Due compagni della Carovana per il Rojava fermati al confine Turco-Siriano
La carovana per il Rojava aveva l’obiettivo di portare aiuti alla città di Kobane, anche se questo ha significato violare la chiusura delle frontiere turche, con la determinazione e la tranquillità di portare solidarietà a un popolo che per essere libero e per fermare l’avanzata dell’Isis ha dato tutto. La carovana ha deciso consapevolmente di non rispettare il blocco della frontiera,istituito in maniera ipocrita formalmente contro lo stato islamico, ma nei fatti uno strumento di repressione del popolo curdo: quella stessa frontiera turca che non lascia passare verso Kobane aiuti e solidali internazionali ha invece fatto passare a fine novembre un’autobomba che ha raso al suolo interi palazzi.
Gli attivisti, con il supporto di alcuni abitanti delle campagne di Kobane, hanno tentato di attraversare il filo spinato che impedisce il movimento di corpi e materiali tra le due zone del Kurdistan, il Rojava liberato in ex territorio siriano e il Bakur, territorio curdo sotto il dominio dello stato turco. Nascosti dietro il filo spinato, i militari della gendarmeria turca (polizia militare) hanno teso loro un agguato, sparando un colpo di pistola e riuscendo ad arrestare due italiani, poi condotti nella gendarmeria di frontiera, e un ragazzo curdo, il cui destino è stato invece tragicamente diverso: convinti di non essere visti, i militari turchi l’hanno picchiato selvaggiamente a bastonate ed a lungo, reso scalzo, fatto rientrare dal lato del Rojava e colpito a pietrate.
Deve far riflettere tutte e tutti che per aggirare l’embargo messo in atto nella città di Kobane e non solo, ogni giorno i compagni e le compagne Curd* sono costretti a mettere in gioco i propri corpi rischiando tutto per consentire l’ingresso di aiuti e di giornalisti internazionali. Dal momento in cui abbiamo varcato giorni fa la frontiera di filo spinato sorvegliata dai carri armati per entrare a Kobane, ci siamo stupiti e commossi dell’ospitalità e della complicità che ci ha dimostrato il popolo curdo, a partire dai rischi che corrono le staffette che permettono il passaggio e l’entrata in città. La popolazione di Kobane è convinta che sia fondamentale che il mondo sappia che chi ha fermato l’isis con un’eroica resistenza costata morte e distruzione, oggi è oggetto di una campagna di disinformazione che giustifica un assurdo embargo e che impedisce la ricostruzione e la ripresa della vita. La Turchia nasconde dietro una maschera di falsa democrazia tragiche notizie che raccontano di morti, feriti, pestaggi e crudeltà da parte della polizia contro gli abitanti dei tre cantoni del Rojava. Consapevoli del fatto che siano in prima persona soprattutto i nostri compagni Curdi a rischiare quanto e più di noi nell’attraversamento illegale del confine, crediamo sia nostro dovere dare vita a tutti i tipi di mobilitazione nei nostri rispettivi paesi, per rompere l’embargo che accerchia il Rojava, che uccide arresta e tortura gli stessi protagonisti di quella resistenza contro l’ISIS utilizzata strumentalmente da media e governi occidentali salvo poi dimenticarsi di quello che accade in questo pezzo di Mondo.
Il ragazzo kurdo fortunatamente è stato infine rintracciato sanguinante in alcuni campi vicino alla frontiera e successivamente condotto in ospedale. I due componenti della carovana, dopo aver trascorso la notte in stato di fermo presso la gendarmeria di frontiera a Suruc, sono stati condotti nella città di Urfa dove si trovano ancora privati della loro libertà. Da subito i compagni dal lato Turco si sono attivati insieme agli avvocati del movimento riuscendo ad incontrarli all’interno di una struttura detentiva della polizia (non in un carcere vero e proprio) e constatando che stanno bene. Dalle informazioni in nostro possesso sappiamo che domani dovrebbero presentarsi davanti ad un tribunale e che saranno in stato di fermo per 48 ore. Dopodiche dovrebbero essere rilasciati dalle autorità Turche.
Chi crede di poter fermare la solidarietà tra popoli verso Kobane ed il Rojava, imponendo pratiche fasciste ed impedendo la liberà di movimento sbaglia di grosso. Non saranno i loro fucili a fermarci, né il loro filo spinato, continueremo a sostenere questo magnifico popolo consapevoli dell’urgenza di dover accogliere l’appello di mobilitazione lanciato dal Rojava contro l’embargo.Contro i confini che uccidono, la nostra arma oggi come ieri rimane la solidarietà e la fratellanza.
LIBERTA’ PER I COMPAGNI! IL ROJAVA VINCERA’!
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