
Grecia, scontri a Syntagma contro i nuovi inchini di Tsipras all’Ue
Tsipras ha nuovamente giustificato la sua azione con la retorica del “fare sacrificio ora per risorgere più avanti”, ma intorno a sé ha ormai soltanto la profonda disillusione popolare dopo il tradimento dell’OXI dello scorso luglio e la svendita totale della propria mission alle esigenze delle burocrazie nord-europee.
Le nuove sforbiciate del governo di Syriza riguardano il sistema delle pensioni, la cui struttura secondo Tsipras non può prescindere da una nuova riforma, e diverse previsioni welfaristiche che verranno ridotte in termini monetari; senza queste previsioni, i creditori internazionali non avrebbero concesso alla Grecia la nuova tranche di aiuti utili alla riduzione del debito.
Intanto un rapporto della European School of Management and Technology, riportato dal quotidiano economico tedesco Handelsblatt e ripreso dal Fatto Quotidiano, ha fatto emergere come solo 9,7 miliardi dei 215 concessi sotto forma di aiuti ad Atene negli scorsi anni hanno trovato casa nelle casse statali, mentre “86,9 miliardi sono stati usati per restituire altri prestiti, 52,3 miliardi per pagare gli interessi del debito e intanto alle banche sono finiti 37,3 miliardi.”
Di fatto l’UE più che salvare la Grecia, ma questo era risaputo, ha salvato gli istituti di credito. Nelle prossime settimane intanto pare che nuovi aumenti di imposte per circa 1,8 verranno proposti dal governo, che agisce incurante delle tensioni sociali in corso nella società ed emerse ieri a piazza Syntagma con la polizia costretta all’uso di ingenti quantità di lacrimogeni contro circa 20000 manifestanti scesi in piazza a seguito di crica 48 ore di sciopero chiamato dalle forze sindacali.
L’UE dell’austerità scaricata sulla popolazione greca è la stessa UE che sta regolando in maniera sempre più vergognosa la questione migrante, con i parlamenti nazionali sempre più conquistati dalla destra xenofoba che sfrutta l’ormai anche poco velato razzismo istituzionale di Bruxelles per guadagnare nuovi spazi di consenso proponendosi come pura e originale portatrice della missione della difesa storica dei confini dall’”invasore migrante”.
Ne è un caso magistrale l’Austria, che ha visto ieri le dimissioni del cancelliere Faymann dovuta alla sconfitta del suo partito Spo al primo turno delle Presidenziali della settimana scorsa. Non sono servite infatti al Spo le nuove leggi restrittive in tema di asilo: in Austria il ballottaggio vedrà la presenza del Fpoe che fu di Haider e dei Verdi, in un voto che potrebbe per molti segnare l’affermazione del primo e portare così grosse conseguenze soprattutto con la chiusura della frontiera del Brennero che vorrebbe dire probabile forte aumento del numero di migranti costretti a rimanere in una Italia prigione a cielo aperto.
Una prigione con tante piccole prigioni al suo interno, ovvero quegli hotspot in costruzione dove è sempre più forte la presenza della polizia antiterrorismo europea, alla ricerca di potenziali terroristi e di nuove pillole di ansia collettiva da gettare in pasto all’opinione pubblica, sempre più distante dalle istituzioni di Bruxelles e Strasburgo al punto da far prefigurare, dopo il voto inglese della scorsa settimana, un esito favorevole alla Brexit al voto del 23 giugno prossimo che potrebbe avere fortissime conseguenze sulla tenuta del progetto comunitario.
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