Dopo i bombardamenti oltre confine in barba ad ogni forma di diritto internazionale che nel 2008 portarono alla morte di Raúl Reyes ed il mega bombardamento del 2010 per uccidere Jorge Briceño, continua la politica di omicidi nei confronti dei dirigenti delle Farc.L’uccisione del Comandante Cano fa seguito ai tentativi di apertura di quest’ultimo ad un possibile dialogo di pace con il governo centrale a dimostratre il totale disintersse del governo Colombiano asservito a quello statunitense  a qualunque processo di pace. Di seguito un articolo tratto dal portale on-line nuova colombia.
 
Nelle  ultime ore i media colombiani e internazionali, per bocca dei propri  direttori, “opinionisti” e pennivendoli vari, stanno celebrando  l’uccisione in combattimento del Comandante in Capo delle FARC-EP,  Alfonso Cano, avvenuta ieri nel dipartimento meridionale del Cauca.
 
Il  trionfalismo della iena Santos, del ministro della Difesa Pinzón e degli  altri carnefici del popolo colombiano al governo è pari soltanto a  quello registrato quando un bombardamento in territorio ecuadoregno  dell’aviazione statunitense, supportata da truppe colombiane, mise fine  alla parabola resistente del Comandante Raúl Reyes il 1 marzo 2008, o  quando il Comandante Jorge Briceño venne seppellito da tonnellate di  bombe scagliate sul suo accampamento insorgente da oltre una sessantina  fra aerei ed elicotteri da guerra, nel settembre del 2010.
Come  allora, anche oggi i corifei del regime, i lustrascarpe  dell’imperialismo ed i complici di ogni sorta del terrorismo di Stato  gridano “vittoria!”, promettono (da Santos in giù) ai guerriglieri  “carcere o tomba”, e annunciano con squilli di trombe la “fine  definitiva delle FARC e del conflitto”. Riferendosi all’organizzazione  guerrigliera più antica e poderosa delle Americhe, vomitano termini  quali “decapitata”, “allo sbando”, “in preda ad una crisi di  leadership”, e via discorrendo, per poi lanciarsi in squallide  elucubrazioni su chi sarà il successore di Alfonso Cano, ovviamente non  senza assicurare che la “successione sarà piena di tensioni e lotte  intestine”.
Lorsignori  dimenticano che le FARC, con quasi mezzo secolo di lotta rivoluzionaria  alle spalle, hanno accumulato esperienza, capacità combattente e  solidità organica che, sommate ad una compattezza ideologica e a una  chiarezza politica fuori dal comune, le predispongono strutturalmente ad  assorbire i colpi, seppur duri come questo, a rendere immediatamente  esecutiva la sostituzione dei compagni morti (già prevista con  abbondante anticipo) e a dare continuità politica e militare ai piani di  lavoro di tutte le unità combattenti e militanti.
Con la  morte di un quadro politico-militare storico del calibro del Comandante  Alfonso Cano, che dalla Gioventù e dal Partito Comunista era passato  alle file guerrigliere per evitare di essere trucidato dal terrorismo di  Stato al pari degli oltre 5000 dirigenti e militanti dell’Unión Patriótica,  il popolo colombiano perde uno dei suoi migliori figli, un  rivoluzionario che ha lottato senza cedimenti per la pace con giustizia  sociale e che si è sacrificato per un futuro migliore per il suo popolo.
Il  regime oligarchico-mafioso capeggiato da Santos, che alcuni sprovveduti  e miopi affermano erroneamente essere diverso da quello uribista,  sguazza nell’orgia di sangue succhiato al popolo colombiano e conferma  la propria essenza guerrafondaia.  Un regime putrefatto, infinitamente  pluriomicida e cronicamente affetto dal morbo della menzogna, che lo  porta a ripetere come un grammofono inceppato che uccidendo qualche  comandante insorgente si potrà sterminare il progetto rivoluzionario; e  ad ignorare che, fino a quando impereranno la fame, la miseria, lo  sfruttamento, l’ingiustizia e la disuguaglianza sociali, il latifondo,  il narcoparamilitarismo, la dittatura del gran capitale, le  privatizzazioni, la svendita della sovranità nazionale e il terrorismo  di Stato, compendiati dal rifiuto di dialogare con l’insorgenza per  arrivare ad una soluzione politica del conflitto, le ragioni storiche,  politiche, economiche e sociali che hanno partorito la guerriglia  saranno più attuali che mai, e questa continuerà a nutrirsi con sempre  maggior intensità della linfa vitale che alimenta ogni progetto di  trasformazione radicale dell’esistente, vale a dire le masse popolari.
*Politologo ed analista ecuadoregno