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Il buon esempio dell’Equador

Una buona notizia dal paese sudamericano che con la nuova sentenza della Corte d’appello ecuadoriana obliga il gigante petrolifero al pagamento di 18 miliardi di dollari di indennizzo per danni ambientali. I querelanti hanno ribadito in un comunicato che la decisione del tribunale si basa su prove scentifiche presentate durante il processo, da cui risulta che per decenni rifiuti tossici furono riversati in fiumi. «La Corte si è basata su prove che dimostrano che Chevron ha violato i diritti delle comunità in cui ha lavorato»

La conferma è arrivata martedì quando i giudici hanno ribadito la sentenza emessa a febbraio 2011: Texacon, acquisita da Chevron nel 2001, è responsabile di danni ambientali dal 1972 al 1992. La nuova sentenza ordina a Chevron di “chiedere scuse pubbliche alle vittime”, pena il pagamento del doppio dell’importo fissato dalla Corte per i danni attribuiti all’allora Texaco (la fusione con Chevron Corporation avvenne nel 2001), che operò in Ecuador tra il 1964 e il 1990.

Ora per l’Ecuador il problema sarà riuscire ad incassare i soldi da Chevron. I querelanti avvieranno azioni legali in differenti Stati in cui opera la multinazionale, ormai assente dal territorio ecuadoriano. E si sa di quali poteri,ramificazioni e sovrapposizioni ai poteri politici godano le multinazionali del petrolio. Dopo il primo grado, la Chevron decise di fare ricorso, definendo la prima sentenza “illegittima e inapplicabile”; annunciò inoltre di volersi rivolgere ad organi giudiziari al di fuori dell’Ecuador, in particolare all’Aia.

Ma i giudici equadoregni non mollano: “Ci sono elementi legali, convenzioni internazionali e norme che permettono il giudizio in vari Paesi. Non c‘è nulla di nuovo nè straordinario e lo faremo. Non sconteremo a Chevron nemmeno un centesimo” ha detto Pablo Fajardo, che rappresenta 30.000 cittadini dell’Ecuador.

I colpiti dall’inquinamento avrebbero voluto rimborsi maggiori: Luis Yantza, coordinatore dell’Asamblea de Afectados por Texaco, che promuove il movimento di denuncia, si mostra insoddisfatto della sentenza, perché “ciò che la Corte ha deciso è di non accettare il nostro ricorso” per aumentare l’indennizzo, riferisce AFP. Tuttavia essa “apre il cammino verso la giustizia e il risanamento delle zone contaminate da Texaco”. Yantza non esclude l’ipotesi di una terza istanza “per punire più severamente Chevron”.

Entusiasta invece il presidente ecuadoriano Rafael Correache commenta: “Dal momento che la sentenza di seconda istanza è stata notificata, non posso non esprimere la mia soddisfazione. È stata fatta giustizia, è innegabile il danno arrecato da Chevron in Amazzonia”, ha detto ai media locali, aggiungendo che “la comunità amazzonica si è battuta per il rispetto dei propri diritti, ottenendo una storica vittoria nei tribunali”.

Cosa direbbero i governanti italiani in una situazione simile ?

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