Insediamento di Biden: manifestazioni e scontri in varie città degli USA
Mentre in una Washington militarizzata avveniva l’insediamento di Biden e gli incontri lanciati dall’estrema destra fallivano quasi ovunque centinaia di antifascist* ed antirazzist* si sono mobilitati in diverse città degli USA.
In diverse città degli States in concomitanza con l’insediamento del neopresidente hanno avuto luogo mobilitazioni “per chiedere lo smantellamento dell’ICE (agenzia federale di controllo dell’immigrazione ndr) e il rilascio di coloro che sono in detenzione, e dare voce a una chiara opposizione anticapitalista all’arrivo dell’amministrazione neoliberista di Biden che ha contribuito a dare vita all’incarcerazione di massa e alla globalizzazione delle multinazionali.”
I manifestanti scesi in piazza hanno ricordato il passato di Biden e le sue scelte politiche centriste e neoliberali in materia di guerra, immigrazione ed economia. Il tentativo è quello di non lasciare il campo dell’opposizione sociale alla presidenza democratica all’estrema destra, dando un segnale chiaro: “meet the new boss, same as the old boss.“
A Portland, dopo che centinaia di persone sono scese in strada, il DHS e le truppe federali hanno attaccato violentemente e gassato una folla riunita in protesta davanti a un edificio ICE. A Seattle i manifestanti hanno attaccato le vetrine delle grandi multinazionali ed hanno gridato a gran voce che “Biden non è la soluzione”. A Denver una contromanifestazione, organizzata contro un ritrovo di estrema destra nei pressi del Campidoglio (poi annullato), ha marciato per le strade della città con determinazione. Da Los Angeles a Pittsburgh, da Minneapolis a Philadelphia, hanno avuto luogo presidi, contromanifestazioni, striscionate e murales.
I manifestanti hanno contestato l’appello all’unità ed alla descalation lanciato più volte dalle compagini democratiche reputandolo come un tentantivo di riassorbire la polarizzazione e il conflitto di classe che attraversa il paese ormai da diversi anni. La presidenza Biden infatti sembra nascere sotto il segno di una “war on terror” questa volta anche interna che, a seguito dei fatti di Capitol Hill, viene propagandata come una lotta contro la violenza di estrema destra, ma che in realtà, come in parte dimostrano le piazze degli scorsi giorni, verrà ampiamente utilizzata contro BLM ed i movimenti anticapitalisti.
Come scrive It’s going down:
“Mentre la transizione da Trump a Biden cambierà sicuramente drasticamente il contesto delle lotte sociali, dei conflitti di classe e dei movimenti di massa negli Stati Uniti – le realtà fondamentali della disuguaglianza razziale e della ricchezza, la repressione statale, le ricadute ecologiche e il declino delle condizioni materiali non lo faranno molto presto, non importa chi è il presidente. Il compito dei movimenti autonomi anticapitalisti e anticoloniali quindi non è solo quello di adattarsi e crescere con il terreno in evoluzione, ma di continuare a organizzarsi e mobilitarsi nelle rispettive comunità; costruire basi di sostegno e comunità di resistenza di fronte al capitalismo neoliberista e al suprematismo bianco.”
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