Due anni dopo, le lotte in Egitto
Non è ancora finita perché ci sono i familiari delle vittime della rivoluzione – vittime del regime di Mubarak e del potere militare instauratosi dopo la sua caduta, vittime del nuovo regime dei Fratelli Musulmani – ci sono le lotte degli studenti nelle scuole e nelle università e sempre più sono le fabbriche in lotta. Certo la lotta non sboccia ovunque, infatti, sono molti quelli che, spinti dalla voglia di stabilità o ingannati dalle falsità mediatiche, sembrano voler dare fiducia al governo al potere; ma la lotta egiziana non è finita ed una nuova coscienza popolare sta nascendo.
Piazza Tahrir, presidiata quasi ininterrottamente da oltre 2 anni, continua ad essere riempita dalle proteste, ma tanti altri sono i luoghi in cui l’Egitto post rivoluzionario vede svilupparsi battaglie portate avanti da diverse composizioni: ultras, lavoratori, studenti…Tutti portano avanti delle lotte che vanno oltre le singole rivendicazioni e mirano che al cambiamento dell’intero sistema.
Così la lotta degli studenti contro l’aumento delle tasse universitarie è immediatamente lotta per la giustizia sociale. Gli Ultras che vogliono giustizia per la mattanza di Port Said, pretendono la stessa giustizia per tutti i martiri della rivoluzione. La lotta dei lavoratori per il salario minimo è lotta contro lo sfruttamento dell’intera classe lavoratrice e per la nazionalizzazione dei mezzi di produzione.
Anche venerdì scorso è stato un altro giorno di protesta e due diversi corte sono partiti dal presidio di piazza Tahrir: in centinaia si sono diretti verso il palazzo presidenziale (scenario di violenti scontri nell’ultimo mese), altrettanti si sono recati verso l’alta corte egiziana. Manifestazioni contro le varie facce del potere: l’una contro Morsi ed il suo governo, l’altra contro le istituzioni militari.
Ma, è innegabile, piazza Tahrir – nonostante le centinaia ed anche migliaia di persone che la continuano a riempire, a discutervi, ad improvvisare assemblee – non è più quella di una volta, l’entusiasmo non è più lo stesso.
La “Piazza della Rivoluzione” è stata e rimane il luogo in cui i familiari delle vittime cercano una risposta – in cui padri, madri e sorelle continuano a protestare per una giustizia che a due anni dall’inizio delle rivolte è più lontana che mai – ma in questo periodo altri sembrano essere i luoghi in cui il diversificato movimento popolare sta concentrando la sua lotta.
Secondo alcuni piazza Tahrir adesso è diventata la piazza dei disperati, di chi non ha più nulla da perdere, intanto è in altri luoghi che le lotte prendono piede. Le lotte di lavoratori, studenti ed ultras, trovano forza nei quartieri e nelle città periferiche.
Gli scioperi dei lavoratori in tutto il paese, le mobilitazioni degli studenti e la neonata disobbedienza civile in alcune città egiziane e quartieri periferici del Cairo mirano – oggi come ieri, pur con le dovute differenze – allo stesso obiettivo: mostrare al regime che il popolo non lo vuole e che non si fermerà.
Sono questi i terreni su cui ad oggi si gioca la battaglia egiziana, e sono queste le lotte che da qui indagheremo.
Una corrispondente di Infoaut dall’area mediorientale
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