ombrello dell’Hnc, rendendo possibile la frottola di una presenza curda nei colloqui di pace. Staffan de Mistura, Cristina Mogherini e François Hollande stringono le mani del portavoce dell’Hnc mentre quest’ultimo coordina con l’Is l’accerchiamento di Afrin o il massacro di Sixmasud, e quelle di Davutoglu mentre la Turchia bombarda regolarmente non soltanto Afrin e Qamishlo, ma minaccia pubblicamente di usare l’aviazione contro Azaz. I media internazionali calano un velo su tutto questo. Ciò che accade nel nord della Siria è dimenticato sotto il nome di “processo di pace” e “cessate il fuoco”, ma a ben vedere è un fuoco controrivoluzionario quello che si sta propagando. Le Ypg e le Ypj si muovono per il Rojava impazienti di sferrare l’attacco a Jarablus, primo avamposto dell’Is sulla via per Afrin. Si preparano a muovere verso Aleppo per porre fine all’assedio dell’Hnc. Il loro morale è alto mentre si salutano con il motto “Serkeftin”, vittoria: la Siria non cesserà di mettere alla prova gli equilibri internazionali.

Dall’inviato di Infoaut e Radio Onda d’Urto a Qamishlo, Rojava

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