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Cile in fiamme: dietro ogni emergenza si nasconde un nuovo profitto

Giornali e telegiornali parlano del più grande incendio della storia dell’America Latina, mentre la presidentessa Michele Bachelet ne approfitta per dichiarare lo Stato d’Eccezione costituzionale insieme allo Stato di Calamità. Le regioni maggiormente afflitte da questi incendi sono quella di O’Higgins, del Maule e del Bio Bio, tutte al Sud di Santiago e tutti luoghi caratterizzati dalla presenza intensiva di piantagioni di pino ed eucalipto di proprietà di gradi imprese forestali. Mentre il mondo intero guarda con apprensione alla perdita di ingenti quantità di “bosco” vengono celati i veri responsabili di tale disastro “naturale”: la monocoltura e le imprese forestali; nessun accenno alla prevedibilità di tali fenomeni ed al perché non si prenda alcuna precauzione per evitare che accadano, piuttosto che inseguire a posteriori un emergenza pronta a trasformarsi in business umanitario.

Nelle Ultime 72 ore l’intensità dei roghi è diventata così forte da richiedere l’aiuto di contingenti di volontari esteri; sono al lavoro squadre da Messico, Francia, Portogallo, Spagna, Perù mentre sono in funzione il jet Ilyushin II-76 – inviato da Putin – ed il Boeing cisterna SuperTanker finanziato con 10 milioni di dollari dalla miliardaria cilene Lucy Ana Aviles, nota alla cronaca come figlia dell’avvocato che si occupò di difendere i torturatori della DINA. Continua il tamtam mediatico; le pubblicità sono sospese lasciando il posto ad appelli continui alla raccolta di fondi;

esempio lampante è l’onnipresente quanto contraddittorio spot televisivo dove CocaCola si fa bella sostituendo la pubblicità convenzionale con l’annuncio della donazione di 3milioni di litri d’acqua per combattere l’incendio.

Nel frattempo maturano le condizioni per aprire il campo alla “ricostruzione” ancor prima che l’emergenza fuoco sia rientrata. Le imprese forestali ed edili sono infatti le prime che si preparano ad un ghiotto banchetto all’insegna di premi assicurativi ed aiuti umanitari, mentre chi sta pagando le conseguenze sono gli sfollati e le persone le cui case continuano a bruciare.

Sono infatti oltre 700 le case distrutte e 2000 quelle danneggiate e oltre 270mila gli ettari di piantagioni di pini ed eucalipti andati in fumo.

Il principale responsabile di tale disastro sociale ed ambientale è quindi da ricercarsi, più che nella straordinaria ondata di caldo o in fantomatici sabotaggi di stampo Mapuche, come millantano alcuni settori delle reti sociali, nel modello estrattivista con cui il capitalismo opera nelle regioni sudamericane, saccheggiando ogni risorsa naturale e fagocitando tutto ciò che incontra.

La storia di tale saccheggio però non è affatto nuova, affonda le proprie radici nell’epoca della dittatura di Pinochet, quando nel 1974 fu varato il decreto legge 701 che prevedeva sussidi pubblici fino al 75% per chi investisse nell’industria del legno piantando pini ed eucalipti. Una “febbre del legno” che non si è mai arrestata e continua ad essere spalleggiata dai differenti governi democratici che si sono susseguiti dalla fine della dittatura ad oggi.

Chi ha tratto i maggiori vantaggi da questa legge sono stati i grandi capitali, rappresentati da alcune tra le più ricche e potenti famiglie del paese. I margini di profitto nel settore sono poi aumentati grazie alla progressiva automatizzazione dei processi di lavorazione che hanno ridotto al minimo la forza lavoro impiegata.

Le famiglie in questione sono Angelini e Matte, rispettivamente proprietarie delle imprese Cellulosa Arauco e CMPC, le principali imprese forestali del paese, nonché proprietari di canali di informazione, università e miniere.

Tra gli effetti causati dalle piantagioni estensive di pini ed eucalipti troviamo, oltre l’estinzione della biodiversità caratteristica del boschi nativi, con tutti i danni che comporta per la conservazione di flora e fauna locale, soprattutto l’inaridimento del terreno, dovuto al notevole assorbimento caratteristico di queste specie arboricole. Come se non bastasse, la resina del pino ed il legno di eucalipto sono caratterizzati da una alta infiammabilità che, unita alla secchezza del terreno, favoriscono la creazione e la propagazioni di incendi. Infatti di tutta le vegetazione andata in fiamme solo il 18% è rappresentato da bosco nativo.

Ci troviamo davanti ad una polveriera a cielo aperto che oggi si sta dimostrando per ciò che è.

Una domanda sorge spontanea: “dopo tsunami, terremoti e incendi quale sarà la prossima emergenza su cui lucrare?”

Per saperne di più

Piantare povertà, il negozio forestale in Cile

 

Per la foto si ringrazia Luis Hidalgo: Camminando per le strade di Santa Olga, luogo di passaggio di un incendio che ha distrutto più di mille case, Sergio Gelvez (38) insieme a sua figlia Maite (4), Constitución, Chile, Giovedì 26 Gennaio 2017.

 

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pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

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