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Egitto: ‘Khaled Said vive!’

Khaled Said è stato solo uno dei moltissimi egiziani deceduti per le torture delle forze di polizia, ma è divenuto uno dei simboli della rivolta che ha portato alla cacciata di Hosni Mubarak.
Molti sono coloro che, durante il regime di Hosni Mubarak, sono stati detenuti ingiustamente, sono stati torturati e sono morti nelle prigioni egiziane. Ma il ricordo di Khaled Said ha assunto un significato particolare: al posto di Khaled Said ci sarebbe potuto essere chiunque altro, ‘Khaled Said è ogni egiziano’.

Il ricordo di quel giovane, picchiato a morte all’uscita da un caffè – senza alcuna ragione se non quella derivante dalla brutalità della polizia – si è ben presto tramutato, durante la rivoluzione, in una richiesta di giustizia, di libertà, contro un regime dispotico e corrotto.
La pagina Facebook “We are all Khaled Said”, le sue gigantografie, gli stencil che su tutti i muri delle strade in rivolta raffigurano il suo volto sono stati – e lo sono ancora oggi – punto di riferimento per il popolo della rivoluzione.

La giornata di ieri – secondo anniversario della sua morte – ha dimostrato come il ricordo di Khaled Said sia ancora presente nel paese. In migliaia hanno partecipato alle manifestazioni in suo ricordo nelle strade del Cairo e ad Alessandria – la sua città natale – usando le stesse parole d’ordine e mostrando la stessa rabbia di allora.
Il volto di Khaled Said continua ad apparire sui muri egiziani, nei graffiti e nelle parole di ribellione che caratterizzano il paese.

Nell’Egitto ancora in rivolta Khaled Said non è solo uno dei tanti martiri per cui si continua a chiedere giustizia – giustizia peraltro ancora lontana – Khaled Said è un’idea, un principio, una lotta ancora dura a morire.

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